La situazione si è fatta disperata nel giro di appena qualche settimana. Con i colori che hanno iniziato a gocciolare via fino a trasformare i sogni europei in tetri incubi. Perché la stagione 1997/1998 del Napoli assomiglia molto a una favola al contrario, a una storia dove il cacciatore inerme e disarmato viene finalmente divorato dal lupo. Eppure il finale poco lieto non era del tutto inaspettato. Perché dopo aver perso la finale di Coppa Italia contro il Vicenza nella notte del 29 maggio 1997, il Napoli non ha avuto un calo, si è letteralmente sbriciolato. Le casse sono vuote. Servono novanta miliardi di lire per ripianare i conti. Così la società è costretta a vendere i pezzi migliori. O ciò che ne resta. Via Caccia. Via Boghossian. Via Colonnese. Via André Cruz. Via Pecchia. Via Milanese. Il mercato in entrata è uno sforzo di fantasia fra prestiti, occasioni e giocatori sul viale del tramonto o in cerca di riscatto.

Dall’Udinese arriva Fabio Rossitto, uno che era stato convocato da Sacchi per gli Europei del 1996. Qualche tempo più tardi dallo Sturm Graz arriva Giuseppe Giannini detto Beppe, 32 anni, un passato da leggenda della Roma e un presente molto simile a un punto interrogativo. Ferlaino decide però di intervenire in prima persona. Così dal Montpellier pesca William Prunier, due presenze nel Manchester United. Si dice che a volerlo in Inghilterra sia stato il suo grande amico Eric Cantona. Troppo poco per impressionare Ferguson. Lo scozzese spedisce in campo Prunier in una sfida contro il Tottenham. La prestazione del centrale è talmente disastrosa che Sir Alex lo chiuderà naftalina in attesa di acquirenti. Quella di Ferlaino non è esattamente una grande idea. Prunier gioca tre partite, giusto il tempo di far segnare una tripletta a Balbo e di essere definito dai giornali: “Uno forte e statico come una quercia”.

Il reparto dove si investe di più è l’attacco. Arriva Protti, dopo il flop alla Lazio. Arriva Bellucci, dopo 20 reti in Serie B col Venezia. Ma, soprattutto, arriva Calderon, centravanti accolto come il nuovo Batistuta e andato via come brutta copia di Bartelt. Più che una falange oplitica sembra un’armata Brancaleone. Dopo cinque giornate Bortolo Mutti è già esonerato. La dirigenza è scioccata dai risultati. Troppo pochi quei quattro punti raggranellati nelle prime 5 partite. Troppo umiliante il 6-2 subito all’Olimpico per poter continuare insieme. Il Rinascimento azzurro viene affidato a Carletto Mazzone. I modi sono diversi. I risultati non tanto. Quattro partite in campionato, zero punti, un 5-1 incassato a Bologna. Poi è addio. Ferlaino contatta Salvatore Bagni. Sarà lui il nuovo responsabile tecnico della squadra. E sarà lui a puntare su un nuovo allenatore. Il dirigente ha le idee chiare. “Ho scelto Galeone perché mi piace la sua mentalità – dice – È un ottimista come me. Mi piace la sua impostazione tattica. Ho pensato subito a lui, quando l’ingegnere mi ha chiamato domenica notte per offrirmi questo ruolo”. È una scelta personale. Ma soprattutto tattica.

