Silenzio tombale da corso Monforte, sede della Prefettura di Milano. Nessun commento né comunicati dopo la notizia del sequestro del Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) di via Corelli. Un’azione, quella della Procura, che già si intuiva dopo le perquisizioni del primo dicembre. Giorno in cui per la prima volata veniva messa nero su bianco la gestione disumana del centro a opera della ditta salernitana Martinina srl che aveva vinto l’appalto bandito dalla Prefettura. Un anno, a partire dal 2022 e poi incredibilmente prorogato di un altro anno lo scorso novembre. E questo senza che la Prefettura si accorgesse di nulla. Allo stato nessun dirigente pubblico risulta coinvolto penalmente nell’indagine. E però la malagestione emerge dalle quasi duecento pagine con cui la Procura ha motivato il sequestro del centro.

Visto che, è stato accertato, le diverse convenzioni indicate dalla srl non sono quasi mai state attivate, producendo, sostiene l’accusa, firme e timbri false. Da qui l’accusa di frode in pubbliche forniture e turbativa d’asta per due persone: il direttore del Cpr Alessandro Forlenza e l’amministratrice della srl Consiglia Caruso.

Ma ciò che impressiona nella gestione del Cpr di Milano sono le decine di testimonianze e di video raccolti dall’associazione Naga e messi in atti dai pm. In una di queste, un’operatrice spiega: “Era un vero e proprio lager, neanche i cani sono trattati così nei canili. In primo luogo vi è un largo uso di psicofarmaci, dati come fossero caramelle e ad alti dosaggi. Al centro ho visto dare quantità da 75 milligrammi a 300 milligrammi per 3 volte al giorno di Lyrica, c’era una persona che assumeva circa 300 milligrammi di Lyrica per 3 volte al giorno, cioè quasi 1 grammo, dose sostanzialmente fuori dosaggio”. E ancora: “Vi erano persone che stavano per molto tempo con indosso solo il pigiama perché non gli veniva dato altro, oppure rimanevano con gli stessi vestiti per più giorni. Durante l’estate poteva capitare che il sapone, pur presente, non veniva dato ai trattenuti, per cui di fatto le docce non venivano fatte. Gli veniva impedito di parlare con gli avvocati; il cibo molto spesso veniva dato scaduto, avariato”. Aggiunge il testimone: “Ricordo una volta che, poiché erano avanzate delle vaschette di pasta, erano state offerte a noi dipendenti. A me sembrava pasta con il gorgonzola, in quanto aveva un odore rancido, poi mi sono accorta invece che era pasta con le zucchine andata a male. Ho cercato di evitare che venisse mangiata dai trattenuti, ma non sono arrivata in tempo, 40 persone hanno avuto un’intossicazione alimentare. Quasi tutti i giorni il cibo era scaduto o avariato”.

Agli atti anche decine di fotografie e video che immortalano una situazione drammatica e di cui la Prefettura pare non essersi accorta. Dal cibo scaduto o con dentro i vermi, all’assenza di medicinali, fino alla sporcizia dei locali, spesso invasi da topi e piccioni. E poi il personale medico. Pressoché assente e quando presente, viene testimoniato, aveva modi definiti “razzisti”. Due in particolare vengono descritti così da alcuni operatori: “Erano due veri e propri razzisti. Durante le visite mandavano a fare in culo gli internati, gli dicevano “meglio che muori, torna al tuo paese”, oppure “devi tornare nella giungla”, li chiamavano “animali”. Io spesso mi fermavo nei corridoi per cercare di parlare con gli internati, di rendere meno tesa la situazione; addirittura mi chiamavano zia e per questo venivo ripresa dai medici, mi dicevano che non dovevo dare troppa confidenza e che erano animali”. Gli stessi medici che prescrivevano psicofarmaci: “Rivotril. Alcune volte venivano somministrati ad alcuni pazienti 100 gocce, io sono arrivata a diluire la boccetta con l’acqua per evitare effetti collaterali negativi”.

Insomma l’inchiesta della Procura di Milano disegna un quadro impensabile eppure, denuncia in una nota il Naga, “La Prefettura conosceva da tempo le condizioni formali e materiali di gestione del Cpr e questo non ha impedito di autorizzare il rinnovo come se nulla fosse”. Le testimonianze si susseguono, un altro operatore: “Disastrosa invece la situazione dove stavano i detenuti: erano posti pieni di piccioni, nutriti dagli stessi trattenuti e, com’è noto, i piccioni portano malattie. Vi era spazzatura ovunque, le stanze erano lorde, piene di mozziconi, le lenzuola erano sporche, fatte di tessuto non tessuto e non venivano ovviamente cambiate tutti i giorni. Anche i bagni erano in una situazione vergognosa: vi era un unico lavabo incrostato di schifo”. E poi ci sono gli audio registrati. In uno si ascolta: “Ma questo mangiare, tu lo mangi ? Se lo dai ad un cane lo butta via! Siamo animali! Vedi anche qua uno ha vomitato! Appena che ha mangiato vedi cos’ha vomitato!?”. In un messaggio poi un migrante scrive: “Voglio morire”. E di nuovo: “Neanche i cani vivono così”. Un altro urla: “Qualcuno si è impiccato”.

Decine le foto, poi, che ritraggono migranti gettati per terra, altri che vagano per il centro come zombie, altri ancora che si feriscono per poter essere ricoverati in ospedale. In un altro caso un malato oncologico terminale, dopo un ricovero nell’ottobre 2022 viene riportato nel Cpr e, si legge nel documento della Procura, “solo da lì è stato liberato, portato a braccia fuori dal portone e scaricato come un peso morto, perché da solo non ce la faceva a camminare, e ha dovuto strisciare in terra per centinaia di metri, fino a un bar, dove ha potuto chiamare un’ambulanza per essere, finalmente, curato. Il rilascio era avvenuto non appena il suo avvocato aveva richiesto la cartella clinica, che peraltro non gli è stata inviata”. Gli esempi sono decine. Ora il decreto passerà al vaglio di un gip e se sarà convalidato verrà nominato un amministratore giudiziario.

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