Tre ore abbondanti di incontro senza uno straccio di strategia così Fiom e Uilm hanno ‘occupato’ simbolicamente Palazzo Chigi. Il governo è in panne sull’ex Ilva di Taranto e resta in balia delle decisioni che prenderà ArcelorMittal, il socio privato che si oppone al rifinanziamento di Acciaierie d’Italia, partecipata dalla pubblica Invitalia. Di fronte ai sindacati, lo schieramento dell’esecutivo è imponente ma le soluzioni latitano. A 48 ore dall’assemblea dei soci che dovrebbe dirimere il futuro del siderurgico decidendo come e chi dovrà versare almeno 320 milioni di euro per garantire la produzione nell’immediato, ci sono il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano insieme ai ministri Adolfo Urso, Raffaele Fitto, Marina Calderone e Giancarlo Giorgetti.

Ma il messaggio fornito ai sindacati è giudicato disarmante da Usb, Fiom, Uilm e Fim. Il governo esordisce spiegando di aver ereditato la situazione: uno scaricabarile deresponsabilizzante mentre l’ex Ilva rischia di finire gambe all’aria nel giro di qualche settimana sotto il peso di debiti, produzione ai minimi e guerra tra il socio privato Mittal e quello pubblico Invitalia. I sindacati chiedono di cacciare il player industriale e assumere il controllo degli stabilimenti. Una richiesta che non ottiene alcuna risposta. Così, dopo le domande dei rappresentanti dei metalmeccanici, i ministri chiedono una sospensiva.

Venti minuti di riunione lontani da occhi indiscreti non bastano per tornare con una risposta efficace. Il timore principale di Palazzo Chigi è che uno strappo con ArcelorMittal inneschi una guerra legale. Insomma, anche il nuovo round dell’assemblea in programma venerdì 22 rischia di non essere risolutivo – è il messaggio che il governo recapita ai sindacati – e l’agonia dell’ex Ilva si allunghi ancora. A Taranto il clima è sempre più teso: gli operai delle ditte dell’indotto sono in sciopero dalla mezzanotte dopo la decisione dell’associazione datoriale Aigi di non pagare gli stipendi di dicembre (verranno invece erogate le tredicesime). Intanto la concattedrale della città è stata occupata dai lavoratori per un sit-in: scene di protesta che nel capoluogo ionico non si vedevano dal 2012, quando venne ordinato il sequestro degli impianti.

E ora i sindacati scelgono la linea dura dopo la riconvocazione per il 28 pomeriggio o il 29 mattina, dopo l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia e il Consiglio dei ministri in programma il 28 mattina. La Fiom ha definito “inammissibile” il comportamento del governo e quindi “abbiamo deciso di rimanere a Palazzo Chigi in attesa della ripresa del confronto, ammesso che il governo non abbia scelto di non decidere”, ha spiegato il leader dei metalmeccanici Cgil, Michele De Palma.

“Per noi la riunione del governo non può finire con un ulteriore rinvio. Rimaniamo qui a Palazzo Chigi in attesa di avere spiegazioni dai ministri competenti sulle intenzioni del Governo per il futuro”, ha spiegato il leader Rocco Palombella. La protesta dei leader sindacali nel palazzo del governo è durata un paio d’ore, poi hanno abbandonato l’edificio. “Quella del governo sembra una resa, questo attendismo getta futuro azienda nel baratro. Abbiamo chiesto di assumerne il controllo e di cacciare ArcelorMittal”, dicono Sasha Colautti e Francesco Rizzo della segreteria nazionale dell’Usb sottolineando che l’attendismo rischia “di compromettere del tutto la possibilità di far sopravvivere gli impianti”.

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