Il Napoli ripartirà dalla zona pura. È una piccola rivoluzione che necessita di tempo. Così per facilitare il passaggio di consegne Bagni si impegna ad acquistare anche uno dei pupilli di Galeone. Si chiama Massimiliano Allegri ed è finito a giocare in Serie B, al Padova. Tecnico e centrocampista hanno lavorato con reciproca soddisfazione ai tempi del Pescara. E avevano instaurato un rapporto speciale. “Non lo capivano – dirà anni dopo Galeone – Non giocava molto al Pavia in C1, non lo facevano giocare Tabarez e Trapattoni al Cagliari, giocava poco al Padova in B. Giocava solo con me. Era avanti, era una mezzala che si inseriva, un giocatore di qualità”. La trattativa con il Padova dura qualche giorno. E si conclude con il pagamento di un miliardo di lire. Dopo il sospiro di sollievo arriva comunque un intoppo. Allegri è squalificato per due giornate per via di un’espulsione per proteste. “Non vedo l’ora di rendermi utile al Napoli – dice il centrocampista – Trovo una squadra discreta e tanti ragazzi che conosco. Non mi sento un raccomandato”. Galeone pensa che la tecnica di Allegri possa aiutare Bellucci e Protti. Ma intanto che aspetta le sue giocate il Napoli strappa un pareggio in casa contro la Fiorentina grazie a un gol di Turrini. È un’illusione camuffata da speranza.

“Possiamo fare 9 vittorie e 9 pareggi, non è impossibile” dice il tecnico. Il giorno della presentazione di Allegri scoppia un piccolo caso. Giannini dice di voler essere ceduto. Sa che con Galeone avrebbe giocato poco o niente. “Non è certo adatto al mio gioco. Come centrale, lo vedo piuttosto in una squadra brasiliana” dice l’allenatore. Il Napoli è così disastrato che perde anche contro il Benevento. È l’esordio di Allegri. E non va poi neanche troppo bene. “Ha disimparato. Il ragazzo ha perso l’abitudine a certi movimenti – tuona Galeone – Ma conto di recuperarlo a breve. Per il mio gioco è molto importante”. L’esordio di Max con il Napoli arriva il 21 dicembre 1997. Si gioca a Marassi, contro la Sampdoria. Bellucci, uno dei pochi a salvarsi in quella stagione, rompe l’equilibrio. Ma la rete azzurra ricorda molto il gol a freddo segnato dalla Longobarda di Canà contro la Roma. Finisce 6-3 per la Samp. “Bravo Allegri, ma in sofferenza soprattutto di fronte allo strapotere fisico di Boghossian” scrive la Gazzetta, che poi dà al centrocampista un 6 in pagella per “una certa eleganza”.

L’avventura del centrocampista si consuma in appena un mese. Contro il Milan Allegri viene sostituito al 67’. Il Diavolo vincerà 1-2, ma qualcuno inizierà a chiedere che Longo venga schierato titolare al posto di Max, troppo lento. “Se mi dicono questo non ci capisco più nulla – risponde Galeone – Longo è uguale ad Allegri con sei anni di meno, con tanto gigionismo in più, con meno “volo”, con minori caratteristiche difensive. È vero piuttosto, che un Allegri così è improponibile. Non sta bene e non ha giocato bene. Se dicessi il contrario, mi darebbero del suonato di testa. Allegri non è questo”. Contro l’Udinese Max gioca meglio, riuscendo a strappare il 6.5. Ma la squadra non va oltre l’1-1. Il Napoli di Galeone si spegne. Da lì in poi non segna più. E perde male: 0-3 contro il Brescia, 2-0 contro il Bari. Poi pareggia a reti bianche contro la Lazio. Galeone continua a difendere Allegri: “È un giocatore di qualità – dice – Ma se la squadra non fa certi movimenti, è costretto a ritardare la giocata. E questo condiziona tutto il resto”. L’8 febbraio 1998 il Napoli gioca contro l’Empoli di Luciano Spalletti. Nella gara di andata avevano vinto i partenopei. Sembra passata un’era. Ed è così. I toscani vincono 5-0. La Gazzetta ci va già pesante con Allegri. Il centrocampista prende 4 in pagella e vien definito un “fantasma”. Il commento è laconico: “Cento partite in Serie A. Se avesse giocato spesso come oggi ne avrebbe disputate a malapena la metà”. Galeone viene silurato. Al suo posto viene chiamato Montefusco. Allegri non giocherà più neanche un minuto. E quelle sette partite saranno il suo ultimo ballo in Serie A.

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