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La due giorni del Pd per un Parlamento Ue ‘costituente’: lo dobbiamo a Megalizzi e ai giovani europei

Nella Polonia che ha appena scommesso sull’europeista Donald Tusk, quell’estintore usato platealmente dal parlamentare dell’ultradestra per spegnere le candele di Hanukkah dà la misura del rischio che stiamo correndo, quello di una Unione Europea snervata dai nazionalismi bellicosi, servi in ultima istanza del turbo capitalismo globale e di chi lo cavalca.

L’Unione Europea è un miracolo della storia di cui dovremmo essere consapevoli e orgogliosi. Un processo di avvicinamento e di devoluzione progressiva di sovranità nazionale generato dall’incubo delle due guerre mondiali e dei totalitarismi del ‘900. Mai prima nella storia occidentale è capitata una cosa del genere e mai più capiterà se non reagiamo a questa drammatica deriva violenta. L’Unione Europea è figlia del più convincente “Mai Più!” di cui siamo stati capaci: mai più nazionalismo, mai più razzismo, mai più guerra. La nostra Costituzione repubblicana, antifascista ed antirazzista, sta nel medesimo solco culturale della costituzione della Ue e infatti è minacciata dalla destra nostrana attraverso le medesime linee di attacco con cui i nazionalisti in tutta Europa aggrediscono la Ue: svuotare e delegittimare il Parlamento.

Non deve stupire: il Parlamento è il riflesso del suffragio universale e questo a sua volta è il simbolo della uguaglianza di tutte e tutti di fronte alla legge, che a sua volta riposa sulla convinzione che tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali. Ed è proprio l’uguale dignità di ogni essere umano che i nazionalisti aborrono, preferendo alimentare la prospettiva di una società divisa tra umanità di serie A e umanità di serie B: non è forse di questa visione che è portatore il “mister X” della grande adunanza preparata dal fedele Donzelli?

Ed è proprio per questo che voglio lanciare un appello attraverso questo blog a quanti parteciperanno alla due giorni voluta dal Partito Democratico sull’Europa (che si aprirà a Roma venerdì 15), affinché emerga forte e chiara la volontà di fare del prossimo Parlamento europeo, che eleggeremo a giugno, un parlamento “costituente”. Un Parlamento cioè che, raccogliendo quanto di buono è stato fatto con e dopo la Conferenza sul futuro dell’Europa, rompa gli indugi e trasformi l’Unione Europea in una Repubblica federale fondata su uguali diritti e uguali doveri.

Soltanto un salto di paradigma come questo potrà in maniera plastica rappresentare e incoraggiare un modo diverso di pensare al nostro futuro. Così come la crisi climatica impone di inventare non un “motore” diverso per le nostre macchine, ma un “modo” diverso per le nostre economie, così la crisi della democrazia europea pretende non un diverso “trattato” che ritocchi gli equilibri tra Commissione, Consiglio e Parlamento, ma un “trattato” diverso: una Costituzione Repubblicana e federale che abbia nel Parlamento eletto a suffragio universale il proprio cuore pulsante.

Soltanto un progetto del genere avrebbe la forza di parlare ai milioni di giovani europei sfiduciati, impauriti, lontani dalla politica. Parlerebbe loro di una Europa più solidale, liberata dalle furbizie che ancora la offendono, perché avrebbe un unico sistema fiscale e un unico sistema di protezione sociale. Parlerebbe loro di una Europa più capace di regolare il mercato, liberata dalla forza eccessiva delle lobby dei grandi gruppi e quindi anche più capace di tutelare l’ambiente e la salute. Parlerebbe loro di una Europa più capace di fare la pace perché liberata dalla soggezione che la rende ancora impotente spettatrice di volontà altrui. Parlerebbe loro di una Europa capace di contrastare la criminalità organizzata mafiosa e non, perché saldamente ancorata al rispetto della libertà di informare e al diritto di essere informati (è ora che nella sede del Parlamento europeo trovino posto i volti di Daphne Caruana Galizia, Jan Kuciak, Peter de Vries, Andy Rocchelli: giornalisti assassinati in Europa perché facevano i giornalisti).

Sono certo che milioni di orecchie e di cuori saprebbero avvertire l’importanza di parole simili e saprebbero rimboccarsi le maniche e lottare con il meglio delle proprie energie. Altrimenti il rischio è che le parole suonino stanche, rituali, previste, utili per gli addetti ai lavori. Una religione senza fede, buona per accendere qualche cero, non certo per “bruciare tutto”. Soltanto qualche giorno fa abbiamo ricordato Antonio Megalizzi, il giovane europeo di origine italiana assassinato durante l’attentato ai mercatini di Natale di Strasburgo (Antonio venne colpito l’11 dicembre e morì il 14). La violenza terroristica ha spezzato la vita di Antonio, come quella dei 69 giovani laburisti norvegesi nella strage di Utoya del 22 luglio 2011. Noi abbiamo il dovere di raccogliere i loro sogni e custodirli nell’unico modo possibile: facendoli diventare realtà.