Anche mercoledì, parlando in Senato in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, Giorgia Meloni ha mentito sul Mes. Già martedì, alla Camera, la premier in aveva attaccato l’ex premier Giuseppe Conte accusandolo di aver acconsentito alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità “col favore delle tenebre il giorno dopo le dimissioni”. In evidente difficoltà perché sulla ratifica la sua maggioranza è spaccata, a Palazzo Madama ha rincarato. Sostenendo che il via libera fu dato “alla chetichella”. La controprova, a suo dire, sarebbe il fax che ha sventolato in Aula: un messaggio inviato dall’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Maurizio Massari, in quel momento rappresentante permanente dell’Italia a Bruxelles, con l’autorizzazione a firmare. Per smentirla basta però una cronistoria delle tappe di approvazione del nuovo trattato sul Mes. Quello che tutti gli Stati dell’Eurozona hanno ormai ratificato con l’eccezione dell’Italia.
Il Parlamento fu consultato eccome: il 9 dicembre 2020 una risoluzione dell’allora maggioranza (M5s, Pd, Iv, Leu) approvata da entrambe le Camere impegnò l’esecutivo “a finalizzare l’accordo politico raggiunto all’Eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Eurosummit sulla riforma del trattato del Mes”. E proprio in base a quella risoluzione il 20 gennaio Di Maio diede incarico all’ambasciatore Massari di sottoscrivere l’accordo, attuando quell’impegno. L’iter si completò – come da programma dell’Eurogruppo – sempre il 27 gennaio in sede di Eurogruppo. Il caso volle che il 26 Conte desse le dimissioni da presidente del Consiglio, per effetto della crisi di governo aperta l’11 gennaio da Matteo Renzi. Ma la decisione del suo governo di procedere con la sottoscrizione della modifica del trattato risaliva a un mese prima.
A ricordare a Meloni come andarono le cose hanno pensato sia il responsabile Economia del Pd Antonio Misiani sia il presidente dei senatori M5S Stefano Patuanelli. Il primo scrive su Twitter che “sulla ratifica #MES la Meloni ha inventato una vera e propria #fakenews degna dei peggiori complottisti“. Patuanelli parla di “esilaranti bugie” e commenta che Meloni è “immersa in un cortocircuito talmente profondo che non sa più come uscirne: ratificarlo e brindare nei consessi europei alla faccia della sua stessa maggioranza o mantenere fede alle promesse fatte in decenni di propaganda? Sbriciolare la maggioranza già divisa su questo argomento o continuare a rimandare tirando fuori aneddoti, documenti, storielle puerili senza alcuna attinenza con la realtà?”.
Le opposizioni denunciano peraltro che la maggioranza nell’aula della Camera sta ora facendo auto-ostruzionismo sul decreto Anticipi proprio per allungare i tempi e far slittare la discussione sul Mes che era prevista per giovedì. “La destra sta rasentando il ridicolo: fa ostruzionismo a se stessa in Aula alla Camera durante l’esame degli ordini del giorno. Cos’altro dobbiamo vedere, dopo mesi e mesi di sceneggiate che stanno minando gravemente la nostra credibilità e indebolendo l’Italia in un momento così delicato per le trattative sulla modifica del Patto di Stabilità?”, attacca il capogruppo del Pd in commissione Affari europei alla Camera, Piero De Luca. Confermano il segretario di +Europa, Riccardo Magi, e Matteo Richetti, capogruppo di Azione.
Del Meccanismo europeo di stabilità i Paesi dell’area Euro iniziarono a discutere dopo la crisi della Grecia del 2009. Il progetto prese corpo l’anno successivo, mentre era in carica il quarto governo di Silvio Berlusconi, fra i cui ministri c’era anche Meloni. L’11 luglio 2011 si arrivò alla firma di un trattato istitutivo, e il 3 agosto il Consiglio dei ministri varò un disegno di legge per la ratifica di una modifica dell’articolo 136 del Trattato sul funzionamento dell’Ue relativamente ad un meccanismo di stabilità. Su quel trattato del Mes, però, nessun Paese dell’Eurozona portò a termine la ratifica. I 17 Paesi membri (a cui si sono aggiunti successivamente Lettonia, Lituania e Croazia), nel 2012 sottoscrissero una nuova versione del trattato che “superava” quella dell’anno prima – come precisava anche la relazione al disegno di legge di ratifica – “ampliandone sia l’ammontare massimo di risorse disponibili sia la tipologia delle operazioni consentite”. La firma arrivò il 2 febbraio 2012 sotto il governo Monti che ottenne la fiducia anche dal Pdl e fu ratificato dal Parlamento cinque mesi dopo, con 325 voti a favore e 53 contro (51 della Lega).