Fino a pochissime ore fa il destino della Cop28 era più che mai confuso. Tutte le opzioni erano possibili, anche le peggiori, quella di una vaga riduzione dei combustibili fossili, senza alcuna eliminazione e in un lasso di tempo enorme. E invece alla fine il presidente più contestato delle Cop, l’emiro Al-Jaber, ha portato a casa un risultato importantissimo, per molti aspetti storico: l’uscita (denominata non “phase out” ma “transition away”) dai combustibili fossili ed emissioni zero al 2050, secondo quando detto dalla scienza.

Perché questa decisione è importantissima? Si tratta di uno spartiacque simbolico e insieme sostanziale. Per la prima volta, infatti, viene sancita da una Cop la sconfitta dei fossili. Si riconosce cioè che il mondo deve farne a meno. È come se si fosse voltata pagina. Quelle precedenti sono pagine fossili. Da qui in poi, rinnovabili. Ma è una svolta anche sostanziale. Perché, appunto, sebbene non sarà un documento finale di una Cop a salvare il mondo – anzi, come ha detto il climatologo Stefano Caserini su questo sito ieri, bisogna uscire dalla narrazione per cui le Cop salvano o non salvano il mondo – tuttavia che sia stato messo nero su bianco che il mondo intero (perché di questo stiamo parlando, di tutti i paesi del mondo) ha deciso di uscire dalle fonti fossili è qualcosa che cambierà tantissimo il nostro modo di approcciarci ai sistemi energetici. D’ora in poi, chi continua a difendere il fossile sarà, come dire, fuori dalla storia. Perché il futuro va scritto in modo diverso.

Come dicevo, non è una Cop che salva il mondo. Eppure di un accordo importante sui fossili il mondo aveva un drammatico bisogno, stremato com’è dalla crisi climatica, dalle guerre, dalle migrazioni causate da clima e conflitti. Ne avevano bisogno i paesi poveri, che hanno fatto sentire la propria voce in questa Cop con forza inaudita; ne avevano bisogno i paesi insulari, terrorizzati da una probabile scomparsa. Ne avevano bisogno le migliaia di scienziati che da anni si battono, ormai scendendo in piazza, per dire che occorre dire basta al petrolio e al gas; ne avevano bisogno gli ambientalisti e tutti gli attivisti del pianeta.

Certo, questa Cop sembra puntare molto anche su nucleare e CCS, ovvero la tecnologia di stoccaggio del carbonio, ma entrambi restano comunque marginali, anche per i loro enormi costi che non li rendono competitivi. Mentre si porta a casa l’impegno a triplicare la capacità di energia rinnovabile al 2030. Certo, sono ancora troppo morbidi i capitoli sui sussidi ai combustibili fossili “da eliminare gradualmente” e anche sul carbone non abbattuto. Ma, ripeto, l’accordo raggiunto ha sicuramente una valenza quasi epocale.

Quanto al tema della finanza climatica, si riconosce che il fabbisogno finanziario per i paesi in via di sviluppo è di 215-367 miliardi all’anno fino al 2030 e che è necessario investire circa 4,3mila miliardi di dollari all’anno in energia pulita fino al 2030 (aumentando a 5mila fino al 2050). Soprattutto, il testo rileva che l’aumento di nuovi finanziamenti che non ricadono sul debito – un aspetto cruciale – rimangono fondamentali per sostenere i paesi in via di sviluppo.

Questa Cop, infine, è anche la Cop in cui, nel Global Stocktake, si è misurata la distanza tra gli obiettivi fissati da Parigi e le azioni dei singoli paesi, ancora largamente insufficienti. I paesi hanno preso atto dei propri fallimenti e la Cop ha dato una spinta decisiva perché si alzi l’ambizione dei nuovi obiettivi (Ndc). In tutto ciò, l’Italia ha fatto una figura infima, mandando un ministro, Pichetto Fratin, incapace di parlare inglese e non competente della materia – si è vista la distanza siderale che lo separa dalla ministra per la transizione energetica spagnola – e che soprattutto è andato via incredibilmente poche ore prima dell’accordo. D’altronde l’Italia conta zero nello scenario dei negoziati climatici anche perché, per fortuna, siamo costretti a negoziare insieme all’Europa (anche se stiamo facendo tutto il possibile per bloccare misure ambientalmente favorevoli, anche in Europa).

Nonostante l’accordo della Cop28, la crisi climatica ovviamente non si arresta e anzi mostra sempre più i suoi effetti tragici. D’altronde le emissioni continuano a crescere. La lotta per la mitigazione e l’adattamento è solo all’inizio, e l’esito finale è davvero tutto da scrivere. Però oggi possiamo dirci un po’ meno angosciati. Perché tutto il mondo ha sottoscritto un testo che prevede l’uscita dal fossile (mentre noi a stento riusciamo ad accordarci in una riunione di condominio!). Qualcosa di estremamente complesso, quasi impensabile. Oggi è una giornata importante per il clima. E di questo tutti devono prendere atto.

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Cop28, il realismo dell’Onu: “Uscita dai fossili? Speriamo non sia troppo tardi”. L’Italia esulta per il nucleare? Gli esperti: “Il testo dice altro”

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