Mentre a Roma prende il via Atreju, la manifestazione di Fratelli d’Italia ispirata al protagonista di La Storia Infinita di Michael Ende, vi proponiamo questo articolo di Antonio Armano uscito su FQ MillenniuM di gennaio 2023, dedicato alle radici ideali di Giorgia Meloni.

Se i giovani di destra negli anni ’70 hanno pescato a piene mani nel grande mare della mitologia tolkeniana per creare i Campi Hobbit e sentirsi parte della ribellione giovanile, quelli della “generazione Meloni” sono andati a caccia di simboli in un altro territorio fantastico usando il nome di Atreju, per intitolare il loro festival culturale, non senza malintesi: “C’era chi lo chiamava Atreggiu, chi Atruia, chi per anni è stato convinto che fosse il nome di un pastore sardo”, scrive la fondatrice di Fratelli d’Italia in Io sono Giorgia.“È evidente che non tutti hanno letto La storia infinita di Michael Ende, libro che ha per protagonista Atreju, un giovane coraggioso impegnato a combattere il Nulla che avanza. Un simbolo della lotta al nichilismo, perfetto per la nostra visione”.

Atreju, figlio di tutti – Naturalmente il libro della presidente del Consiglio contiene diversi altri riferimenti letterari, compresi quelli classici per la destra come Ernst Jünger. Ma i “debiti formativi” più vasti e profondi sembrano essere rivolti a Tolkien ed Ende. Non possiamo sapere come avrebbe reagito quest’ultimo, ma possiamo immaginarlo ascoltando Roman Hocke, amico e editor dello scrittore, nonché fondatore di una agenzia letteraria, la Ava International, che lo rappresenta: «È una delle più grandi incomprensioni che ho conosciuto nella mia vita. Un malinteso enorme. Atreju è “figlio di tutti”. Non ha una famiglia tradizionale. È stato cresciuto dalla comunità e proprio quel termine “figlio di tutti” implica che l’ascendenza e l’origine non sono un retaggio assoluto e definitivo, ma ognuno è responsabile della sua storia. Leggendo bene La storia infinita si vede che i valori contenuti sono tutt’altro rispetto a quelli della destra. Non è giusto che un partito, qualsiasi partito, si appropri di un’opera d’arte per questioni meramente sue».

Il nodo dei diritti d’autore – L’esecutore testamentario di Ende ha studiato la questione, ma il caso è complesso. Intanto sono coinvolte tre legislazioni – italiana, tedesca e comunitaria – e poi il diritto d’autore, spiega Hocke, tutela l’opera nel suo complesso. Difficile capire quale protezione offra per il nome di un personaggio. Certo è che l’autore non voleva essere coinvolto in politica: «Era molto vicino alle idee del Spd e ai Verdi, ma non si è mai fatto coinvolgere: “Sono un artista e scrivo per tutti”, ripeteva. La cultura per lui era qualcosa che unisce e non divide come la politica. Se si vedesse associare alla destra, si rivolterebbe nella tomba. Non sopporterebbe l’uso di un suo personaggio per veicolare valori radicalmente diversi».

Quando Vittorini bocciò Tolkien – In Italia il “malinteso nero” inizia con Tolkien negli anni ’70, quando la sua opera esce con un editore non esattamente di sinistra, Rusconi, e la celebre prefazione di Elémire Zolla, studioso di religioni, oggi riproposta da Marsilio nella raccolta L’umana nostalgia della completezza. Il fascino che Il signore degli anelli esercita sulla destra va in parallelo con la diffidenza miope di colore opposto. Gli intellettuali progressisti guardavano con sospetto il genere fantastico e soprattutto la mitologia che affondava le radici nel passato pagano. Dalla croce celtica a quella uncinata il passo è breve? Alla Mondadori, il solito Vittorini, che aveva espresso parere negativo su Il gattopardo, si dimostra tiepido su Tolkien. Nessuno dei due rientrava nei canoni della “letteratura moderna”. In realtà non appartenevano al passato, erano troppo avanti, anche se è facile giudicare oggi.

