L’arresto cardiaco che sabato pomeriggio ha fatto crollare sul campo il difensore gallese Tom Lockyer, capitano del Luton, al 59’ del match giocato in casa del Bournemouth – la gara è stata sospesa – ha fatto rivivere le paure dei malori accusati il 12 giugno 2021 dal danese Christian Eriksen in pieno campionato europeo e dal centrocampista congolese Fabrice Muamba il 17 marzo 2012 in Tottenham-Bolton di FA Cup, ma stavolta il recupero è stato più veloce e dopo i soccorsi immediati, c’è stato il rapido ricovero in ospedale, con un bollettino subito confortante. E’ andata bene anche stavolta, grazie all’intervento tempestivo dei medici delle due squadre, sollecitati a gran voce dall’allenatore del Luton, Rob Hatters, il primo ad accorgersi del crollo di Lockyer e anche il primo a entrare in campo per soccorrere il giocatore. Ma dopo questo caso il calcio inglese dovrebbe fare una profonda riflessione sui suoi protocolli: non c’è troppa leggerezza nel dare via libera a chi ha avuto problemi cardiaci?
Lockyer aveva infatti avuto un altro arresto cardiaco lo scorso maggio, a Wembley, nella finale playoff di Championship vinta dal Luton contro il Coventry. Al difensore gallese fu riscontrato un problema di fibrillazione atriale. Dopo l’intervento chirurgico di giugno, a Lockyer fu concesso di riprendere l’attività. L’episodio di Bournemouth ha riaperto la pratica sanitaria di Lockyer e a questo punto riesce difficile immaginare un secondo ritorno in campo del gallese. In attesa degli esami clinici ai quali sarà sottoposto in queste ore il capitano del Luton, il calcio made in England dovrà fare un esame di coscienza e ripensare alle sue norme.
Eriksen, dopo l’operazione e il lungo recupero, è stato costretto a lasciare l’Inter per tornare a giocare. Il danese è rientrato in campo con la maglia del Brentford il 26 febbraio 2022, nella gara contro il Newcastle. Dall’estate 2022, è un tesserato del Manchester United. Il via libera inglese vale anche per la nazionale: Eriksen ha ripreso l’attività con la Danimarca, partecipando al mondiale in Qatar e alle qualificazioni dell’europeo 2024. In Italia, in casi come quello dell’ex giocatore dell’Inter e di Lockyer il nullaosta per la ripresa dell’attività non viene concesso. Le nostre norme sono più severe. In Inghilterra invece è possibile, ma dopo lo spavento di sabato è auspicabile un giro di vite in materia di sicurezza. Prima o poi ci scapperà il morto. Vale la pena rischiare? E, soprattutto, è corretto mettere a repentaglio la vita di una persona?
In Inghilterra c’è una cultura profondamente diversa rispetto a quella italiana. Lo abbiamo visto con la gestione del Covid da parte del governo di Boris Johnson: mentre l’Italia chiudeva, seppure con qualche giorno di ritardo nel profondo Nord, a Londra si parlava con disinvoltura di “immunità di gregge”. Il Regno Unito proclamò il lockdown solo quando la situazione stava precipitando e i numeri dei morti erano spaventosi. Pochi giorni fa, nel tribunale in cui Boris Johnson è stato inchiodato per oltre cinque ore dai giudici che si stanno occupando della gestione della pandemia da parte del governo britannico in carica nel 2020, l’ex premier ha chiesto scusa ai parenti delle vittime, ammettendo che allora furono commessi errori pesanti, privilegiando la protezione dell’economia rispetto a quella della salute dei cittadini. In Inghilterra è tutto più semplificato. In Italia, ad esempio, per partecipare alle corse su strada è necessario rispettare una serie di protocolli, validi per tesserati e non tesserati. In Inghilterra nessun problema: ti iscrivi alle corse e vai.
Nel calcio, dopo l’infarto di Fabrice Muamba – oggi giornalista e tra i primi a postare ieri sui social un messaggio di auguri a Lockyer , c’è stato un giro di vite nelle visite mediche di inizio stagione. E’ migliorato anche il servizio di emergenza negli stadi: l’ex giocatore del Bolton fu salvato dall’intervento decisivo di un medico presente alla partita come spettatore. Muamba sopravvisse dopo 79 minuti di arresto cardiaco: un miracolo. Roberto Mancini confessò in quei giorni le sue perplessità sulla qualità delle strutture mediche nel calcio inglese. Uno dei suoi fisioterapisti, per dire, aveva ustionato la gamba di Sergio Aguero con il gelo spray. Dopo il caso Muamba, la situazione è migliorata, ma resta il problema, fondamentale, dei protocolli per il via libera all’attività: dopo il dramma sfiorato in Bournemouth-Luton cambierà qualcosa in Inghilterra?