Se ne riparla l’anno prossimo. I 27 stati membri dell’Unione europea non sono riusciti a trovare un accordo sulla cervellotica riforma del Patto di stabilità, vale a dire l’insieme di regole che fissano i parametri su quanto e come un paese si può indebitare e spendere. “L’accordo sulla revisione del bilancio Ue è stato sostenuto da 26 leader ma un altro leader non lo ha fatto, torneremo dunque sulla questione all’inizio del prossimo anno e tenteremo di trovare l’unanimità”. Lo ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, al termine del primo giorno del vertice Ue. I leader dell’Unione Europea non sono neppure riusciti a trovare un accordo su un nuovo pacchetto di aiuti finanziari per l’Ucraina e sulla revisione del bilancio Ue, dopo il veto posto dall’Ungheria di Viktor Orban, Anche in questo caso la decisione è stata rimandata al prossimo anno. Non sono bastati gli incontri notturni bilaterali nel bar dell’albergo di Bruxelles tra la presidentessa del Consiglio Giorgia Meloni , il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Marcon.

Poiché che si accontenta gode, Michel continua affermando che “In questo vertice abbiamo fatto dei grandi passi nella giusta direzione. E abbiamo colto tutti di sorpresa, perché siamo stati capaci in tempi record di prendere decisioni molto potenti sull’allargamento, specialmente sull’Ucraina. E poi siamo stati capaci in tempi record di creare un ampio sostegno politico” intorno a una “proposta bilanciata” di revisione del bilancio”.

La proposta bilanciata a cui allude Michel prevede di escludere gli effetti dell’aumento dei tassi di interesse (che per gli Stati comportano maggiori spese per pagare le cedole dei titoli di Stato di nuova emissione. L’Italia dovrebbe ad esempio spendere in interessi, nel 2024, 10 miliardi in più di quest’anno. ndr) nei deficit e nei parametri di riduzione del debito. Questa esclusione varrebbe per il 2025 e il 2026, ma è possibile un’estensione fino al 2027. Dipenderà naturalmente anche dalle future decisioni sui tassi della Banca centrale europea. In cambio di questa concessione, i paesi che ne beneficiano impegnarsi a definire, almeno nelle linee di massima, un programma di riforme. Per il resto rimangono sul tavolo le regole già tratteggiate. Per i paesi altamente indebitati come l’Italia, il deficit pubblico non potrà superare l’1,5% del Pil e dovranno ridurre il loro debito dell’1% l’anno (nel caso italiano significa circa 20 miliardi di euro). Ma come, si accennava, per i prossimi due anni queste cifre saranno riferite al deficit depurato degli effetti dell’incremento dei tassi, sono quini un po’ meno stringenti.

La presidentessa del Consiglio Giorgia Meloni ha detto oggi che “Sul Patto dobbiamo trovare un equilibrio, dobbiamo tenere aperte tutte le strade finché non sappiamo qual è il punto di caduta. Il veto? Non la metterei così, ma io non posso dare l’ok a un Patto che io, ma nessun governo, posso rispettare“. Meloni ha anche affermato che esiste una convergenza tra Roma e Parigi sulle modifiche necessarie.

Sul Patto di stabilità “le negoziazioni sono andate avanti” ma le possibilità che si arrivi ad un accordo la settimana prossima sono “scarse”, ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “Non ho niente contro le videoconferenze” ma “anche no” a chiudere in video un accordo “che condiziona l’Italia per i prossimi anni. Quindi un Ecofin in presenza è più opportuno”. Il negoziato “secondo me andrà avanti finché ci saranno condizioni anche politicamente diverse”, ha aggiunto. Il ministro ricorda poi che “il potere di veto lo può usare anche la Germania, a cui conviene avere le regole precedenti. Quindi secondo me bisogna fare con saggezza e responsabilità, prima di ingaggiare una guerra” contro chi ha numeri più ampi bisogna “mandare avanti gli ambasciatori. Noi giochiamo la partita con coraggio”. Giorgetti continua: “Abbiamo il dovere di creare delle regole fiscali che rendano possibile raggiungere” i grandi obiettivi che l’Europa si è data, come la transizione verde e digitale, “ma questa posizione non trova consenso perché manca la dimensione politica. Si preferisce conservare le situazioni”. L’Italia chiede infatti quella che viene chiamata “golden rule” ossia l’esclusione degli investimenti pubblici in determinati settori dai conteggi per stabilire deficit e debito.

“La sfida di ridurre il debito è aperta ed è importante pe ril nostro Paese. Il Paese ha un debito troppo alto (circa il 140% del Pil, ndr). Il punto è rendere compatibile la riduzione del debito con la crescita. Vedremo se i governi riusciranno a trovare l’intesa e mi auguro che non comprometta troppo le proposte fatte dalla commissione”, commenta il commissario agli affari economici, Paolo Gentiloni.

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