Il voto al Consiglio di sicurezza dell’Onu su un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza slitterà ancora. A chiedere un nuovo rinvio, il secondo in una settimana, sono stati gli Stati Uniti, per evitare di porre di nuovo il veto. La risoluzione è stata presentata dagli Emirati Arabi Uniti: l’inviata di Abu Dhabi, Lana Nusseibeh, si è detta aperta a negoziati dell’ultim’ora per trovare un compromesso finalizzato alla consegna di aiuti alla popolazione della Striscia di Gaza. Le distanze restano significative tanto che un diplomatico delle Nazioni Unite ha detto che per evitare il veto degli Usa al momento “ci vorrebbe un miracolo”. Sarebbe il terzo veto di Washington sul conflitto in Medio Oriente dall’attacco di Hamas del 7 ottobre e l’assedio di Israele nella Striscia.
Nella bozza finale della risoluzione si chiedono tra le altre cose “pause e corridoi umanitari urgenti ed estesi”, il rilascio immediato di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas, che le parti in conflitto rispettino gli “obblighi verso il diritto internazionale, in materia di protezione dei civili”, che le parti si astengano “dal privare la popolazione civile dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria indispensabili alla loro sopravvivenza”. Il testo ribadisce anche la richiesta di una “soluzione a due Stati, con la Striscia di Gaza come parte di uno Stato palestinese”.
Da settimane Washington si dichiara contraria ad un cessate il fuoco ma favorevole a tregue umanitarie che permettano di far entrare gli aiuti a Gaza. Il segretario di Stato Antony Blinken, durante la conferenza stampa di fine anno, ha detto che gli Usa sostengono fin dall’inizio qualsiasi iniziativa di facilitare gli aiuti umanitari, sono concentrati a “portare il conflitto” a Gaza “alla fine il prima possibile” e a “riportare gli ostaggi a casa”. Blinken si è augurato che possa essere raggiunto un risultato soddisfacente. “Continuiamo a lavorare in modo esteso e costruttivo con numerosi Paesi per cercare di risolvere alcuni dei nodi della risoluzione”, afferma Blinken spiegando che gli Stati Uniti sostengono l’idea di fondo della risoluzione di portare maggiori aiuti a Gaza. “Continuiamo a lavorare su questo ogni giorno – ha detto il capo della diplomazia americana – assicurandoci che quando l’assistenza entra a Gaza sia distribuita in modo sicuro. Siamo in prima linea in questi sforzi e vogliamo assicurarci che la risoluzione porti avanti questi sforzi e non faccia nulla per danneggiare la consegna dell’assistenza umanitaria”.
Parlano i diplomatici ma continuano a parlare anche le armi e lo faranno ancora, a giudicare dalle parole del premier israeliano Benyamin Netanyahu che ha ribadito per l’ennesima volta che la guerra continuerà solo quando Hamas sarà eliminato. Da parte sua l’esercito di Tel Aviv ha annunciato di aver assunto un importante “quartier generale” nel centro di Gaza, nel quale operava la leadership amministrativa e militare di Hamas: all’interno si trovano “nascondigli, uffici, appartamenti”. Tra coloro che avrebbero frequentato l’edificio (sotto al quale si trova anche un’estesa rete di tunnel) anche i leader Ismail Haniyeh, Yihia Sinwar e Muhammed Deif, il comandante militare. Il cosiddetto “Quartiere Elite” di Hamas – secondo la televisione di stato israeliana Kan – è il complesso dove Sinwar e Deif hanno messo a punto i progetti di attacco del 7 ottobre. Questo quartier generale è circondato da negozi, uffici governativi, palazzi residenziali ed una scuola per bambini non udenti.
Intanto per la prima volta durante la guerra – ed esclusi i giorni di tregua passata – per 24 ore fino alla serata di mercoledì non sono arrivati da Gaza razzi su Israele. Lo hanno riferito i media ricordando che l’ultimo allarme è stato ieri nel primo pomeriggio. Nel frattempo le autorità di Hamas nella Striscia di Gaza hanno affermato che almeno 20mila persone sono state uccise nel territorio palestinese dall’inizio della guerra con Israele, lo scorso 7 ottobre. Circa 8mila di loro erano bambini e 6.200 donne.
In serata il Wall Street Journal ha riportato la notizia secondo cui Hamas ha rifiutato una proposta di tregua avanzata da Israele e non accetterà un accordo finché la pausa dei combattimenti non sarà effettiva. Secondo quanto riferito al quotidiano statunitensi da fonti dell’intelligence egiziana l’offerta israeliana prevedeva una settimana di tregua in cambio di 40 ostaggi.