Un weekend a Bologna, tra luminarie scintillanti di fresco e il grande albero di Natale appena innalzato a Piazza Maggiore. Le tappe di me e Mariangela sotto le due Torri sono quasi sempre le stesse, ma ogni volta si rinnovano di senso: l’osteria del Sole, un paio di belle mostre, sciamare su e giù per i portici, perdersi nell’emisfero universitario, un piatto di tortellini in brodo cucinati a regola d’arte, un concerto di spessore. L’ultima usanza, stavolta, è rimasta però lettera morta: ci era andata decisamente meglio nelle occasioni precedenti, dagli Explosions in the Sky ai Kings of Convenience.

Sorvolando su quella volta che corremmo a piedi a perdifiato per chilometri dopo avere sbagliato location per riuscire alla fine a vederci soltanto l’unico bis, beffardo, di Cat Power. Ma tant’è. E pure Charlyn Marie Marshall da Atlanta ci aveva messo del suo, troncando il suo live dopo poco più di un’ora. Ma rimediamo tornando bambini. Ammesso che non lo fossimo più stati. In fondo sta per arrivare Santa Claus.

E allora ce ne andiamo da FICO, il villaggio consacrato alla narrazione e commercializzazione di un patrimonio enogastronomico, il nostro, invidiatoci in tutto il mondo. Un’enorme struttura nella zona fieristica bolognese, dove si officia il culto della straordinaria varietà e qualità della dieta mediterranea. Versante Made in Italy, nelle sue mille declinazioni regionali: vi si svolgerà anche un veglione di Capodanno. Al suo interno ha aperto i battenti il più grande parco tematico sul Natale, il Christmas Village, che accompagnerà i bambini e i loro genitori (e viceversa) fino al 7 gennaio.

L’impatto è altamente scenografico. Un po’ la summa di tutto quanto si possa desiderare in fatto di attrazioni e sculture luminose, tra evergreen e aperture alla realtà aumentata (come il “viaggio in slitta virtuale” con tanto di simulacri di renne e volo magico transoceanico per la consegna delle strenne). Migliaia di metri quadrati tra esterni e interni, spettacoli senza sosta nell’arena dedicata (musical, maghi, canti gospel, numeri circensi), venti performer professionisti disseminati qua e là.

Noi abbiamo provato, in ordine sparso e benché sprovvisti di prole: il “polar express”, un trenino su rotaia diretto al Polo Nord, nella casa di Babbo Natale diciamo così (a proposito, finalmente l’ho conosciuto il Bianco-Barbuto in rosso, e lui m’ha risposto con uno spiccato accento romagnolo), lo “zoo di luci” (a grandezza naturale) e il “mondo sottomarino”. Facevano e fanno poi bella mostra di sé la “pista del ghiaccio in musica”, il “Natale in favola” (installazioni sulle favole più celebri, da “Alice nel Paese delle Meraviglie” a “Cenerentola”), il “mercatino di Natale” (decorazioni natalizie e dolci del periodo). E il “Secret Santa”, il castello del Babbo internazionale più amato, dove si dovrebbero decriptare i misteri della costruzione dei regali da smistare nella fatidica notte del 24 dicembre. Incontrando vari elfi d’ordinanza, sebbene non Lillo.

Del resto il progetto del Christmas Village porta la firma di un gruppo che da anni opera in Europa imbastendo eventi e allestimenti spettacolari: da quelli concepiti per i più importanti centri commerciali di Londra e Berlino, Vienna e Parigi, al palinsesto off dei mondiali di calcio a Doha. Poi ce ne torniamo in Piazza Grande, quella di Lucio Dalla, quella old style, nonostante il freddo sferzante. Sorbole.

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