Quante volte abbiamo ricevuto un pacco e l’operatore – dotato di palmare – in un attimo era già risalito sul furgone. È cronaca quotidiana e nello stesso tempo anche più evidente in questi giorni che precedono il Natale. E l’ennesima inchiesta su un colosso della logistica della procura di Milano, che oggi ha portato al sequestro di oltre 86 milioni di euro a Ups per una ipotizza frode e illecita somministrazione di manodopera, fa emergere un contesto dove “i software e i relativi dispositivi elettronici sono studiati e impostati al fine di massimizzare la produttività e raggiungere la maggior quantità possibile di passaggi, non lasciando all’appaltatore alcuna discrezionalità operativa”. Appaltatori, che come si legge nelle 94 pagine del decreto firmato dai pm di Milano Paolo Storari e Giovanna Cavalleri – fornivano i lavoratori che di fatto non facevano che gestire e che quindi dovrebbero essere assunti dal vero datore.
Secondo la procura “il potere direttivo ed organizzativo dell’azienda appare esercitato in forma ‘spersonalizzata’ grazie all’utilizzo di software di proprietà della committente Ups, i quali ‘dialogano’ in maniera sistematica ed autonoma con i dipendenti dell’appaltatore” che come ipotizza l’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza erano società ‘filtro’ che a loro si volta si rivolgevano a cooperative ‘serbatoio’ che sistematicamente omettevano il versamento Iva o i contributi previdenziali.
“Agli appaltatori potere organizzativo simbolico” – Ma non solo. Grazie alla tecnologia, secondo il pm la società di logistica controlla e traccia tutto e “le singole società appaltatrici non hanno alcun potere discrezionale, in quanto i lavoratori non possono che interloquire costantemente solo con il dispositivo informatico loro in uso. Un ‘comando’ inviato dal software – consistente, normalmente, in un’informazione circa il luogo di ubicazione di un prodotto, la quantità di prodotti da prelevare e/o il luogo di destinazione all’interno del magazzino – che si manifesta attraverso un dispositivo elettronico in dotazione al lavoratore (dispositivi terminali o palmari), il quale impone allo stesso di effettuare una certa attività, delineando finanche i modi concreti di esercizio della stessa (cioè indicando al lavoratore dove si deve recare e cosa deve fare), infatti, altro non è che una vera e propria direttiva operativa. I software e i relativi dispositivi elettronici sono studiati e impostati al fine di massimizzare la produttività e raggiungere la maggior quantità possibile di passaggi, non lasciando all’appaltatore alcuna discrezionalità operativa”. Un controllo totale su ogni passaggio tanto che “all’appaltatore residua un potere organizzativo estremamente limitato – quasi ‘simbolico’ – consistente nell’organizzazione dei turni, nella gestione delle assenze/ferie, ovvero nel pagamento della retribuzione, attività che, in generale, possono essere qualificate come “mera gestione amministrativa del rapporto”.
I lavoratori, si legge sempre nell’atto, “sono oggetto di monitoraggio sistematico da parte della committente Ups” con lo scopo di “verificarne la conformità alle soglie minime di performance previste dal contratto di appalto” che per i pm è somministrazione esterna di manodopera. Diversi dipendenti hanno anche affermato “di essere controllati da Ups anche tramite gps installato sui palmari in loro uso” e pure “da telecamere all’interno degli stabilimenti di smistamento (…) dove tra l’altro sono sottoposti alla vigilanza del personale di security”. Di fatto dipendenti dal colosso della logistica.
La “transumanza” dei lavoratori – L’inchiesta delle Fiamme gialle, che ha analizzato documenti a partire dal 2017, ha portato gli investigatori a valutare moltissime società: sono stati “178 soggetti economici” per verificare anche l’intensità del fenomeno di cosiddetta “transumanza” per cui i lavoratori vengono trasferiti da una società all’altra.
L’analisi dei documenti ha permesso di individuare una “ricorrenza di medesimi soggetti titolari di cariche societarie e/o consulenti del lavoro, circostanze quanto meno indicative di mera somministrazione di manodopera e non di veri e propri appalti di servizi. Su un totale di 30.625 dipendenti in forza alle società oggetto di analisi nel periodo d’interesse, di cui 8515 distaccati almeno una volta presso le medesime, 5.755 sono risultati transitare almeno tra due società d’interesse investigativo (con picchi di “transiti” anche di 8 società per singolo lavoratore, anche non riconducibili allo stesso consorzio), quindi per una percentuale di circa il 18,8 %. Inoltre 28 nominativi risultano aver ricoperto, negli anni, almeno due cariche societarie nei soggetti economici oggetto di analisi”.
La Procura di Milano ha chiesto la misura interdittiva del divieto di pubblicizzare, per un anno servizi, e beni per Ups Italia. Quello di Ups è solo l’ultima delle inchieste sul settore logistico: in passato nel mirino degli inquirenti sono finiti Ceva Logistics, Brt-Bartolini, Geodis, Dhl, Gls. E le società per chiudere i “conti” hanno assunto i lavoratori.