L’esercito di Israele ucciso “per un tragico errore” tre ostaggi durante i combattimenti a Shujaia, nella Striscia di Gaza. Ostaggi, ha spiegato il portavoce Daniel Hagari in un difficile incontro con la stampa, che probabilmente si erano liberati o erano rimasti incustoditi. Il sospetto sulla vera identità degli uccisi è arrivato quasi subito: i corpi sono stati portati in Israele e lì identificati. I nomi di due delle vittime sono Yotam Haim (rapito a Kfar Aza il 7 ottobre) e Samer Talalka (rapito lo stesso giorno a Nir Am), mentre per il terzo ucciso la famiglia ha impedito la pubblicazione del nome. L’esercito “si assume in pieno la responsabilità“, ha continuato Hagari, aggiungendo che la tragedia si è consumata “durante duri scontri” in cui i soldati hanno combattuto contro “molti terroristi”, tra cui alcuni “suicidi che sembravano disarmati“.

“La notizia della morte di tre ostaggi ha causato proteste e scontento in Israele”, scrive Harretz, riportando che centinaia di persone hanno manifestato davanti al quartier generale militare di Tel Aviv, per poi raggiungere l’incrocio della via Kaplan, una delle principali arterie della città, bloccando la strada. I dimostranti sventolano cartelli con i nomi e le foto di molti altri ostaggi. Chiedono un accordo immediato per il ritorno a casa degli ostaggi tenuti nella Striscia, gridando “ora, ora“.

L’annuncio dell’Idf – che ha scosso il Paese all’inizio di shabbat – è arrivato a poche ore di distanza dalla notizia del recupero dei corpi di altri tre ostaggi morti a Gaza in cattività. Il primo si chiamava Elya Toledano, un franco-israeliano di 28 anni catturato dai miliziani al festival musicale di Reim insieme con la fidanzata Mia Schem, liberata il mese scorso nell’ambito della tregua e dello scambio di ostaggi e detenuti palestinesi. Gli altri due sono Nik Beizer e Ron Sherman (anche con cittadinanza argentina) entrambi soldati di 19 anni di stanza in una base a ridosso della Striscia. Secondo le stime, sono meno di 130 gli ostaggi rimasti in prigionia.

Intanto la guerra si sta spostando sempre più a sud: l’esercito ha detto di aver attaccato obiettivi di Hamas a Rafah, al confine tra Gaza e l’Egitto. Nei raid – secondo l’Idf – sono stati centrati postazioni militari, magazzini di armi, sale operative di comando e torrette di avvistamento della fazione islamica. Fatto sta che gli attacchi hanno generato il panico tra gli sfollati dell’area che si sono addensati ancor di più nel centro di Rafah sperando di mettersi al sicuro. La situazione umanitaria è drammatica e Israele ha annunciato quanto meno la riapertura del valico di Kerem Shalom.

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