Scandalo crash test alla corte della prima casa automobilistica al mondo. Il marchio Daihatsu, quello con il quale Toyota produce e commercializza le Kei Cars (auto e veicoli commerciali di dimensioni estremamente compatte), ha taroccato per anni i risultati sull’impatto laterale, fornendo anche indicazioni false sui poggiatesta e sulla velocità delle macchine mandate a schiantarsi.
“La situazione è estremamente seria”, ha ammesso il presidente Soichiro Okudaira dopo la presentazione dei risultati dell’indagine svolta da una commissione indipendente attivata in seguito all’autodenuncia di aprile del costruttore e relativa a 88.000 macchine. Talmente seria da indurre Daihatsu a disporre la sospensione della spedizione di tutti i veicoli prodotti e da temere anche per l’eventuale omologazione dei veicoli ottenuta con procedure illecite. L’Europa non è coinvolta dal blocco perché l’export delle vetture riguarda modelli a marchio Daihatsu e Toyota (oltre ad alcuni di Mazda e di Subaru destinati però solo al Giappone) per i mercati del Sud Est Asiatico e dell’America Latina.
Dagli accertamenti è emerso che in fase di omologazione per i crash test laterali venivano impiegate unità di controllo degli airbag che non sempre venivano poi montate sulle auto di serie. Complessivamente sono 64 i modelli coinvolti, più di venti dei quali con le insegne della capofila.
La prima procedura taroccata risale addirittura al 1989 (cioè a 10 anni prima che Toyota acquisisse il pacchetto di controllo dell’azienda, rilevata al 100% con il 2016), ma il modello Daihatsu in questione non è più in produzione. L’indagine ha rivelato che la “correzione” dei test si è intensificata dopo il 2014, una coincidenza temporale forse non casuale visto che stava esplodendo il “caso” degli airbag giapponesi Takata.
In seguito alla presentazione dei risultati da parte della commissione esterna, il Ministero dei Trasporti ha annunciato una “visita” presso gli uffici del quartier generale di Daihatsu, che nei primi dieci mesi dell’anno ha fabbricato 1,1 milioni di veicoli e inciso per il 7% (660.000 macchine) sui volumi globali di Toyota.
Seppur ancora non quantificato, oltre che economico, il danno è soprattutto di immagine. Toyota aveva già dovuto fronteggiare il “caso” Hino Motors (l’azienda del gruppo impegnata nel segmento dei veicoli commerciali e industriali), che l’anno scorso aveva portato a dimissioni e decurtazioni delle stipendio (temporaneo) per alcuni manager.
Toyota ha affidato a una nota la volontà di intervenire, perché ha individuato la necessità di una “ristrutturazione fondamentale” per rivitalizzare Daihatsu, ma anche di rivedere il percorso che conduce all’omologazione de veicoli. Sotto esame finiranno manager, organizzazione e gestione del costruttore. Nonostante le procedure scorrette in tema di sicurezza, il prima casa automobilistica al mondo ha dichiarato di non essere a conoscenza di incidenti legati alla vicenda.