Le proposte dei piani nazionali per l’energia e il clima presentati da 21 Stati su 27 alla Commissione europea non sono ancora sufficienti per raggiungere i target europei previsti dal pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ e dal piano per l’indipendenza energetica ‘REPowerEU’. Vale, in generale, per la media dei Paesi europei e vale anche per l’Italia. I target contenuti nella bozza di piano presentato da Roma disegnano un percorso coerente con gli obiettivi europei per quanto riguarda energie rinnovabili ed efficienza energetica, anche se restano diverse incognite sulle strade per raggiungere tali target. Ma su temi come la riduzione delle emissioni, l’addio alle fonti fossili e l’adattamento climatico è tutta un’altra storia. Come, d’altronde, raccontano i dati. La traiettoria segnata dal Pniec italiano, per esempio, lascia un divario (stimato tra i 6,7 e gli 8,7 punti percentuali) tra la riduzione che si raggiungerà seguendo il piano e l’obiettivo nazionale di ridurre le emissioni del 43,7% al 2030 rispetto ai livelli del 2005. È tra gli appunti che la Commissione europea fa all’Italia (e non solo) nella sua valutazione dei progetti dei piani nazionali per l’energia e il clima presentati dagli Stati membri dell’Ue. Questi piani sono richiesti dal regolamento sulla governance dell’Unione europea del 2018 e gli Stati erano tenuti a presentare le bozze aggiornate entro giugno 2023. L’analisi della Commissione, però, ha riguardato solo 21 piani presentati con sufficiente anticipo e completati con altri dati disponibili. Austria, Bulgaria e Polonia non lo hanno ancora consegnato, mentre Belgio, Irlanda e Lettonia lo hanno fatto solo recentemente (le valutazioni sono previste per l’inizio del 2024). I Piani definitivi, compreso quello italiano, dovranno essere presentati entro il 30 giugno 2024.

La valutazione dei piani europei per l’energia e il clima – Così Bruxelles ha inviato delle raccomandazioni a cui attenersi, per rimanere in linea con gli obiettivi per il 2030, invitando gli Stati membri a intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e a definire piani più chiari su come intendono adattarsi ai cambiamenti climatici, sulla diffusione delle rinnovabili e il rafforzamento dell’efficienza energetica. Secondo la Commissione, nel loro complesso, i progetti di piani nazionali per l’energia e il clima non sono ancora sufficienti per ridurre le emissioni di gas serra almeno del 55% entro il 2030, ma solo del 51%. Emblematici i dati sui trasporti nazionali (escluso il trasporto aereo), l’edilizia, l’agricoltura, la piccola industria e i rifiuti: le emissioni dovrebbero essere ridotte del 40% entro il 2030 rispetto ai numeri del 2005, ma con gli sforzi attuali in questi settori diminuirebbero del 33,8% nel 2030, il 6,2% in meno rispetto all’obiettivo Ue. Secondo la Commissione, solo Croazia, Grecia, Ungheria, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia sono coerenti con il Regolamento sulla condivisione degli sforzi (Effort Sharing Regulation). C’è, poi, un divario compreso tra -40 e -50 milioni di tonnellate equivalenti di Co2 rispetto all’obiettivo di 310 milioni di tonnellate come assorbimenti netti di gas serra nel settore Lulucf (Uso e cambiamento del suolo e silvicoltura). Anche l’Italia è fuori target. Per l’energia rinnovabile, le attuali proposte porterebbero a una quota del 38,6-39,3% nel mix energetico entro il 2030, mentre la nuova direttiva Red 3 fissa il target al 42,5 per cento. Per l’efficienza energetica, si arriverebbe a miglioramenti dell’efficienza energetica del 5,8%, rispetto all’obiettivo dell’11,7%. E se la Commissione sottolinea l’importanza e l’urgenza di eliminare gradualmente l’uso dei combustibili fossili nella produzione di energia, identifica la persistenza dei sussidi ai combustibili fossili in tutti gli Stati membri, compresi quelli nel settore dei trasporti, “come un altro ostacolo al percorso dell’Ue verso la neutralità climatica”.

