Salute

Boom di ricoveri per problemi alimentari tra bambini, adolescenti maschi e persone con disturbi diversi da anoressia e bulimia

Un nuovo studio, condotto dai ricercatori dell’Hospital for Sick Children e dell’ICES, ha riscontrato un aumento di ricoveri dovuti a disturbi alimentari, distribuito in modo sproporzionato tra i soggetti di sesso maschile in età pediatrica, gli adolescenti e gli individui con diagnosi di disturbi alimentari non connessi a anoressia o bulimia.

L’ampio studio, pubblicato su JAMA Network Open, che ha coinvolto la popolazione canadese, nello specifico in Ontario, ha preso in oggetto un periodo di 17 anni, dal 2002 al 2019 e ha rilevato una crescita del 139% dei ricoveri per disturbi alimentari tra bambini e adolescenti, per un totale complessivo di 11.654. I ricercatori, inoltre, hanno registrato un incremento delle diagnosi di malattie mentali in associazione a ogni ricovero. In tutte le fasce d’età, gli scienziati hanno osservato i maggiori aumenti assoluti fra le donne e i soggetti in piena adolescenza. Tuttavia, altri gruppi di individui sono stati colpiti in modo sproporzionato.

“Il nostro studio ha rilevato che un numero crescente di pazienti pediatrici affetti da disturbi alimentari con caratteristiche tradizionalmente considerate atipiche sta diventando abbastanza grave da richiedere il ricovero in ospedale”, ha detto Sarah Smith, medico del Dipartimento di Psichiatria del SickKids e tirocinante del CIEM, che ha completato la ricerca come borsista al SickKids.

Secondo le stime, i gruppi più colpiti sono stati: gli individui di sesso maschile con un aumento del 416%, giovani e adolescenti, con un’età compresa tra i 12 e i 14 anni, per cui è stato registrato un aumento del 196% e soggetti con disturbi alimentari diversi da anoressia e bulimia nervosa, che hanno riportato un aumento del 255%. Secondo gli autori sono diverse le possibili cause alla base della crescita sproporzionata di questi tassi, tra cui un aumento generale della prevalenza dei disturbi alimentari, in particolare tra le popolazioni meno tipiche, un miglioramento dei test di screening e, quindi, delle diagnosi e una riduzione della stigmatizzazione delle patologie relative ai disturbi alimentari.

“Un limite dello studio – hanno ammesso gli autori – è stato che non sono stati raccolti dati provinciali relativi alle diagnosi di disturbi alimentari o sui servizi fruiti dai pazienti al di fuori delle strutture di cura, il che potrebbe comportare una notevole sottostima dei tassi”. “Gli operatori sanitari devono essere consapevoli della crescente molteplicità di bambini e adolescenti che necessitano di cure intensive in regime di ricovero a causa di disturbi alimentari, in modo da poter identificare e intervenire su questi pazienti in una fase più precoce della malattia”, ha dichiarato Smith. “Occorre, inoltre, valutare l’efficacia dei trattamenti e dei programmi esistenti per i pazienti pediatrici affetti da disturbi alimentari con queste caratteristiche”, ha concluso Smith.

di Lucrezia Parpaglioni