In circa due mesi il petrolio ha perso il 20% del suo valore, il gas il 38%. Un barile di brent (il greggio estratto nel mare del Nord che fa d riferimento per i due terzi degli scambi mondiali) si compra oggi per 74 dollari, contro i 92 dollari del 20 ottobre scorso. Un megawattora di gas, che prima si vendeva a 57 euro, si paga ora 35 euro. Buone notizie dunque per le bollette, il costo della benzina. Più in generale per l’inflazione e, a cascata, per le prossime decisioni delle banche centrali che, seppur con i loro tempi, potrebbero ridurre un po’ il costo del denaro già nel 2024. Quindi spinta all’economia e rate di prestiti e mutui meno cari. A favorire i cali è una molteplicità di fattori. L’inverno, per ora, non è stato particolarmente freddo, siamo a metà dicembre e i siti di stoccaggio di gas sono ancora quasi pieni in gran parte dell’Europa (in Italia al 90%).

La crisi in Medio Oriente sembra per ora circoscritta senza che i grandi produttori dell’area abbiano intenzione di attuare misure ritorsive. Russia e Stati Uniti stanno aumentando la produzione di greggio, provocando un eccesso di domanda rispetto all’offerta. Ma c’è un punto di vista meno roseo. La domanda è relativamente fiacca anche perché l’economia è debole. L’Unione europea è in una condizione di stagnazione e le prospettive, se confermate, cosa non scontata, sono di una ripresa al rallentatore. Ma per adesso prendiamoci il bene che deriverà da questa discesa delle quotazioni energetiche.

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