Questa settimana il blog Diwan ospita il contributo della scrittrice e saggista Claudiléia Lemes Dias

Solo ventiquattr’ore dopo la fine della Cop28, dove il presidente Lula ha pianto parlando della salvaguardia delle foreste, l’Agência Nacional do Petróleo (ANP) brasiliana, forte del nulla osta dei ministeri dell’Ambiente e delle Miniere e Energia, mette all’asta 21 nuove aree di esplorazione di petrolio e gas nel bacino del Rio delle Amazzoni, oltre a zone inserite in ecosistemi riconosciuti dall’Unesco come “patrimonio naturale dell’Umanità”, come le montagne sottomarine Sirius, Touros e Guará, che collegano l’arcipelago di Fernando de Noronha all’unico atollo dell’Oceano Atlantico meridionale, l’Atol das Rocas. “Con tutte le alternative di matrice energetica che abbiamo, non ha senso mettere a rischio qualcosa di così importante per il Brasile e per il pianeta”, afferma il professor Mauro Maida, del Dipartimento di Oceanografia dell’Università Federale del Pernambuco (Docean/UFPE). “I ricavi sono spesso irrisori per il settore rispetto al grande rischio che questi sfruttamenti rappresentano”, completa l’esperto.

Le aree sensibili destinate all’esplorazione di petrolio e gas sono state individuate dagli ambientalisti all’interno di un blocco di 602 aree di territorio oggetti della gara di appalto bandita dall’ANP. Se l’asta avrà successo il volume delle emissioni generate dai nuovi giacimenti sarebbe l’equivalente della stessa quantità che il Brasile si è impegnato a ridurre nei prossimi sei anni per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi. Sopranominata dagli ambientalisti “l’asta della fine del mondo”, alle autorità brasiliane presenti alla Cop28 è stata consegnata una “lettera aperta” di protesta firmata da 127 ong, movimenti sociali, associazioni indigene, attivisti, esperti e istituti di ricerca.

Per la direttrice dell’Istituto Arayara, nato a ridosso dell’Eco92, Nicole de Oliveira, la decisione del governo Lula è in netto contrasto con l’accordo globale per l’eliminazione dei combustibili fossili, essendo “assolutamente inaccettabile di fronte alla crisi climatica che stiamo affrontando”. Con il via libera alle trivellazioni all’interno dei suoi santuari ecologici, il Brasile svela al mondo, a prescindere della retorica e delle promesse del Presidente Lula alla Cop28, di aver aderito completamente al cartello petrolifero dell’Opec, identificandosi più come paese produttore di petrolio che come esempio e guida della transizione ecologica auspicata dalle nuove generazioni.

La concessione della più alta onorificenza della Presidenza della Repubblica, l’Ordem do Rio Branco, al Segretario Generale dell’Opec, Haitham Al Ghais, lo scorso ottobre, cioè, a colui che ha invitato i membri dell’Opec+ a respingere tutte le risoluzioni negoziate nella Cop28 contenenti l’obiettivo di eliminare i combustibili fossili, denunciava chiaramente l’intenzione del Presidente Lula di abbandonare le promesse fatte ai movimenti sociali, soprattutto l’ambientalista e indigeno, che l’hanno sostenuto alle presidenziali 2022.

Il governo Lula assegna anche più potere alla polizia, denuncia l’Onu

In netta contraddizione con le normative internazionali, che regolano il potere di polizia negli Stati democratici, il Parlamento brasiliano, a novembre, ha approvato una nuova normativa per regolamentare le attribuzioni della Polícia Militar, braccio dell’esercito fondato negli anni più duri del regime (1967), per perseguitare oppositori politici. Se firmata dal presidente Lula entro la fine dell’anno, i tutori dell’Ordine potranno essere dotati di armi letali durante le manifestazioni pubbliche; in più, gli Organi di controllo della società civile, chiamati ouvidorias, saranno sottoposti ai comandanti delle truppe e le Secretarias da Segurança (SSP), Organo nato per accogliere le istanze della società civile, verranno depotenziate. A prendere il comando delle Forze dell’Ordine saranno direttamente i governatori degli Stati federati, senza organismi intermediari al vaglio della società civile.

La nuova Lei Orgânica das Polícias Militares (LOPM), fortemente voluta dall’Estrema destra nel governo Bolsonaro, ma approvata, grazie ai voti dei partiti della Sinistra, in “carattere di urgenza”, stabilisce un tetto del 20% per l’ingresso delle donne nella corporazione, che potranno concorrere soltanto per le professioni sanitarie in condizione di parità. Inoltre, tradendo le promesse elettorali alla popolazione LGBT+, non sono previste misure per favorire l’inclusione socio-lavorativa o il contrasto alle discriminazioni alla comunità all’interno delle Forze dell’Ordine. L’ultimo rapporto annuale del Fórum Brasileiro de Segurança Pública (FBSP) riporta numeri spaventosi, da guerra civile. Nel 2022, 6.430 civili sono stati uccisi in interventi della polizia; il 68,1% è stato colpito in vie pubbliche.

I dati della ricerca Pele Alvo: a Bala não Erra o Negro (Bersaglio Pelle: il proiettile mai sbaglia il Nero), realizzato dal Centro de Estudos de Segurança e Cidadania (CESEC), divulgati lo scorso novembre, dimostrano che l’87% dei morti era di pelle nera. In sostanza, con la firma di Lula, verranno concessi poteri inediti e illimitati alla Polícia Militar, apparato dell’Esercito riconosciuto dalle Nazioni Unite e dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani come ostile ai diritti umani e alle norme democratiche, a causa delle esecuzioni sommarie, torture, sparizioni forzate, massacri e prigioni arbitrarie, di cui si è macchiato sin dalla sua formazione. Un colpo davvero inaspettato ai diritti umani e civili dei brasiliani.

* Claudiléia Lemes Dias è scrittrice, blogger e saggista. Nata nel 79′ nel Mato Grosso do Sul, regione del Brasile devastata dall’agrobusiness, è laureata in Legge alla Pontificia Università Cattolica e Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani presso La Sapienza. È autrice di due saggi pubblicati in italiano: “Fascismo tropicale” (2020, Dissensi Ed.) e “Le catene del Brasile, un paese ostaggio delle religioni” (2022, L’Asino d’oro Ed.).

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