L’affetto degli italiani (anzi forse è proprio amore) nei confronti di Paolo Rossi è possibile vederlo sui muri dell’intero Paese, dal Veneto alla Sicilia. A tre anni dalla scomparsa del calciatore che fece sognare l’Italia prima ai mondiali del 1978 e poi vincere quelli del 1982, sono molti i murales censiti in giro per le varie regioni. In Argentina, dove la street art sportiva è più radicata nel tempo, non esiste oggi provincia dove non ci sia un murale su Maradona (e ormai Messi gli è a ruota). Diego, la cui scomparsa nel 2020 è avvenuta qualche giorno prima rispetto a quella di Pablito, è molto rappresentato in Italia ma difficilmente esce dai confini campani. Rossi, che ha vestito le maglie di Como, Vicenza, Perugia, Juventus, Milan e Verona, è un patrimonio condiviso per non essersi mai identificato troppo con un club e per aver dato il massimo con la maglia azzurra nella competizione principale per Nazionali (è stato convocato da Bearzot anche nel 1986 in Messico, ma li andò male).

A Vicenza – città, periferia e nei comuni limitrofi – si possono trovare decine di stencil (una maschera normografica che permette di riprodurre le stesse forme, simboli o lettere in serie) con il suo volto. La città veneta è dove Paolo nella seconda metà degli anni Settanta si è imposto come calciatore di Serie A, conquistando la Nazionale e diventando per tutti Pablito. Dopo aver smesso di giocare Rossi continuerà a tenere qui la residenza per molti anni. Vicenza è l’epicentro di questo amore a base di street art. Al Menti c’è un lavoro bellissimo dell’artista Osvaldo Casanova, una stampa su alluminio su un muro dello stadio. Al City Hotel Cristina in Corso SS. Felice e Fortunato c’è la riproduzione di un Rossi in bicicletta ai tempi del Lanerossi. I volontari della onlus Energia e Sorrisi hanno abbellito la loro sede di Altavilla Vicentina con un murale raffigurante Paolo Rossi in maglia biancorossa. Il presidente Giampietro Dal Ben sostiene che l’opera, alta 6 metri per 4,5 di larghezza, è al momento la più grande rappresentazione mai dipinta del calciatore, qui con la maglia biancorossa. Allo Stadio comunale “Paolo Rossi” ad Altavilla Vicentina di murales ce ne sono altri due, uno in maglia del Vicenza e uno con quella azzurra. Kobra, famoso artista brasiliano, nel 2024 potrebbe battere il record per quanto riguarda le dimensioni. Vicenza o nei pressi di Torino? Questo non è ancora deciso, ma il progetto esiste.

Paolo Rossi e mondiali del 1982: è il murale realizzato a Bucine, in provincia di Arezzo, dall’artista Chekos’Art. Rimanendo in Toscana, dove Pablito è nato, c’è un murale a Serravalle, realizzato a quarant’anni dal Mondiale di Spagna. L’opera dell’artista pistoiese Vegan si trova nell’area verde “Il gatto e la volpe”. “Pablito è il re dei mondiali! Il capolavoro realizzato da Rossi: 6 gol!”, è scritto accanto al disegno, citando il titolo di un quotidiano dell’epoca. Anche in una gelateria di Prato si trova un’opera dedicata all’ex centravanti dell’Italia. A Lajatico (Pisa) il padovano Diego Testolin ha creato una saracinesca d’artista con il volto del nostro Pallone d’oro. Murale collettivo all’ippodromo di Milano, realizzato nel 2015: ci sono tutti gli eroi del 1982. A Cerva (Catanzaro) sette murales per altrettanti personaggi dipinti da Leonardo Cannistrà, artista di Fossato Serralta. Paolino ovviamente c’è. Così come è presente nel muro di recinzione del campo sportivo di Burgio, Agrigento. E a Foggia, duecento metri quadri di un edificio popolare nel pieno centro, vicino via Da Zara.

Esempi se ne trovano anche all’estero. Leonardo Chiavaroli, abruzzese e tifoso della Sampdoria si è trasferito a Valencia dove ha aperto con la moglie una pizzeria in Calle Bajas 20, ecco quel numero civico ha ora il font della maglia azzurra del Mundial. Inoltre ha fatto fare all’artista locale Lanena due murales, uno dedicato a Pablito e uno a Vialli. La pizzeria è nella via dei murales in una delle capitali europee della street art. Qualcuno giura di averne visto uno in Francia. Per sua stessa definizione di arte pubblica il censimento è parziale, visto che in questo momento qualche giovane artista o qualche ragazzo con la velleità di diventarlo potrebbe essere al lavoro in maniera spontanea per un nuova opera d’arte. La street art italiana ha esordito in un decennio politico come quello dei Settanta. Poi a partire dall’inizio degli anni Novanta il fenomeno si è espanso. Lo sport come tema è arrivato solo da pochi anni. Paolo Rossi è unicum. Un eroe calcistico morto giovane e amato in tutta Italia. “Un certo ritardo a livello sportivo c’è stato, penso dovuto al fatto che la Street Art delle origini era strettamente legata alla dimensione della politica e lo sport era percepito in una dimensione ‘altra’. Ma il divario si sta colmando – racconta a ilfattoquotidiano.it il professor Edoardo Di Mauro – Circa un anno fa la Turin Marathon ha commissionato all’Accademia Albertina, di cui sono stato direttore ed ora vicedirettore con delega ai progetti di arte pubblica, una grande opera murale presso la sede della Cascina Marchesa nel Parco della Pellerina. Pochi mesi fa la Reale Mutua, sponsor della squadra di basket di Torino, di cui sono storico tifoso, ha fatto realizzare un’opera di forte impatto sulla propria sede. Molte le opere realizzate dalle curve calcistiche. Conosco bene quelle della squadra di cui sono tifoso, il Bologna, di notevole impatto, così come quelle della squadra rivale del Modena. Il collettivo leccese Chekos Art ha realizzato numerose opere di grandi dimensioni legate alla squadra di quella città, ultimamente tornata in auge. Citerei anche i playground artistici come quello realizzato dall’artista Davide Barco in viale Lazio, e fuori dall’Italia i molti nella città di New York”.

Di Mauro non è stupito più di tanto di cosa sta succedendo con Pablito. “Paolo Rossi è un simbolo dell’Italia sportiva che unisce e non divide, contrariamente al pur grande Maradona, che è personalità controversa e patrimonio esclusivo di Napoli, cui ha legato in maniera indissolubile la propria immagine, che è assurta al livello del mito. Paolo Rossi è l’emblema dell’ultimo trionfo della Nazionale, quello del mondiale del 1982 in Spagna, vissuto come momento collettivo di esaltazione popolare, prima che il mercantilismo calcistico facesse perdere agli azzurri parte dell’aura di cui erano dotati. La morte precoce di Paolo Rossi ha certamente e giustamente amplificato la volontà di celebrarlo”.

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