“A coloro che si sono opposti a un chiaro riferimento al phase out dai combustibili fossili durante la Conferenza sul clima Cop28, voglio dire una cosa. Che vi piaccia o no, l’eliminazione dei combustibili fossili è inevitabile. Speriamo che non arrivi troppo tardi”. Mentre delegati, premier e ministri da tutto il mondo esprimono soddisfazione per l’accordo raggiunto a Dubai sul Global Socktake, il testo di bilancio degli impegni che comprende le azioni per ridurre le emissioni di gas serra e parla per la prima volta di una “transizione dai combustibili fossili”, il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres pensa a ciò che non è stato raggiunto. E mette il carico: “L’era dei combustibili fossili deve finire e deve finire con giustizia ed equità. La scienza ci dice che limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sarà impossibile senza il phase out dai combustibili fossili”. Ma quel phase out non c’è, in 21 pagine di testo la parola petrolio non compare mai, mentre l’espressione “combustibili fossili” compare due volte. Non a caso. Così il messaggio è diretto a chi si è messo di traverso: Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait, Qatar e Russia che, a dire il vero, ha lavorato dietro le quinte, forse aspettando il suo momento, che arriverà l’anno prossimo, quando la Cop si terrà in Azerbaigian. Molti definiscono il risultato della Cop 28 “storico”, c’è chi lo ritiene solo un punto di inizio e c’è anche chi avrebbe voluto dire la sua sul testo, prima che la decisione fosse presa. “Avete approvato il Global Stocktake e ce ne siamo accorti perché abbiamo sentito gli applausi. La nostra delegazione non era ancora presente in sala” ha detto la delegata di Samoa anche a nome dell’Alleanza delle piccole isole-stato (Aosis).
Un risultato “storico” per molti, da Kerry a von der Leyen – Ma il presidente della Cop 28, Sultan Al-Jaber non è l’unico a dichiarare che il risultato raggiunto sia storico. “Le future generazioni vi ringrazieranno, non conosceranno ciascuno di voi ma saranno grati per la vostra decisione” ha detto. E ha parlato in plenaria anche l’inviato Usa per il clima, John Kerry, definendo quanto raggiunto “una ragione per essere ottimisti in mondo di conflitti, in Ucraina e in Medio Oriente”, nonché “uno straordinario risultato”, sottolineando quanto fosse complicato “mettere insieme” tutte le istanze e “ottenere il consenso”. Manifestazioni di entusiasmo sono arrivate anche dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen: “Congratulazioni Cop 28! Una parte cruciale di questo storico accordo è davvero ‘made in Europe’. Tutto il mondo ha approvato i nostri obiettivi al 2030: triplicare le energie rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica, entrambi entro il 2030. L’accordo di oggi segna l’inizio dell’era post-fossile” ha scritto su X-Twitter. Si è affidata ai social anche Teresa Ribera, vice presidente della Spagna, Paese che ha la presidenza di turno dell’Ue: “Fatto!!! L’accordo dimostra che Parigi offre risultati e che possiamo andare oltre!”. “L’umanità ha speso 30 anni per arrivare all’inizio della fine dei combustibili fossili” ha detto il commissario Ue al clima Wopke Hoekstra.
Il segretario Onu per il Clima: “Non abbiamo voltato pagina” – Tra le immagini della giornata l’abbraccio scambiato tra il presidente della Cop, al-Jaber e il segretario Onu per il Clima, Simon Stiell. “Sebbene a Dubai non abbiamo voltato pagina sull’era dei combustibili fossili, questo risultato è l’inizio della fine” ha detto, mettendo in guardia i cittadini sul fatto che ciò che è stato adottato è “un’ancora di salvezza per l’azione per il clima, non un traguardo”.
