La Tamoil, ex raffineria alle porte di Cremona lungo l’argine del Po, continua ad inquinare. Lo dicono i dati presentati dalla Canottieri Leonida Bissolati, gloriosa società sportiva che da oltre cent’anni forma atleti di canottaggio, nuoto e pallanuoto e che ha la sorte di avere la sede proprio a fianco dell’insediamento industriale che fino ad una decina di anni fa ha raffinato il greggio e ora è stato riconvertito a deposito. I dati in mano alla Bissolati riguardano prelievi nel terreno effettuati negli ultimi due mesi. E il risultato è che il surnatante, ossia la parte di idrocarburo che non si mescola con l’acqua, c’è ancora ed è recente. “Questo è grave – sottolinea Maurizio Segalini, presidente del club sportivo – perché va contro tutte le teorie di Tamoil e delle istituzioni cittadine che affermano che stanno rimuovendo l’inquinamento provocato dal 2007 al 2011”. Ciò significa, continua il dirigente della Bissolati, che ancora oggi “la barriera idraulica tanto sbandierata da tutti non salvaguarda assolutamente il terreno esterno a Tamoil e tutti lo devono sapere. È un nuovo inquinamento e un nuovo disastro ambientale. Sversare idrocarburi nel fiume Po dovrebbe riguardare gli enti, la città, i Comuni confinanti e tutta l’asta del Grande fiume”.

Più nel dettaglio, come spiega il geologo Gianni Porto, ancora quest’anno si rileva “abbondante presenza di surnatante in galleggiamento sopra la falda. Le acque di falda inoltre sono diffusamente inquinate con livelli ben superiori ai limiti di legge”. Bissolati ha installato tre piezometri: rispetto alla soglia di legge di idrocarburi totali di 350 microgrammi al litro, nel primo piezometro si è raggiunto il valore di 16.650, nel secondo di 6.000.000, nel terzo di 295.000. Il geologo dice che è un fenomeno spiegabile con “nuovi apporti dall’area Tamoil”. “Abbiamo campionato un pozzo sequestrato nel 2007 per inquinamento – spiega – e ha rivelato concentrazioni simili o maggiori di 16 anni fa”. Tradotto, aggiunge Legambiente Cremona, “significa che la barriera idraulica non funziona e che l’inquinamento non si è mai fermato. Sosteniamo che il disastro ambientale non è solo problema della Bissolati ma riguarda tutta la città. È necessario intraprendere azioni che blocchino definitivamente l’inquinamento nelle aree esterne all’ex raffineria perché non è più possibile rimandarne la bonifica”.

Questi nuovi dati sulla persistente presenza di sostanze inquinanti, dice ancora Segalini, verranno portati presto all’attenzione della magistratura. Una storia che si ripete: la vicenda dell’inquinamento delle aree di Cremona intorno allo stabilimento della ex raffineria affonda le sue radici in anni e anni di battaglie della cittadinanza, anche giudiziarie. Gli ultimi capitoli si sono esauriti da poco. Nel 2018 si è concluso il processo penale: la Cassazione aveva confermato la sentenza della Corte d’appello che aveva riconosciuto responsabilità per il solo amministratore delegato della Tamoil, Enrico Gilberti, condannato a 3 anni per disastro ambientale colposo aggravato (tutti gli altri imputati erano stati assolti). A giugno la procura di Cremona ha chiesto l’archiviazione di due esposti che sostenevano come Tamoil continuasse a inquinare le aree esterne alla ex raffineria. Uno l’aveva presentato Legambiente, l’altro (un anno fa) Gino Ruggeri, esponente del partito radicale che nel processo di primo grado si era anche costituito parte civile. “Siamo in attesa che il giudice si pronunci sulla richiesta di archiviazione. Archiviazione alla quale ovviamente ci siamo opposti”.

E poi c’è la causa civile intentata dal Comune di Cremona contro Tamoil per vedersi riconosciuto il risarcimento per il disastro ambientale avvenuto con l’inquinamento di terreni e falde. E’ finita pochi giorni fa con un accordo tra le parti, Tamoil e Comune, per una transazione-risarcimento di 1 milione e 400mila euro ai quali si aggiunge il milione già ottenuto dall’amministrazione comunale a titolo di provvisionale nel processo penale. Il Comune aveva chiesto 40 milioni. E si accontenta di meno di 2,5 milioni? “I 2,4 milioni rappresentano la proposta conciliativa avanzata dal giudice”, commenta il sindaco di Cremona Gianluca Galimberti. Una proposta che in verità poteva anche essere rifiutata, ma così non è stato avendo ottenuto il favore di entrambe le parti in causa. Galimberti, su facebook, aggiunge: “Si tratta di un riconoscimento importante per il danno subito dalla città e conferma la bontà della scelta dell’amministrazione di costituirsi parte civile. Useremo questi soldi per migliorare la qualità ambientale della città piantando alberi e investendo nel fotovoltaico”. Di diverso avviso la minoranza in consiglio comunale che per bocca del consigliere di Forza Italia Carlo Malvezzi sostiene di trovare “del tutto incomprensibili i toni trionfalistici che accompagnano l’esito della transazione della causa civile sui danni provocati dal Tamoil. Quando si è di fronte ad un risarcimento che è inferiore al 10% della somma richiesta originariamente, i casi sono due: o la stima dei danni richiesti è frutto di una valutazione superficiale e slegata ad elementi effettivi, oppure si è di fronte ad un clamoroso flop che l’amministrazione vuole coprire con la sua propaganda. Noi crediamo che in ogni caso si tratti di una sconfitta per la città”. Tamoil si era costituita in giudizio definendo il disastro ambientale “contenuto” e negando che ci fosse stato un danno di immagine per la città. Ora, attraverso il responsabile dell’impianto Enrico Garavaglia – contattato dal fattoquotidiano.it – dichiara che a seguito della transazione in sede civile ora “può riprendere il percorso per la realizzazione dei progetti di reindustrializzazione che investono il settore dell’energia green”. Sui nuovi dati raccolti dalla Bissolati sull’inquinamento che non si arresterebbe, invece, l’azienda non ha voluto fare commenti.

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