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Serbia, il dopo voto e l’equilibrismo di Vucic tra Ue e Russia. L’esperto: “Molto dipenderà dalla formazione del nuovo governo”

Le elezioni parlamentari anticipate in Serbia si sono concluse con la netta affermazione della coalizione guidata dal Partito Progressista Serbo (SNS) che potrà ora contare sulla maggioranza assoluta dei seggi nell’Assemblea Legislativa. La vittoria dell’SNS rinforza il Capo di Stato Aleksandar Vucic, che è membro del partito e che potrà determinare, senza particolari ostacoli, il corso della politica interna ed estera di Belgrado. Il Presidente serbo domina la scena politica della nazione balcanica da quasi dieci anni ed ha mantenuto buoni rapporti sia con l’Unione Europea che con la Russia. Belgrado è legata a Mosca da un’amicizia plurisecolare, rinforzata dai comuni legami linguistici, culturali e religiosi ma negli ultimi tempi ha manifestato l’intenzione di aderire all’Unione Europea, principale partner economico della nazione balcanica.

La Serbia, che non ha aderito alle sanzioni comunitarie imposte contro Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina, si muove come un equilibrista per non scontentare nessuno dei due partner ma in futuro le cose potrebbero cambiare. Giorgio Fruscione, analista dell’ISPI ed esperto delle dinamiche balcaniche, ha spiegato al fattoquotidiano.it che la politica estera serba “ dipenderà dalla formazione del prossimo esecutivo” ed in particolare “dall’inclusione del Partito Socialista, che ha fatto parte dei sei governi che si sono succeduti nel corso degli ultimi undici anni”. Si tratta “di un dato importante perché i Socialisti sono i custodi dell’alleanza strategica con la Russia” e “l’Unione Europea potrebbe mostrare apprezzamento per un’esclusione di questo movimento e giudicarlo un avvicinamento nei propri confronti”. La coalizione dell’SNS avrebbe i numeri per poter governare da sola ma non si può escludere che vengano inclusi altri partiti nell’esecutivo per rafforzarne le basi e garantirne una maggiore tenuta.

“I rapporti tra Serbia ed Unione Europea” spiega l’analista “ dipendono anche dalle azioni che intraprenderà Belgrado sui dossier più importanti, nello specifico quello del Kosovo”. Fruscione si dice convinto che “queste elezioni consentiranno a Belgrado di temporeggiare” perché “la nomina dei nuovi ministri non sarà immediata” ed “in questo arco temporale verrà congelata la normalizzazione dei rapporti con il Kosovo (prerequisito per l’ingresso di Belgrado nell’Unione Europea) e l’applicazione degli Accordi di Ohrid”. Fruscione ha inoltre chiarito come “le elezioni europee e quelle americane potrebbero determinare un congelamento del dossier kosovaro per tutto il 2024 e tutto ciò darebbe maggiore spazio alle manipolazioni di Vucic”. L’analista ha evidenziato come “non ci saranno comunque deviazioni nel processo di integrazione tra Serbia ed Unione Europea” ed “i rapporti con Mosca verranno preservati fintanto che il dossier del Kosovo non verrà chiuso in un modo o nell’altro”.

Sullo sfondo del triangolo tra Mosca, Bruxelles e Belgrado c’è, poi, un quarto elemento che non deve essere trascurato. Si tratta della Cina che, secondo Fruscione, “continuerà a crescere come presenza economica sia in Serbia che nella regione balcanica” e questa è una cattiva notizia per l’Unione Europea “perché la crescita dei progetti cinesi in Serbia allontanano Belgrado dagli standard europei in materia di tutela ambientale e diritti dei lavoratori”. Questi progetti, chiarisce Fruscione, “portano spesso a consistenti indebitamenti da parte dei Paesi legati a Pechino” mentre “la Cina potrebbe trasformare la Serbia in una sorta di laboratorio per sperimentare dei progetti volti alla penetrazione del mercato europeo”. Il ruolo giocato da Pechino nell’area balcanica non è, dunque, trascurabile e la consistente disponibilità economica cinese, slegata da rivalità regionali ed inimicizie tra Mosca e Bruxelles, può rivelarsi particolarmente persuasiva.