Condannato, non condannato, forse un giorno prescritto. Ma sicuramente non ancora assolto. Finito sulla graticola per due sentenze (un anno di reclusione) legate alle firme false a sostegno della lista di Forza Nuova raccolte nel 2015 da Luca Castellini (coinvolto nel 2021 nell’assalto alla Cgil di Roma), un anno fa Daniele Polato, il consigliere regionale di Fratelli d’Italia più votato in Veneto nel 2020, aveva annunciato enfaticamente: “Finalmente giustizia è stata fatta. La Cassazione ha scritto definitivamente la parola fine su questa lunghissima vicenda giudiziaria”. Aveva spacciato per assoluzione quello che in realtà era soltanto un annullamento con rinvio alla corte d’Appello di Venezia, per un nuovo processo. La vicenda torna a galla adesso che Polato, dopo aver perso un posto da assessore in Regione Veneto proprio in quanto condannato in attesa di sentenza definitiva, è stato eletto all’unanimità presidente del gruppo regionale di FdI. “Ringrazio Giorgia Meloni, il coordinatore Luca De Carlo, i colleghi, per l’onore di rappresentare in Veneto il più grande partito d’Italia”, è stato il suo esordio.

Così Polato viene proiettato in un incarico di grande evidenza, nonostante la vicenda delle firme sia molto meno cristallina e più paradossale di quanto egli abbia voluto far credere. Infatti, la sua condanna è stata cassata, mentre è stata confermata – per gli stessi fatti – nei confronti di Castellini, storico leader degli ultrà del Verona Hellas in una delle curve più a destra d’Italia, per il quale il pm di Roma ha recentemente chiesto una condanna a 9 anni per l’assalto alla Cgil. Polato, quale consigliere comunale scaligero, è accusato “di aver sottoscritto per autentica” i moduli per la presentazione della lista di Forza Nuova alle elezioni regionali del 2015, “attestando falsamente di avere accertato personalmente la identità dei sottoscrittori e di avere presenziato alla apposizione delle firme da parte degli stessi”. Una violazione della legge elettorale.

Castellini scelse il rito abbreviato ed è stato condannato in via definitiva il 10 novembre 2022 per aver indotto Polato a firmare l’autentica delle firme false. Per Polato, invece, si è verificato il colpo di scena in Cassazione il 22 settembre 2022. L’inchiesta era nata da un’addetta dell’ufficio elettorale che aveva trovato la propria firma sui moduli, senza mai averla apposta. Un agente di Polizia giudiziaria aveva svolto le indagini, individuando 46 persone dell’elenco (su un totale di 59) che dicevano di non riconoscere la sottoscrizione. Il rapporto era bastato al Tribunale di Verona e alla corte d’Appello di Venezia per stabilire che le firme fossero false. In udienza era stata convocata solo l’impiegata comunale, che aveva confermato il mancato riconoscimento, ma il pubblico ministero non le aveva mostrato la firma sospetta e così non si era formata la prova del falso in dibattimento.

La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’avvocato Davide Adami di Verona, ha fatto propria la tesi secondo cui la testimonianza indiretta dell’agente di polizia giudiziaria non aveva valore di prova, perché non poteva surrogare il riconoscimento o meno della firma che solo gli interessati avrebbero potuto fornire ai giudici. Morale, avevano detto che le firme non erano le loro, ma non bastava che l’agente lo avesse riferito per provarne la falsità.

La condanna di Polato non è stata confermata per quello che appare un cavillo giuridico, un formalismo non applicato invece a Castellini per le stesse firme, visto che fu processato senza il contraddittorio pubblico. Rimane però il fatto che 46 persone non hanno riconosciuto le firme e che andrà fatto un nuovo processo per Polato. Con la condanna, in base alla legge Severino, rischiava di decadere da consigliere regionale e di veder troncata la propria carriera politica. Con il ritorno a Venezia, dovrebbe scattare la prescrizione del reato e così la poltrona è salva. “Non è un formalismo, perché mette al riparo da errori di giudizio dovuti alla mancata formazione di una prova nel processo”, commenta l’avvocato Adami. “E questa, nei procedimenti penali, è una questione sostanziale”.

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