Fino ad oggi, molta parte dell’opinione pubblica e parecchi commentatori si erano detti convinti del fatto che il principe Harry fosse affetto da manie di protagonismo e deliri persecutori quando puntava il dito contro la stampa scandalistica britannica colpevole, a suo dire, di aver reso la vita impossibile prima a sua madre, Lady Diana, e poi a lui e a sua moglie Meghan molto tempo prima della Megxit. Persino Re Carlo III, stando a quanto riportato nell’autobiografia Spare, aveva sconsigliato al figlio di lanciarsi in una guerra contro i tabloid perché, secondo l’attuale sovrano, sarebbe stata una sicura sconfitta e un’inutile perdita di tempo.

La convinzione e l’autodeterminazione di Harry a rivendicare i torti subiti da alcuni editori però sono sempre state granitiche soprattutto in virtù del fatto che i giornali d’oltremanica hanno largamente contribuito a costruire il consenso e la simpatia dei sudditi nei confronti dell’attuale regina Camilla facendo cadere nel dimenticatoio il suo ruolo di amante e “usurpatrice” della figura della compianta principessa Diana.

Certa parte della stampa inglese, per il secondogenito di Carlo e Diana, sarebbe sempre stata avvezza ad usare due pesi e due misure per determinare l’ascesa o la discesa della popolarità di questo o quel membro della famiglia reale e l’atteggiamento ostile fino ai limiti di una vera e propria persecuzione di alcuni rotocalchi avrebbe avuto molto peso nel determinare gli stati di ansia e la sindrome depressiva di cui Harry ha sofferto a lungo.

Ora una sentenza ha stabilito che il Daily Mirror ha raccolto illegalmente informazioni sulla vita privata dei duchi di Sussex e dovrà risarcire il principe Harry per l’ammontare di 140.600 sterline. In particolare il giudice dell’Alta Corte di Londra Timothy Fancourt ha condannato l’editore del giornale in relazione ad almeno 15 articoli su 33 scritti utilizzando metodi illeciti come intercettazioni telefoniche e microspie in un arco temporale che comincia nel 1995/96, quando il principe aveva solo 11/12 anni ed era rimasto da poco orfano di madre, prosegue in modo esteso ed abituale dal 1998 e ha il suo picco fra il 2006 e il 2011.

L’accusa coinvolge l’editore Mirror Group Newspapers e anche l’ex amministratore delegato Sly Bailey reo di aver chiuso gli occhi sulle gravi violazioni della privacy perpetrate da direttori, redattori, giornalisti. Si tratta di una vittoria significativa per il secondogenito di Re Carlo che può finalmente avere una conferma dell’esistenza di “una pratica sistematica di comportamenti illegali e scioccanti seguita da insabbiamenti e distruzione delle prove” come Harry stesso ha tenuto a precisare in un severo comunicato stampa rilasciato dopo il verdetto.

Nel processo che ha visto la presenza in tribunale di un membro della famiglia reale dopo più di un secolo, è stato coinvolto anche Piers Morgan, ex direttore del Mirror e attuale anchorman del canale televisivo del gruppo Murdoch Talk Tv, noto per il suo atteggiamento ostile e fortemente critico nei confronti di Harry e soprattutto di sua moglie Meghan. “Sono felice per aver ucciso il drago” è stato il commento del principe Harry che, attraverso il suo legale David Sherborn, ha dichiarato: “Mi hanno detto che uccidere i draghi mi avrebbe bruciato ma alla luce della vittoria di oggi e dell’importanza di fare ciò che è necessario per una stampa libera e onesta è un prezzo che vale la pena pagare”.

E’ utile ricordare che si tratta di una sentenza di un processo civile ma i metodi illeciti usati dal gruppo editoriale in questione hanno risvolti penali e potrebbero avere conseguenze significative sulle altre questioni legali che riguardano la crociata del principe Harry contro la stampa scandalistica inglese. A quanto pare la scelta di non ascoltare i consigli di chi cercava di dissuaderlo dal portare avanti la sua lotta contro i tabloid questa volta ha sortito l’effetto desiderato.

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