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La mancata controffensiva ha fatto risparmiare all’Ucraina gran parte degli armamenti: cosa dicono i dati dopo quasi due anni di guerra

In guerra nessuno si fida di nessuno e vede propaganda ovunque. Poi, però, ci sono i numeri a ridare equilibrio e ristabilire le proporzioni a quasi due anni dall’invasione russa dell’Ucraina. Raccolte di dati e analisi delle perdite come quelle fatte dal sito olandese di intelligence open source Oryx che riportano solo perdite confermate visivamente con conteggi di mezzi e sistemi d’arma distrutti o danneggiati che tutti i media internazionali citano e che hanno formato una base minima assoluta per le stime delle perdite di ucraini e russi. E questi rivelano un dato fondamentale: nonostante l’allerta tenuta sempre alta dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sulla necessità di inviare sempre più armamenti nel suo Paese, l’esercito di Kiev ha avuto, in quel settore, perdite molto inferiori a quelle che si sarebbero potute registrare con una controffensiva ben più decisa di quella alla quale si è assistito. Secondo l’osservatorio, il 90% dei Bushmaster, l’83% dei Leopard 2 sono ancora pronti all’uso, così come i sistemi delle artiglierie ricevute dagli alleati.

Come si arriva a queste conclusioni? Secondo l’ex generale David Petraeus, Oryx “tiene traccia della distruzione assolutamente confermata e verificata, ad esempio, di carri armati e veicoli da combattimento di fanteria per mezzo di fotografie e metadati in modo da assicurarsi di non contare due volte lo stesso oggetto”. Certe volte, scovano persino i numeri di matricola. Così, a leggerne i dati si ha una foto attuale della guerra.

L’analisi dei dati – Per interpretare al meglio i dati di Oryx può essere utile racchiuderli in cinque istantanee, cinque periodi diversi degli ultimi 12 mesi, scelti in modo tale da abbracciare dei cicli di eventi sul campo per capire come si sono comportate Mosca e Kiev e cercare di comprendere in che condizioni sono arrivate al gelido inverno delle steppe. Cinque date non casuali: 31 dicembre 2022 (conclusione della seconda controffensiva ucraina e dell’anno solare di guerra), 31 maggio (conclusione della fase “Wagner” della battaglia di Bakhmut), 31 luglio (fase iniziale e apicale della terza controffensiva), 30 settembre (campagne estive a Est e nel Sud), 30 novembre (Mosca all’attacco a Est e nel Sud mentre cala l’inverno). Il focus non sarà su tutti i mezzi, ma solo su alcuni, in particolare i carri armati, i veicoli corazzati da combattimento e i mezzi di combattimento di fanteria, persi in gran quantità in quanto usati in prima linea.

Tante perdite per tutti – Le perdite mensili ucraine di carri armati e mezzi corazzati sono state pesanti (44 e 24) nel 2022, per poi cadere pesantemente a circa 15 e meno di mezza dozzina nel corso del 2023, a parte il periodo tra giugno e settembre. È possibile stimare che il contrattacco sia costato a Kiev un eccesso di perdita – rispetto alla media del 2023 – di circa 90 carri e una trentina di blindati, compresi 22 Leopard 2 tedeschi. Negli stessi periodi, i russi sono andati da una perdita media mensile di 160 carri armati e 74 corazzati (quasi quattro e tre volte più degli ucraini) ad avere due curve piatte delle perdite fino all’estate del 2023 (all’incirca 80 tank e 30 blindati al mese) e una certa ripresa (90 e 45) soprattutto nella perdita di veicoli corazzati. Anche con le truppe del generale Zaluzhny all’offensiva e quindi più esposte, i russi hanno continuato a subire distruzioni superiori al doppio degli ucraini, arrivando in autunno – con i nuovi attacchi russi ad Avdiivka – con un rapporto 4,5:1 nei carri e 9:1 nei blindati.

Il T-90? Una catastrofe – Catastrofica la performance dei T-90, da molti esperti di armamenti russi e persino da alcuni occidentali ritenuti il fiore all’occhiello dei carri armati post-sovietici: contando solo quelli avvistati da Oryx, possiamo arrivare alla conclusione che, essendo stati distrutti o abbandonati 93 su 417 in servizio attivo, la Russia ha perso il 22% dei suoi tank migliori. È vero che ne ha ancora quasi 300, ma se tentasse un uso massiccio le perdite mensili potrebbero tranquillamente raddoppiare o triplicare, riducendo lo stock fino a rendere il T-90 un mezzo su cui non poter più puntare. Insomma, sono carri da non sprecare.

