Responsabile dell’overtourism (come si definisce oggi l’eccesso di turismo nel mondo) è anche, soprattutto sulle Alpi, lo sci di pista. E responsabile sulle Alpi del boom dello sci di pista fu senza dubbio la Francia. Nel 1964 Maurice Michaud, funzionario del Dipartimento dei Lavori Pubblici e direttore del Service d’Aménagement de la Montagne, progettò infatti un piano di sviluppo turistico che mirava alla creazione di superstazioni per gli sport invernali, unica soluzione, a suo avviso, per risolvere tutti i problemi della montagna.

La “dottrina Michaud” mirava a urbanizzare la montagna attraverso un processo di sfruttamento industriale: era l’epoca del mito dell'”oro bianco” e il comprensorio sciistico era considerato fonte di grandi profitti: un investimento sicuro. Il “piano neve” fu fatto proprio dal presidente Pompidou. E nacque il concetto di ski total, ossia le stazioni create dal nulla in funzione solo del turismo pistaiolo. Ben 22 furono i luoghi individuati per realizzare il piano neve, fra i quali Tignes, Avoriaz, Val Thorens, per citare solo alcune delle località più note.

Parentesi: da notare che Pompidou fu il presidente che nel 1971 con ammirevole coerenza istituì il primo Ministero della Protezione della Natura e dell’Ambiente. Chiusa parentesi.

Forte della spinta all’industrializzazione della montagna, un gruppo di finanziatori belgi, nel 1967, propose un piano volto a creare una maxi stazione invernale nei pascoli del comune di Cervières, nel dipartimento Hautes-Alpes, ai piedi del mitico passo ciclistico del Colle dell’Izoard. Si trattava, nelle intenzioni, di una stazione denominata “SuperCervières” e gli impianti sarebbero stati realizzati nella Piana del Bourget, nel vallone di Les Fonts, con l’intenzione poi di collegare questa stazione con gli impianti del Monginevro, creando un vero e proprio domaine skiable. Ora, la Piana del Bourget era tutto un susseguirsi di dolci pendii adibiti a pascolo e il piano prevedeva l’espropriazione di 1.150 ettari di terreni privati e 5.350 ettari di terreni comunali, vale a dire più della metà del territorio comunale, con l’allontanamento di 22 contadini, che allevavano mille pecore oltre a mandrie di vacche. Il Prefetto, con decreto dell’11 gennaio 1972, avviava un’istruttoria preventiva alla dichiarazione di pubblica utilità in vista appunto dell’esproprio.

Ma ecco che avvenne l’inaspettato. Non è forse vero che bastano i soldi e il miraggio dell’arricchimento per comprare ciò che si vuole? No, per lo meno non qui a Cervières, dove era nata nel 1969 l’Association d’Étude et de Sauvegarde de la vallée de Cervières (AESC), con l’intento di salvare le attività agrosilvopastorali, coniugandole con un turismo rispettoso dell’identità culturale ed economica della valle. Quindi NO agli impianti. Dire no significava rifiutare una vagonata di soldi e una prospettiva di sviluppo che avrebbe portato alberghi, bar, ristoranti, rifugi, frotte di turisti-sciatori. Eppure loro hanno detto “no, non ci interessa”. E a seguito dell’istruttoria prefettizia proprio l’AESC lanciò una petizione nazionale per contrastare il piano, petizione che raccolse 19.000 firme e contemporaneamente 500 lettere raccomandate furono inviate alla prefettura. Risultato: nel 1977 il progetto fu abbandonato.

Oggi la Cerveyrette è una delle poche valli delle Alpi ancora preservate da infrastrutture pesanti e invasive: si è aperta al turismo invernale attraverso lo sci di fondo e lo scialpinismo, e al turismo estivo attraverso percorsi escursionistici e ciclistici. Sono stato a Cervières la scorsa estate. Il territorio è ancora integro e continuano le attività tradizionali legate alla terra. Per arrivarci sono transitato dal Monginevro, che invece è un caos di condomini e impianti da sci, e ho visto che stanno realizzando un nuovo bacino per l’innevamento artificiale, perché, con il riscaldamento globale, quello esistente non basta per creare quella neve finta che gli consente di vivere.

Ecco un estratto da La Paparelle, giornale dell’AESC, del giugno 2015: “…la collaborazione tra i Cerveyrin, animata da un vivissimo spirito di iniziativa, ha saputo creare una valida alternativa ai progetti degli speculatori che pensavano di appropriarsi delle terre e di ridurre i montanari, depredati, al lavoro subordinato”.

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