Il 71enne Paolo Randaccio è stato condannato a 12 anni di reclusione e tre anni di libertà vigilata per aver ucciso la moglie, Angelica Salis. L’omicidio della donna 60enne è avvenuto il 9 settembre 2021 nella loro abitazione di Quartucciu (Cagliari) dopo una lite violenta. L’uomo, pensionato, rischiava l’ergastolo ma la Corte d’Assise di Cagliari ha tenuto conto, dopo una sentenza della Consulta, delle attenuanti generiche e di quella della provocazione. La vittima, secondo quanto emerso nel corso del processo, soffriva di disturbi psichiatrici e avrebbe avuto “comportamenti aggressivi” nei confronti del marito. La sera prima l’omicidio, la donna era scappata in un bar e, stando alle testimonianze, aveva chiesto aiuto. Randaccio, reo confesso, ha già trascorso due anni e tre mesi di reclusione, ora si trova ai domiciliari.

Sia il pm Nicola Giua Marassi che i legali dell’uomo, Andrea Nanni e Luca Pennisi, avevano sollevato il dubbio che il divieto assoluto di diminuire la pena in presenza di circostanze attenuanti – introdotto nel 2019 dal Codice Rosso – senza dare ai giudici la possibilità di valutare caso per caso, fosse incostituzionale. In ottobre la Consulta ha dato loro ragione cassando quella disposizione sulla quale era stata sollevata una questione da due ordinanze della Corte d’assise d’appello di Torino e appunto dalla Corte d’assise di Cagliari. Il caso di Torino è quello di Alex Pompa che, allora 18enne, nel 2020 a Collegno uccise a coltellate il padre, Giuseppe, per difendere la madre nel corso dell’ennesima lite in famiglia. Il 21enne, che rischiava anche lui una pena più severa, è stato condannato a 6 anni, 2 mesi e venti giorni di reclusione per effetto di quella sentenza della Corte Costituzionale. I due processi sono già diventati casi di scuola giuridica.

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