I commenti dall’Italia, che plaude al nucleare – Anche dall’Italia si esulta. Lo fa il viceministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica, Vannia Gava, raccontando di “una intensa notte di trattative, che ho seguito in collegamento con i negoziatori”. Ed esprime “grande soddisfazione per l’esito dei lavori della Cop28, che ha raggiunto un accordo storico, difficilissimo sì ma, per la prima volta, serio e realistico, assunto all’unanimità”. Il pacchetto Global Stocktake “è ambizioso e tiene conto di un processo di transizione energetica giusta, ordinata ed equa: una transizione pragmatica con un riconoscimento alla tecnologia nucleare strategica per il raggiungimento di zero emissioni nel 2050” scrive il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, commentando l’accordo raggiunto a Cop28 di Dubai. “Errato e fuorviante. Il testo della Cop 28 non riconosce né la strategicità del nucleare né il suo collegamento diretto con zero emissioni nette al 2050. Il nucleare non gode della stessa priorità e benefici delle rinnovabili ed efficienza, come esplicitato chiaramente nel testo” ha spiegato Luca Bergamaschi, co direttore del think tank climatico Ecco. Ma il nucleare risuona anche nelle parole del ministro dell’Ambiente e della Transizione ecologica, Gilberto Pichetto Fratin, che pone l’accento sul termine ‘transizione’ e parla di nucleare. “Sulle fonti fossili abbiamo cercato un punto di caduta più ambizioso – ha detto – ma nell’intesa c’è un chiaro messaggio di accelerazione verso il loro progressivo abbandono, riconoscendone il ruolo transitorio”. “Tra i tanti risultati apprezzabili – aggiunge – vi è il riconoscimento di un ruolo chiave per il nucleare e l’idrogeno”. Non la pensa affatto così il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avs Angelo Bonelli. “Il testo sul Global Stocktake non riconosce ‘il ruolo transitorio dei combustibili fossili’, come dichiarato dal ministro, ma proprio l’opposto: una transizione fuori da essi per emissioni zero nette al 2050 senza se e senza ma” commenta. E sottolinea: “Il testo non menziona in alcun modo un ruolo chiave per nucleare e idrogeno, ma relega queste opzioni a un generico ruolo e, soprattutto, secondario rispetto ai chiari e forti impegni su rinnovabili, efficienza energetica e batterie”.
I Paesi più preoccupati – Ma questo è un risultato che non soddisfa tutti e i meno ottimisti sono i Paesi più poveri e vulnerabili. “L’esito della Cop 28 non riesce a garantire giustizia alla maggior parte del mondo” ha commentato Nafkote Dabi, responsabile della politica sui cambiamenti climatici di Oxfam International, secondo cui “la Cop 28 è stata doppiamente deludente perché non ha messo soldi sul tavolo per aiutare i paesi in via di sviluppo a passare alle energie rinnovabili e perché i Paesi ricchi hanno nuovamente rinnegato i loro obblighi nell’aiuto alle persone colpite dai peggiori impatti del collasso climatico”. Come quelli del Corno d’Africa che hanno recentemente perso tutto a causa delle inondazioni, dopo una storica siccità durata cinque stagioni e anni di fame. Un problema sottolineato anche dal ministro dell’Ambiente brasiliano Marina Silva: “I Paesi sviluppati devono fornire ai paesi in via di sviluppo i mezzi necessari per raggiungere lo stesso obiettivo”. E ci sono, soprattutto, i piccoli stati insulari.
I timori del piccoli stati insulari. A decisione presa – La delegata di Samoa, Anne Rasmussen, presidente dell’Alleanza dei piccoli stati insulari, avrebbe voluto esprimere il suo punto di vista “prima dell’approvazione del testo”. Non ha potuto farlo ma, in aula, ha sottolineato “il miglioramento contenuto nel risultato raggiunto, ma anche i timori che le azioni per abbattere i combustibili fossili e le emissioni di gas serra non siano sufficienti per raggiungere l’obiettivo di +1.5 gradi di riscaldamento globale”. In realtà Al-Jaber ha approvato il testo senza ascoltare alcuna dichiarazione di paesi o partiti. Nessun dibattito su come arrivare alla versione finale. Obiettivo: portare a casa il sostegno dei Paesi ostili sulle parole ‘combustibili fossili’ e su quella via di fuga, la ‘transizione’ trovata in zona Cesarini. “Questo processo ci ha deluso” ha dichiarato Anne Rasmussen. “Non volevamo interrompere la standing ovation, ma siamo confusi”. Come ricorda il Guardian, è accaduto anche alla Cop15 sulla biodiversità tenutasi a Montreal lo scorso dicembre, dove le obiezioni dei paesi africani sono state ignorate dal presidente cinese della Cop e l’accordo è stato comunque approvato. La sensazione è che tutti torneranno a casa senza aver fatto grossi sforzi: a iniziare dagli Stati Uniti, che hanno promesso poco più di 20 milioni di dollari in nuovi finanziamenti per i Paesi poveri, per continuare con Cina e India che potranno continuare a espandere la propria produzione di carbone e finire con i Paesi del petrolio, che nel testo finale non viene neppure citato.