L’unica certezza è che il governo sta cercando in tutti i modi di trovare una soluzione italiana per la pista da bob, skeleton e slittino, in vista delle ormai sempre più vicine Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Ma non è detto che ce la faccia ad evitare una figuraccia mondiale. Infatti, per quanto riguarda soluzioni tecniche, progetti, voci di spesa e fattibilità nei tempi previsti, siamo nella confusione più totale. L’attesissimo incontro del consiglio di amministrazione di Fondazione Milano-Cortina non ha portato risultati pratici, anche se avrebbe dovuto sciogliere l’arcano. Il ministro allo sport Andrea Abodi ha dichiarato: “C’è bisogno di qualche giorno in più per gli approfondimenti tecnici. Credo che ci sarà modo nei prossimi giorni, per arrivare a una determinazione di carattere tecnico e mettere la Fondazione entro la fine dell’anno, al più tardi i primi giorni del 2024, di decidere con la priorità confermata di scegliere un’opzione italiana”.
Il progetto “light” riguardante la pista di Cortina è arrivato a Milano la sera del 18 dicembre, quello di Cesana Pariol, solo a riunione finita. Per questo si slitta già al prossimo anno: il famoso piano promesso dal ministro Matteo Salvini il 5 dicembre (“Lo avrete entro una settimana”) ha richiesto più tempo del previsto. Si sa solo che vuole fare la pista in Veneto, ha assicurato di rispettare il budget di spesa (in totale circa 120 milioni di euro, di cui 82 milioni per i lavori veri e propri), ha annunciato che verranno ridotte alcune parti (parcheggi e il memorial Eugenio Monti). La grande incognita però restano i tempi e il nuovo rallentamento aggrava la situazione.
Il Comitato Olimpico Internazionale vorrebbe, da regole consolidate, l’opera pronta per fine novembre 2024 (meno di un anno), così da consentire l’omologazione e i test di gara anticipati tra febbraio e marzo 2025. All’inizio delle competizioni (febbraio 2026) mancano 779 giorni. Società Infrastrutture Milano Cortina (Simico) ha individuato in 825 giorni il cronoprogramma totale. C’è già un ritardo di due mesi. Per i soli lavori della pista e dell’impianto di refrigerazione, invece, di giorni ne basterebbero 435; ma per arrivare al primo dicembre 2024 (pre-omologazione) ce ne sono solo 347. Un ritardo di quasi 100 giorni, incolmabile se si considera che l’appalto non è ancora stato bandito, un costruttore ancora non c’è e i cantieri non sono stati aperti.
L’unica possibilità per Salvini è di ridurre drasticamente i tempi, ottenendo dal Cio una deroga di quasi un anno, per fare l’omologazione nella primavera 2025 e il collaudo nell’autunno successivo. A quel punto mancherebbero pochi mesi ai Giochi e sarebbe impossibile effettuare eventuali modifiche che si rendessero necessarie in corso d’opera. Lo scenario peggiore, per Cortina, sarebbe quello di veder partire i lavori, senza vederne la conclusione in tempo, costringendo il Cio a ricorrere alla pista con ghiaccio naturale di Sankt Moritz in Svizzera. La pista di Cortina resterebbe un cantiere aperto, l’Italia perderebbe ancor più la faccia e nessuno avrebbe poi interesse ad ultimare l’impianto, visto che le Olimpiadi sarebbero trascorse.
Fondazione Milano-Cortina non ha ancora ricevuto i documenti definitivi neppure dell’altra ipotesi italiana in ballo, il recupero dell’impianto di Cesana Pariol, usato per le Olimpiadi del 2006 e chiuso dopo pochi anni perché era troppo costoso. Se Cortina porta l’etichetta della Lega (Salvini-Zaia), Cesana ha acceso gli entusiasmi di Forza Italia, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il governatore piemontese Alberto Cirio.
“CORTINA DUE”, I DUBBI DI ZAIA – Il nuovo progetto punta a ridurre i costi del 15-20 per cento, così da rendere l’appalto (che va comunque rifatto) più appetibile per le aziende. Sono almeno sei le fonti di spesa: niente parcheggi alla partenza e all’arrivo, niente zona ristoro, via una parte interrata e finiture delle strade interne più economiche. La struttura non cambia e neanche l’impianto di refrigerazione. Servirà un nuovo appalto. Il governatore Luca Zaia convive però con i dubbi: “Resteremo in attesa, perché bisognerà trovare un’impresa disposta a fare i lavori. Alla fine è il mercato a decidere, speriamo che l’asta non vada deserta. Il Cio deve comunque avere un ‘piano B’, ma se il governa assicurerà che la pista sarà pronta, sarà difficile per il Cio dire che le gare non si faranno a Cortina”.
OPPOSIZIONI ALL’ATTACCO, IL PD NO – Di fronte a questo balletto della politica e della tecnica, sono scese in campo le opposizioni che due mesi fa hanno ottenuto con voto unanime della Camera di valutare alternative alla pista di Cortina. Alleanza Verdi Sinistra e Movimento Cinquestelle hanno scritto a Thomas Bach, presidente del Cio. Ricostruiscono la brutta storia del Cortina Sliding Centre che non ha trovato nessuno disposto a realizzarlo e che comporterebbe l’abbattimento di 500 larici secolari. Definiscono fuori tempo massimo entrambe le due proposte italiane ancora allo studio e chiedono al Cio di scegliere fin da ora una soluzione estera, “eventualmente ricorrendo al commissariamento del comitato organizzatore italiano”. Sono gli stessi concetti condivisi da Italia Nostra e da altri gruppi di ambientalisti che hanno scritto a Bach.
A sorpresa il Partito Democratico si è defilato, non firmando la richiesta di AVS e M5S. “Non condividiamo il riferimento al commissariamento – spiega il senatore Andrea Martella, segretario veneto del partito – Inoltre non siamo noi che dobbiamo togliere le castagne dal fuoco al governo dicendo che si scelga una pista all’estero. Devono assumersi le loro responsabilità e noi vogliamo vedere i documenti, fare verifiche anche sull’ipotesi piemontese”. E Cortina? “Abbiamo già espresso la nostra contrarietà e chiesto l’audizione dei ministri”.