Ritardi nella diagnosi, scarso coordinamento tra medico di famiglia e specialisti, liste d’attesa. E poi i costi: per le cure domiciliari, per la riabilitazione, per protesi e ortesi. È questo il “labirinto della cura” che devono affrontare quotidianamente i 22 milioni di italiani affetti da malattie croniche – 8,8 milioni con una forma grave – e i 2 milioni con una malattia rara. Una carenza che può diventare abbandono. A causa dei lunghi tempi di attesa e della mancata copertura da parte del servizio sanitario di alcune prestazioni, i cittadini sono costretti a sostenere spese private: il 67,8% lo fa per visite specialistiche. Senza dimenticare i diritti negati ai caregiver, i familiari che assistono le persone con malattia cronica. In Italia ci sono circa 8,5 milioni di caregiver; figura per la quale non esiste nessun riconoscimento normativo a livello nazionale (fanno eccezione Emilia Romagna, Lazio e Lombardia). Vite dimenticate dallo Stato: il 56,5% di loro ha dovuto abbandonare, temporaneamente o in maniera definitiva, gli studi o il lavoro.

“Nel labirinto della cura” – Sono i principali dati che emergono dal XXI Rapporto di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità, chiamato appunto “Nel labirinto della cura” e presentato oggi a Roma. Le difficoltà, per i pazienti, cominciano già dalla diagnosi, che spesso richiede molto tempo. Tra le cause, per il 76,3% del campione, c’è la scarsa conoscenza della patologia da parte del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta; per il 62,9% la sottovalutazione dei sintomi; per il 43,3% la mancanza di personale specializzato sul territorio. L’odissea prosegue con la presa in carico del paziente: il rapporto denuncia principalmente lo scarso coordinamento fra l’assistenza primaria e quella specialistica (segnalato dal 62,9% degli intervistati) e la mancata continuità assistenziale (53,6%).

Carenze e disuguaglianze – Altro snodo critico è quello delle cure a domicilio: quasi un paziente su due lamenta un numero di giorni o ore di assistenza erogati inadeguato, mentre un terzo di loro segnala la carenza di figure specialistiche e di assistenza, in particolare di tipo sociale (aiuto nella preparazione dei pasti, vestirsi, gestione delle pratiche burocratiche, ecc.). Altre criticità emergono anche nella riabilitazione ambulatoriale e nella richiesta di protesi o altri ausili, per i quali i tempi di autorizzazione spesso diventano biblici. Senza dimenticare le disuguaglianze sui territori, dovute – spiega Cittadinanzattiva – alla “difforme o mancata applicazione sui territori del Piano nazionale della cronicità, da una parte, e dei diversi Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA)”. L’effetto è una disuguaglianza anche dal punto vista sociale: il 34,6% dei pazienti intervistati segnala difficoltà nello svolgere o continuare a lavorare a causa della propria patologia, il 30,4% disagio nel comunicare agli altri la patologia e le sue implicazioni, il 29,6% problemi economici, il 28,3% mancanza di un supporto psicologico.

La necessità di rivolgersi ai privati – Le spese, quindi i problemi economici, sono un altro punto estremamente critico. Infatti, a causa dei lunghi tempi di attesa e della mancata copertura da parte del servizio sanitario di alcune prestazioni, i cittadini sono costretti a sostenere spese private: il 67,8% lo fa per visite specialistiche effettuate in regime privato o in intramoenia; il 60,9% per l’acquisto di parafarmaci (per esempio per integratori alimentari, dermocosmetici pomate); il 55,4% per esami diagnostici; il 46,7% per la cosiddetta prevenzione terziaria (diete, attività fisica, dispositivi); il 44,6% per l’acquisto di farmaci necessari e non rimborsati dal servizio sanitario. Secondo il rapporto, il 76% dei pazienti con malattia cronica e rara si confronta con le liste d’attesa al momento della prenotazione delle prime visite specialistiche; il 68,7% quando ha a che fare con gli esami diagnostici; il 62,4% con le visite di controllo e il follow-up; il 60% con il riconoscimento invalidità civile e/o accompagnamento; il 51% con il riconoscimento handicap; il 48,8% per l’accesso alla riabilitazione; il 44,4% con gli screening istituzionali (cioè quelli per la diagnosi precoce dei tumori della cervice uterina, della mammella, e del colon retto).

Le vite dimenticate dei caregiver – I problemi economici diventano familiari. Per la mancanza di supporto pubblico, il 56,5% dei caregiver che assiste persone con malattia cronica ha dovuto abbandonare, temporaneamente o in maniera definitiva, gli studi o il lavoro. Secondo il rapporto di Cittadinanzattiva, che ha raccolto 170 storie rappresentative della popolazione dei caregiver italiani, il 71,8% sono donne, con età compresa tra i 51 e i 65 anni. Il 57% risulta occupato e si prende cura nell’80% dei casi di un genitore. Nel 42,4% il malato è affatto da una malattia cronica. Per più di uno su tre l’impegno di cura del familiare è di più di 20 ore settimanali. Spesso anche la durata nel tempo è molto estesa: il 29,4% è un caregiver da 1 a 4 anni, il 26,5% da 5 a 10 anni. Gli ambiti in cui incontrano maggiori difficoltà nell’assistenza ai familiari sono la cura della sfera emotiva (62,4%) la gestione degli aspetti burocratici, amministrativi e finanziari (52,9%). Secondo la rilevazione, i caregiver chiedono il riconoscimento della loro figura (61,2%), l’affiancamento di operatori esperti (40,6%), un supporto psicologico (40%).

“A pazienti e famiglie serve linearità” – “È necessario riconoscere quanto prima il ruolo fondamentale che queste persone svolgono”, si legge nel rapporto. “Il caregiver è una persona con i propri diritti e la propria dignità, è necessario quindi realizzare intorno a questa figura un supporto adeguato e una condivisione di intenti per permettere di dedicarsi anche a sé stesso, alla propria vita privata e lavorativa, ma, soprattutto, deve essere lasciata la libertà di scegliere di essere caregiver e non un presupposto forzato e inevitabile“. Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, commenta così il rapporto: “Il labirinto è la rappresentazione opposta rispetto alla linearità del percorso di cura che dovrebbe essere assicurato ai pazienti e alle loro famiglie. Occorre mettere a frutto tutte le risorse per disegnare un servizio sanitario che sia vicino alle persone, che sappia coniugare i bisogni sociali e quelli sanitari, e che lo faccia partendo dalle esigenze dei cittadini e dei territori”. Il rapporto è stato realizzato a partire dalle interviste a 97 associazioni aderenti al Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici e rari (CnAMC) di Cittadinanzattiva e a 3.552 pazienti con patologia cronica e rara, familiari e loro caregiver.

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