L’ anidride carbonica nell’atmosfera è al livello più alto da diversi milioni di anni, grazie all’intenso utilizzo di combustibili fossili da parte dell’uomo negli ultimi due secoli. Ma dove si collocano 419 parti per milione (ppm), l’attuale concentrazione di gas serra nell’atmosfera, nella storia della Terra? Questa è una domanda che una comunità internazionale di scienziati, con il contributo chiave dei geologi dell’Università dello Utah, sta risolvendo esaminando una pletora di marcatori nella documentazione geologica che offrono indizi sul contenuto delle antiche atmosfere. Il loro studio iniziale è stato pubblicato questa settimana sulla rivista Science , ricostruendo le concentrazioni di Co2 risalenti al Cenozoico , l’era iniziata con la scomparsa dei dinosauri e l’ascesa dei mammiferi 66 milioni di anni fa.
I livelli delle emissioni globali di carbonio, dovute alla combustione fossile, hanno raggiunto il loro record nel 2023, con un’impennata senza precedenti. A rivelarlo è un nuovo studio condotto dal gruppo scientifico del Global Carbon Project pubblicato su Science. Secondo il Budget Globale del Carbonio annuale, le emissioni di anidride carbonica da combustibili fossili raggiungeranno i 36,8 miliardi di tonnellate entro fine anno, con un incremento dell’ 1,1% rispetto al 2022. Nonostante gli sforzi di alcune regioni, come l’Europa e gli Stati Uniti, per ridurre le emissioni, il quadro globale è preoccupante. Gli scienziati avvertono che le azioni a livello mondiale per limitare l’uso dei combustibili fossili non stanno avvenendo abbastanza velocemente per scongiurare cambiamenti climatici pericolosi.
Secondo le stime, le emissioni legate ai cambiamenti nell’uso del suolo, come la deforestazione, dovrebbero diminuire leggermente, ma rimangono ancora troppo elevate per essere bilanciate dagli obiettivi di riforestazione. Lo studio stima che le emissioni totali di Co2 a livello globale, che comprendono i combustibili fossili e i cambiamenti nel suolo, saranno di 40,9 miliardi di tonnellate nel 2023, in linea con i livelli del 2022. Questo rientra in un “plateau” decennale, molto lontano dalla drastica ma necessaria diminuzione del carbonio, nel rispetto degli obiettivi climatici globali.
La squadra di ricerca, che ha incluso oltre 120 scienziati provenienti da istituzioni di tutto il mondo, ha posto l’accento sul ruolo del riscaldamento globale, invitando ad osservare particolare attenzione al fatto che, se le attuali tendenze delle emissioni resteranno tali, si potrebbe superare il limite critico di 1,5°C nei prossimi sette anni. “Nonostante i segni evidenti dei cambiamenti climatici, le azioni per ridurre le emissioni di carbonio sono ancora troppo lente”, ha ammonito Pierre Friedlingstein, dell’Istituto Globale dei Sistemi dell’Università di Exeter. Il rapporto, inoltre, evidenzia le differenze regionali, con aumenti previsti in India e in Cina, mentre l’Europa e gli Stati Uniti stanno registrando diminuzioni. Il livello atmosferico medio di Co2, atteso nel 2023, è pari a 419,3 parti per milione, il 51% in più rispetto ai livelli preindustriali. In conclusione, lo studio sottolinea l’urgente necessità di azioni più decise a livello globale che riducano le emissioni di carbonio, al fine di evitare i gravi impatti dei cambiamenti climatici.
di Lucrezia Parpaglioni