Un ecosistema è l’insieme degli esseri viventi e non viventi che popolano un territorio, ed è caratterizzato da un equilibrio dinamico permanente. L’ecosistema bosco costituisce un importantissimo elemento di regolazione delle condizioni di vita sulla Terra comportandosi come un’immensa pompa naturale alimentata dall’energia del sole, che aiuta a filtrare e rinnovare l’aria e rende possibile il ciclo dell’acqua.
Nel momento in cui si interviene alterandone l’equilibrio, le conseguenze possono essere diverse: si può ristabilire un nuovo equilibrio, oppure si può esercitare un danno di proporzioni che possono risultare modeste o di estrema gravità.
I servizi ecosistemici costituiscono i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano. I boschi producono legname, ci riforniscono di acqua potabile pulita, regolano il clima locale, contribuiscono alla conservazione della biodiversità e degli spazi vitali per animali e piante, proteggono dai pericoli naturali e preservano il suolo dall’erosione degli agenti atmosferici, ci offrono molti rimedi medicinali ricavati dalle piante, svolgono una funzione turistico-ricreativa. Assorbendo molto carbonio, rappresentano il maggiore serbatoio terrestre di CO2 che viene catturata con rilascio di ossigeno attraverso il processo di fotosintesi.
Tutti questi servizi ecosistemici, in primo luogo la conservazione della biodiversità, sono assai più importanti della semplice produzione legnosa; purtroppo non sono facilmente monetizzabili, per cui nei normali conteggi riguardanti i prodotti economici del bosco non vengono considerati a dovere.
Ai legislatori, ai politici e agli amministratori questo punto di vista sembra sfuggire; forse perché i tempi dell’uomo e quelli del bosco sono molto diversi, la nostra società si basa sul mito della velocità e della giovinezza mentre la vita delle foreste ha come unità di misura la lentezza e l’invecchiamento. L’uomo ha bisogno del bosco per trarne ciò che serve per vivere, ma non si ferma dopo aver prelevato il necessario; la tecnologia e gli interessi economici possono alterare l’equilibrio di un ecosistema anche fino alla sua scomparsa.
Dal 1985 con la Legge Galasso tutti i boschi italiani sono stati sottoposti a vincolo paesaggistico, con esclusione delle cosiddette “attività selvicolturali”; il Codice dei beni culturali e del paesaggio (“Codice Urbani”) nel 2004 ha introdotto un ulteriore vincolo anche per le attività selvicolturali nelle aree dichiarate di “notevole interesse pubblico”. Questo doppio vincolo, da tempo messo in discussione dagli addetti ai lavori per le complicazioni burocratiche e le limitazioni al prelievo del legname, è stato recentemente abrogato con una motivazione messa nero su bianco: “Al fine di incentivare e sviluppare le potenzialità della filiera nazionale foresta-legno e di favorire il riposizionamento strategico delle aziende italiane rispetto alla concorrenza dei mercati esteri”.
Grazie ai generosi incentivi tuttora in vigore l’Italia è il maggiore consumatore di pellet in Europa, ne bruciamo 3-4 milioni di tonnellate all’anno e il 90% viene importato; di qui la decisione di tutelare il made in Italy. Circa l’85% del legname italiano viene attualmente destinato alla combustione e non certo per la produzione di mobili: abbiamo sempre più bisogno di energia a portata di mano. Si potrebbe fare un parallelo con le escavazioni del marmo sulle Alpi Apuane: oggi non si punta più a ricavarne blocchi, ma polvere e detrito per l’industria. Non per nulla si parla di “estrazione” del legno dai boschi e di “coltivazione” delle cave, un vero gioco linguistico.
In entrambi i casi si tratta di ecosistemi in grande difficoltà per il loro sfruttamento intensivo, stiamo deteriorando e perdendo i loro servizi ecosistemici. Se un bosco considerato in salute deve disporre di una biomassa (“provvigione forestale”) dell’ordine dei 300 mc/ettaro, la superficie forestale italiana – che pure ricopre un terzo del territorio nazionale – ha una media di 164,5 mc/ettaro. Siamo ricchi di boschi poveri. Non potremo mai riavere la biodiversità che perdiamo ogni volta che un bosco viene tagliato, ringiovanito o semplificato; possiamo impiantare artificialmente un bosco e ottenere una buona copertura arborea, ma non ricreare l’equilibrio e le intricate relazioni tra esseri viventi che caratterizzano un bosco naturale, né possiamo imitarne quella complessa coesistenza di specie che costituisce appunto la sua biodiversità. Che ci verrà a mancare.