Cinema

La regista di Barbie Greta Gerwig sarà presidente di giuria al Festival di Cannes 2024

di Davide Turrini

Greta Gerwig sarà presidente di giuria al Festival di Cannes 2024. La regina del discusso, amato/odiato, record d’incassi 2024, Barbie, è la prima regista americana, e la seconda regista donna dopo Jane Campion nel 2014, a ricoprire il ruolo di presidente di giuria a Cannes. Un’altra americana era stata presidente di giuria nel 1965, l’attrice Olivia de Havilland.

L’entusiasmo di Cannes sprigiona da ogni riga del comunicato stampa con cui si annuncia la scelta della Gerwig. La regista di Barbie viene definita “eroina dei nostri tempi moderni” che “scuote lo status quo tra un’industria cinematografica altamente codificata e un’era che richiede maggiore espansività”. E ancora: “Originaria di Sacramento, California, ma newyorkese d’adozione, lei che sognava di diventare una drammaturga ha creato il proprio percorso, con coerenza e gusto per il rischio, verso le vette dello splendore”.

Ora, definire Barbie “vette dello splendore” significa che a Cannes c’è qualche problema. Senza scomodare le piaghe bibliche, basta pensare al continuo trasformismo alla Fregoli che il direttore eterno di Cannes, sorta di Re Sole, Thierry Freamaux, porta avanti da un tempo che nemmeno più riusciamo a conteggiare, per rendere il festival francese un’idea di cinema contemporaneamente un po’ impegnata, un po’ freak e ora pure un po’ woke.

La 40enne Gerwig ha una lunghissima e interessante carriera di attrice alle spalle (Frances Ha su tutti), nonché un film art house come Ladybird, che ottenne pure cinque nomination agli Oscar: materia sufficiente per fare da presidente di giuria anche cinque, sei, sette anni fa senza mostrare di rincorrere a perdifiato la moda del vento che tira oggi a Hollywood nonché all’imbarazzante piaggeria pro Mattel.

Tutte dinamiche che Cannes esemplifica nell’ultima estrema sviolinata: “Ieri ambasciatrice del cinema indipendente americano, oggi al vertice del successo mondiale al botteghino, Greta Gerwig riesce a coniugare ciò che prima era giudicato incompatibile: realizzare blockbuster d’autore, ridurre il divario tra arte e industria, esplorare con abile questione femminista contemporanea e dichiarando la sua impegnativa ambizione artistica all’interno di un modello economico che abbraccia per sfruttare al meglio”. Del resto non c’è bisogno di rincorrere come cani da riporto la Gerwig quando un ottimo film, ampiamente a tematica femminista, come l’ultima Palma d’Oro, Anatomia di una caduta, è stato premiato da un presidente uomo, Ruben Ostlund. Spesso i film buoni parlano da soli, senza il supporto di invadenti ideologie culturali e di grandi capitali produttivi. Mancano ancora sei mesi a Cannes 2024 e ne vedremo sicuramente delle belle.

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