Draghi, ma non nazi – Anche Ende è stato segnato in Germania dalla diffidenza della critica di sinistra, fin dal suo esordio, Jim Bottone, una storia che gli ha fatto vincere lo Jugendliteraturpreis e ha venduto bene, dopo un periodo meno fortunato come autore teatrale e persino attore con Bertolt Brecht in Madre coraggio: «Si può dire tranquillamente che con Jim Bottone nasce una narrativa per ragazzi fondata su valori sconosciuti sia alla Germania del dopoguerra che a quella nazista», spiega Hocke. «Il libro è pieno di valori moderni, tolleranza, accettazione e valorizzazione delle culture diverse, ma intrecciati in una storia fantastica piena di draghi, sirene e locomotive volanti. Chiunque riproponesse un immaginario mitico e fantastico era visto come se volesse riportare indietro l’arte. Il drago, per esempio, apparteneva alla mitologia dei nibelunghi sfruttata dal nazismo. I draghi di Ende sono invece creature ibride, figlie di diverse tradizioni che per lui costituivano un patrimonio inestimabile, un ricettacolo di sguardi e concezioni fantastiche. Chi non leggeva bene il libro non vedeva i valori moderni di cui è pieno, ma solo i riferimenti al passato mitico e fantastico. Questi valori moderni erano quelli secondo cui aveva vissuto Ende ed erano il contrario di quanto propagandato dal nazismo. Il padre stesso, Edgar Ende, era un pittore surrealista classificato come artista degenerato».

Fuga dalla realtà? – Non bisogna dunque sovrapporre del tutto i contesti, quello tedesco e quello italiano. Come spiega Hocke, in Germania i valori e il messaggio contenuti nelle opere di Ende non sono stati oggetto di fraintendimento, ma lo stile fantastico con tutto il cascame mitologico annesso e connesso non piacevano alla sinistra anche perché erano considerati una fuga dalla realtà: «Il realismo era dominante a quei tempi», ricorda Hocke. «I critici di Ende lo accusavano di escapismo. Dicevano che le sue storie portavano i ragazzi in un altro mondo – un mondo fantastico – il che non aiutava a capire e cambiare quello reale. Invece si è visto che non è stato così. Diverse generazioni di lettori – quattro generazioni ormai – si sono identificate con le sue storie in modo molto forte assorbendone i significati filosofici. Ma allora molti ragionavano così e il clima intellettuale era ostile intorno a lui. Persino quando andava a una festa da amici gli capitava di essere bollato come escapista».

Tedeschi a Roma – Il clima – non solo quello meteorologico – è uno dei fattori che spinge Ende a trasferirsi a Genzano, vicino a Roma, nel ’70. Aveva conosciuto la città grazie alla scrittrice Luise Rinser e vi resterà fino alla morte della moglie, l’attrice Ingerborg Hoffman, nel 1985. A Genzano, Ende frequenta gli Hocke. Roman Hocke ha tuttora casa nel borgo vicino alla Capitale.
Anche qui come in Germania c’era ostilità nei confronti di tutto quello che fuoriusciva dal realismo secondo i dettami dell’arte sovietica, ma in Germania non era concepibile che la destra si appropriasse di opere come quelle di Ende o Tolkien. In altre parole, la destra tedesca non è caduta nello stesso malinteso di quella italiana, ma la sinistra è stata miope sia qui che là. In America al contrario la mitologia tolkeniana è stata fatta propria dai figli dei fiori.

Elfi alternativi – A dire il vero anche qui si è verificato qualcosa del genere, ma in modo marginale. Una parte del mondo alternativo che gravitava su Bologna, si è rifugiata sull’Appennino tra Toscana ed Emilia creando, negli anni ’80 del riflusso, la Valle degli Elfi, una rete di ecovillaggi ancora esistente con nomi tolkeniani come Gran Burrone. Per il resto le cose stanno come le ha raccontate Hocke. «Lo sbaglio della sinistra in Italia è stato quello di non avere preso sul serio la letteratura fantastica. La destra l’ha strumentalizzata, anche se non l’ha capita bene a mio giudizio. Faccio l’esempio di Tolkien. Mordor, il regno di Sauron, tra i Monti Cenere e quelli dell’Ombra, è una rappresentazione del totalitarismo. Gli eroi, come gli hobbit, sono piccoli, rifiutano l’eroismo classico, il superomismo, si aiutano l’un l’altro, convivono con etnie diverse in nome di un’idea di compagnia e combattono un Potere oscuro volto solo alla disumanizzazione e alla sopraffazione».

Giorgia, fra Sam e Gollum – E dire che Meloni, sempre nell’autobiografia, ricorda di essersi identificata proprio con un hobbit, Sam Gamgee, l’assistente di Frodo, anche se, come lamenta, per via della capoccia grossa e degli occhi grandi e sporgenti viene associata a Gollum.

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