Napoli, 26 mar. (Adnkronos Salute) - I linfomi, tumori del sangue che colpiscono il sistema linfatico, rappresentano una sfida medica complessa e in continua evoluzione. Ogni anno, migliaia di persone ricevono questa diagnosi, con forme che variano da meno aggressive a particolarmente rapide e difficili da trattare. "I linfomi sono, per definizione, tumori del sistema immunitario e hanno un’incidenza pari a quella del carcinoma della vescica. Oggi rappresentano la neoplasia a cellule B più frequente e, in particolare, i linfomi aggressivi costituiscono circa il 30% dei nuovi casi di linfoma non-Hodgkin. Questi ultimi sono al centro di un’importante evoluzione terapeutica". Lo ha detto Antonio Pinto, direttore del Dipartimento di Ematologia e terapie innovative dell’Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli, a margine della presentazione del progetto 'A Cura dell’Arte', un’iniziativa artistica realizzata dai docenti e dagli studenti della Scuola di Decorazione dell’Accademia di Belle Arti di Napoli per il reparto di Ematologia Oncologica del Pascale, con il sostegno della Regione Campania e dell’associazione Beatleukemia.org.
La ricerca scientifica ha fatto passi da gigante, sviluppando terapie mirate e personalizzate che migliorano sensibilmente la prognosi dei pazienti. "Per i linfomi non-Hodgkin di tipo aggressivo, una categoria molto eterogenea, è fondamentale ridurre al minimo il tempo tra la diagnosi istologica e l’inizio delle terapie. Nonostante la loro aggressività - spiega Pinto - oggi la possibilità di guarigione è molto elevata. In passato riuscivamo a guarire circa il 55% dei pazienti con le terapie tradizionali. Oggi, grazie a un nuovo farmaco introdotto in Italia, il polatuzumab, siamo in grado di portare il tasso di guarigione al 65-70%, un progresso significativo nella gestione della malattia".
Le nuove frontiere della medicina puntano a ottimizzare l’efficacia dei trattamenti fin dalla prima linea terapeutica, aprendo prospettive sempre più promettenti anche nelle fasi successive della malattia. "Oggi lo scenario è completamente cambiato: mentre in passato, in caso di fallimento della prima linea di terapia, si ricorreva principalmente al trapianto autologo di cellule staminali, che resta un’opzione valida, ora - sostiene l'esperto - disponiamo di farmaci innovativi che stanno rivoluzionando il trattamento. Gli anticorpi bispecifici, per esempio, indirizzano i linfociti del paziente contro il linfoma, con risultati straordinari. Sono in corso studi che potrebbero portarli a diventare il trattamento di prima linea, con l’obiettivo di aumentare il numero di pazienti guariti già al primo approccio terapeutico".
Ma la lotta ai linfomi non si esaurisce con la terapia farmacologica. Il Pascale si distingue per una visione olistica della cura, che pone grande attenzione anche al benessere psicologico dei pazienti. Tra le iniziative più significative in questa direzione c’è 'A Cura dell’Arte', progetto che integra l’arte nel percorso terapeutico, trasformando gli spazi ospedalieri in luoghi di espressione creativa e sollievo emotivo. "La metafora del viaggio è molto calzante: le nostre stanze di degenza sono come vagoni di un treno, dove chi entra spera di scendere alla prossima stazione in remissione, se non guarito. Insieme al professor Gaeta, abbiamo deciso di trasformare questi 'vagoni', rendendoli spazi più accoglienti e ricchi di significato. È stato un lavoro complesso, che ha coinvolto pazienti, studenti, docenti e psicologi per dare vita a immagini – per lo più astratte – che ora decorano tutte le stanze del reparto, compresi i soffitti". Un dettaglio non trascurabile, perché "una persona sana difficilmente pensa a quanto sia importante il soffitto di una stanza d’ospedale per chi è costretto a letto. Ora ogni stanza ha un soffitto diverso, che stimola l’immaginazione e accompagna il paziente fino alla dimissione" conclude.