I veicoli da prima linea – Una storia diversa la raccontano i veicoli da combattimento della fanteria. In una guerra di posizione come quella in corso, sono il vero indicatore dell’intensità dei combattimenti e delle perdite, non solo materiali ma anche umane: la distruzione di un singolo mezzo può comportare la morte, il ferimento o la cattura di almeno sei-sette truppe, certe volte anche il doppio. Seguendo la traccia di questi mezzi si intuisce che cosa è successo durante il contrattacco di Kiev: da una perdita media mensile di 43 nel 2022, a inizio 2023 gli ucraini si sono attestati a 22, per poi subire – tra giugno e settembre – un eccesso di perdite nell’ordine di circa 140 veicoli, salvo poi stabilizzarsi di nuovo poco sotto la quota di inizio anno (16).

Lo snapshot della controffensiva abortita – Ecco, quindi, che possiamo misurare l’eccesso di perdite per fare una realistica istantanea della controffensiva lanciata a giugno seguendo tre direttrici e caduta nei campi minati costruiti in modo estensivo dal generale russo Surovikin: 90 tank, 30 blindati, ben 140 veicoli da combattimento, ma soprattutto più di 80 veicoli tattici leggeri resistenti alle mine. Va detto che secondo le immagini molti di questi ultimi – mezzi di grande qualità come i Mastiff britannici, i Bushmaster australiani e gli International M1224 MaxxPro americani – hanno fatto quasi sempre il loro lavoro alla grande, salvando la vita al personale a bordo. A ben vedere, non si tratta di perdite colossali come abbiamo spesso letto nella propaganda russa: l’equivalente di due-tre mesi di combattimento nel 2022. Invece, il comando ucraino si è trovato di fronte al dubbio se insistere in quelle condizioni – prolungando le perdite di giugno fino alla prima metà di ottobre – o se fosse più ragionevole abortire l’attacco, limitandosi a tenere una posizione tatticamente conservativa in vista di una nuova controffensiva con gli stessi uomini e mezzi, ma con più munizioni e finalmente con una forza aerea di supporto.

Le enormi perdite dell’Orso – Da parte russa, le perdite di veicoli da combattimento di fanteria e soprattutto di sistemi di difesa terra-aria raccontano – anche loro – una storia interessante: dopo un 2022 con perdite davvero enormi – 188 mezzi su base mensile -, gran parte del 2023 si era caratterizzata per una curva piatta dei veicoli annientati – tra 100 e 110 -, salvo poi risalire tra 125 e 130 non appena la Russia è tornata all’attacco. In pratica, il riaccendersi delle battaglie a Vulhedar e Avdiivka ha portato con sé un eccesso di perdite – rispetto ai due mesi precedenti – di 40 carri armati, 40 mezzi corazzati e 30 veicoli da combattimento di fanteria. A conti fatti, sono passati nel rapporto delle perdite russi-ucraini da 4,5:1 nel 2022 e nella primavera 2023 a 2:1 nel periodo estivo e poi peggio di prima: 7:1 in autunno.

Che ci dicono, in conclusione, le cifre? Kiev ha risparmiato la gran parte degli equipaggiamenti ricevuti, avendo avuto la buona idea di non puntare a liberare Melitopol, Mariupol e Bakhmut a ogni costo: per fare degli esempi, il 90% dei Bushmaster, l’83% dei Leopard 2 e quasi tutti i migliori tank anglosassoni sono ancora pronti all’uso, così come la massima parte dei sistemi di lancio multiplo di razzi e missili e delle artiglierie ricevute dagli alleati. Onyx non ha trovato traccia di HIMARS colpiti dai russi. Viceversa, ci sono segnali di un aumento degli attacchi contro i sistemi di difesa terra-aria delle truppe di Mosca: nella seconda metà del 2023 sono più che triplicati, con un totale di 53 distrutti in sei mesi. La guerra a questo punto dipende dall’incrocio di due fattori: l’arrivo di munizioni per le artiglierie e di aerei per gli ucraini e la capacità del sistema militare-industriale russo di produrre nuovi mezzi, non potendo solo contare sull’import da altri Paesi.

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