“Lo feci a pezzi con una motosega, la gettai in un pozzo assieme alla testa e sono in grado di portarvi in quel luogo”. Ventitré anni dopo arrivano le prime parziali ammissioni per un omicidio rimasto avvolto nel mistero per oltre due decenni. Enrico Morleo, sotto processo per la morte degli imprenditori Salvatore Cairo e Sergio Spada, entrambi attivi nel settore del commercio porta a porta delle pentole e degli articoli per la casa, ha consegnato una mezza confessione ai giudici della Corte d’Assise di Brindisi, davanti alla quale è a processo per i due omicidi, consumatisi nei primi anni del Duemila.

Secondo al ricostruzione della Dda di Lecce, Enrico Morleo fu l’autore materiale degli omicidi, mentre il fratello Cosimo – anche lui attivo nel settore di quel commercio – è considerato il mandante dal pubblico ministero Stefano Milto De Nozza. Enrico Morleo ha rigettato l’ipotesi che la procura antimafia gli contesta, ma ha ammesso di aver fatto sparire il cadavere di Cairo: “Non sono stato io a ucciderlo: trovai il suo cadavere in una pozza di sangue e lo feci a pezzi con una motosega perché fui preso dal panico. Se avessi chiamato la polizia o i carabinieri, nessuno mi avrebbe creduto – ha raccontato ai giudici – Quella motosega la gettai in un pozzo assieme alla testa e sono in grado di portarvi in quel luogo”. L’uomo ha indicato la legnaia, uno spazio attiguo alla società che all’epoca aveva Morleo, come quello in cui esiste un pozzo in disuso nel quale gettò motosega e una parte del teschio di Cairo.

Cairo venne fatto a pezzi e bruciato il 6 maggio 2000, mentre Spada venne ucciso con un colpo di pistola l’11 novembre dell’anno successivo. Entrambi gli omicidi, così come contestato nel capo d’imputazione, sarebbero stati premeditati e consumati con metodo mafioso, per eliminare concorrenti scomodi per Cosimo Morleo che avrebbe voluto lavorare in quei settori in regime di monopolio. I fratelli Morleo sono in carcere dal febbraio 2022, quando vennero fermati dopo le ammissioni di un terzo fratello, Massimiliano, divenuto intanto collaboratore di giustizia. “Se queste pagine non fossero il riepilogo dell’articolata attività d’indagine (…) potrebbero essere considerate senza ombra di dubbio quelle dedicate alla sceneggiatura di un film dell’orrore”, scrisse il pubblico ministero nel fermo dei due indiziati.

Nei primi mesi del 2022, Massimiliano Morleo svelò agli inquirenti che quegli agguati era da inquadrare in una sorta di guerra tra “padellari”, come venivano chiamati nel Brindisino gli imprenditori attivi nel commercio di articoli per la casa. Morleo, stando agli atti, “avrebbe operato nella distribuzione degli articoli per la casa in regime di monopolio” eliminando i suoi concorrenti. Per quello, sempre secondo l’accusa, avrebbe impartito l’ordine al fratello Enrico. Questi, nel corso degli anni, si sarebbe poi sfogato con Massimiliano, spiegando che Cosimo aveva promesso, in cambio dei due omicidi, una somma tra i 50mila e i 60mila euro, ma in realtà ne avrebbe poi consegnati solo 5mila. Adesso ha ammesso di essersi disfatto del cadavere di Cairo e le sue dichiarazioni verranno riscontrate con un’ispezione dei luoghi disposta dal presidente della Corte d’Assise, Maurizio Saso.

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