Vi devo confessare una cosa tremenda: come spettatore ho un brutto rapporto con il teatro. So che il teatro è una delle forme più gloriose della cultura, pensiamo solo ai tragici greci o a Shakespeare, eppure io a teatro mi sento quasi sempre male, sono in tensione, ho paura che gli attori sbaglino le battute, che inciampino, che abbiano crisi di panico, che perdano i sensi o addirittura che ci lascino la pelle sul palcoscenico (morire in scena), a teatro anche il mio corpo è in ansia, il mio intestino è un concerto di borborigmi e sudo, non riesco a stare tranquillo, non mi rilasso, non riesco a dimenticarmi e a perdermi nella rappresentazione, il teatro non mi cattura, mi fa stare sul chi va là, sarà che ho paura della vita, dell’imprevedibilità, mentre al cinema è tutta un’altra cosa, il cinema è appunto la morte al lavoro, è come se la vita riposasse in un’inquadratura, confezionata e illesa. Poi io sono un guardone e ho bisogno di primi piani e dettagli, amo la naturalezza che il cinema sa cogliere, mentre il teatro è così teatrale!

L’unica forma di teatro che amo appassionatamente è il teatro spontaneo che ognuno di noi può trovare in un vicolo di Napoli, il teatro del popolo, senza un palcoscenico, senza un sipario rosso, preferisco uno scugnizzo a tutto Eduardo De Filippo. Eppure so che il teatro è meraviglioso, so che a teatro la parola e il gesto trovano la loro più alta espressione artistica, quindi non è un problema del teatro, è un problema mio che prima o poi devo risolvere. L’occasione per redimermi si presenta tra poco, venerdì 15 dicembre debutta al teatro Palmaria di La Spezia lo spettacolo Ti presento Anna mia, tratto da Raccontare Nannarella del drammaturgo Mario Moretti (da non confondere con il terrorista!). L’adattamento è della mia amica Mila Moretti, la figlia del drammaturgo; si tratta di un monologo interpretato da Katia la Galante, un’attrice nata proprio a La Spezia.

In questo piccolo blog sul Fatto cerco sempre di dare spazio ai miei amici che fanno arte, l’arte mi sembra uno dei modi più belli di stare al mondo, con tutto il rispetto per gli idraulici, le tubature sono essenziali, ma l’arte è l’arte, non si scherza! Un rubinetto può anche perdere, ma non voglio perdere la mia anima, ignorando l’arte. Ho filmato una videochiamata con Mila e Katia, sono andato su una spiaggia al tramonto, mi sono inginocchiato sulla sabbia, mi sono fatto raccontare il loro spettacolo, la cosa che più mi ha colpito sono stati i loro sorrisi, il loro entusiasmo, ho avuto l’impressione di due donne felici del proprio lavoro, innamoratissime di questa grande attrice che è stata Anna Magnani, ho percepito il loro profondo e solare desiderio di rendere omaggio a Nannarella.

Mila la conosco da molti anni, amo la sua inquieta e fanciullesca creatività, il suo essere sempre sul precipizio di ogni fantasia mortale e umana, amo il suo coraggio, la sua grinta, e deve averne parecchia perché non è facile fare cultura in Italia, ci si dibatte sempre tra la mancanza di fondi e la sonnolenza dei burocrati, mentre Katia la Galante l’ho conosciuta in diretta durante la videochiamata e devo dire che mi è piaciuta subito, donna di carattere, di temperamento, attrice di razza (è evidente, non ci si può sbagliare), mi ha regalato un assaggio del monologo, mi sono sentito a teatro improvvisamente e questa volta senza disagio, forse perché ero inginocchiato sulla sabbia, con gli abissi del mare a un soffio, sotto un cielo nuvoloso e stranamente protettivo. Mi hanno detto che durante le prove sono andate d’amore e d’accordo e questo amore e questo accordo lo ritroveremo, ne sono certo, sul palcoscenico.

Mila e Katia sono due gattare, come Anna Magnani, e durante le prove dello spettacolo è successa una cosa straordinariamente di buon auspicio, la gatta di Mila ha messo al mondo cinque “miciotti”, uno dei quali si chiamerà sicuramente Nannarella. La Magnani diceva di avere mille donne dentro se stessa, doveva solo aspettare di incontrarle, voleva che ogni donna fosse vera. Verità è sinonimo di felicità. “Invecchiando non voglio sembrare più giovane. Voglio sembrare più felice“, così diceva Nannarella. Ecco perché la nostra videochiamata si è conclusa con le stupende risate di Mila e Katia, le loro “risate di gioia”, come in uno dei film più struggenti della Magnani, di Mario Monicelli, con Totò e Ben Gazzara.

Mea culpa, mia colpa, mia profondissima colpa se ancora non amo il teatro come amo il cinema, voglio redimermi, voglio andare a teatro a vedere Mila e Katia, voglio che ci sia tanta merda fuori dal teatro (si dice così nell’ambiente perché a teatro si andava in carrozza, tanta merda, tanti cavalli, tanto pubblico), poi voglio andare in camerino con tre mazzi di rose rosse, uno per Mila, uno per Katia e uno per Nannarella che sarà presente con i suoi occhi di brace viva a benedire la sua resurrezione.

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