I settori dove l’Italia non fa abbastanza: l’addio alle fossili – Di fatto, l’Italia viene citata insieme alla Croazia e alla Slovacchia, per la decisione di aumentare la produzione nazionale di gas naturale e, insieme a Francia e Germania, tra i Paesi che più sostengono con le loro politiche l’industria dei veicoli alimentati dai combustibili fossili. A questo riguardo, in una recente analisi del Pniec, Transport & Environment sottolinea proprio l’assenza di una strategia efficace per evolvere verso un settore trasporti verde e alcuni problemi, come il mancato impiego di biocarburanti, particolarmente dipendente dall’impiego di oli esausti di importazione cinese, che costituiscono il 74% delle importazione italiane e il 60% di quelle Ue. Un’analisi secondo cui con le politiche attualmente pianificate il Paese mancherà il suo obiettivo al 2030 per un quantitativo pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di Co2, il 12% del totale delle riduzioni che dovrebbe conseguire. Ma la Penisola è anche tra i sette che hanno posticipato l’impegno per l’uscita definitiva da tutti i combustibili fossili, insieme a Croazia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria e Slovacchia. E la Commissione si chiede quali saranno le conseguenze di queste scelte sui piani di riduzione delle emissioni. Viene giudicata positivamente la decisione di eliminare progressivamente i sussidi ambientalmente dannosi che, però, stando ai dati più recenti nel 2022 sono più che raddoppiati. Bruxelles chiede all’Italia di identificare la quantità di emissioni di Co2 che potrebbero essere catturate annualmente entro il 2030 (inclusa la fonte) e di fornire dettagli sulle modalità di trasporto della Co2 catturata. Si chiede, inoltre, di fornire informazioni chiare su come vengono utilizzati i fondi pubblici (sia dell’Unione, compresi quelli della Politica agricola comune, sia aiuti di Stato) e i finanziamenti privati attraverso programmi di carbon farming.

Dalla povertà energetica all’adattamento – Uno dei punti più critici riguarda il contrasto alla povertà energetica: Bruxelles chiede una valutazione (che ancora non c’è) del numero di famiglie oggi in povertà energetica, cioè quelle che fanno fatica a pagare la bolletta e un obiettivo di riduzione del fenomeno. E raccomanda di fornire un’analisi aggiuntiva sulle vulnerabilità, sui rischi climatici e sui loro impatti nel raggiungimento di obiettivi, target e contributi nazionali, definendo “ulteriori politiche e misure di adattamento in modo sufficientemente dettagliato”, comprese le misure per salvaguardare la capacità di produzione di energia elettrica e il risparmio energetico residenziale. Nel caso dell’Italia, la Commissione Ue chiedere di prestare particolare attenzione alla gestione dell’acqua “in condizioni climatiche mutevoli” e di valutare come inondazioni, caldo e siccità possano avere conseguenze sulla produzione di energia elettrica. Su questo fronte, a novembre, il ministero dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato che il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici sarebbe stato pronto entro la fine del 2023. Riavviato l’iter di valutazione ambientale e strategica, in queste settimane, con il supporto di Ispra il ministero ha recepito tutte le osservazioni presentate dai soggetti interessati. Resta l’approvazione definitiva. Il Paese, di fatto, attende il piano dal 2015. Anche la ristrutturazione degli edifici, secondo Bruxelles, procede troppo a rilento e non è adeguata ai target europei, mentre sono carenti gli investimenti in ricerca e innovazione, in particolare per lo sviluppo di tecnologie a impatto zero e per la produzione di energia pulita.

Rinnovabili ed efficienza energetica superano i target Ue. Dubbi sulle misure – Sul fronte della sicurezza energetica, viene giudicata positivamente la diversificazione dei fornitori di gas, che ha puntato a una progressiva riduzione delle importazioni da Mosca, ma anche la struttura del mercato interno, che sarà liberalizzato a partire dal 2024. Sulle rinnovabili, stando al Pniec, l’Italia punta al 40,5% di rinnovabili nel consumo finale lordo di energia, percentuale anche più alta rispetto a quella ‘dettata’ da Bruxelles come contributo dell’Italia ai target europei (che è del 39%). La bozza del piano prevede traiettorie per rinnovabili nei settori dell’elettricità, dei trasporti e del riscaldamento e raffreddamento, anche se non contiene percorsi per i combustibili rinnovabili di origine non biologica. Ci sono i target, sono disegnati i vari step, ma ciò che manca è la descrizione di come tutto ciò dovrebbe avvenire. La Commissione “chiede di fornire traiettorie stimate e un piano a lungo termine per la diffusione delle energie rinnovabili nei prossimi 10 anni, con una prospettiva fino al 2040”, ma anche di includere nel piano “politiche e misure dettagliate e quantificate” che consentano di contribuire al raggiungimento del target Ue del 42,5% di quota di rinnovabili nel consumo energetico complessivo al 2030, con l’impegno collettivo di arrivare al 45%”. Bruxelles va oltre, conoscendo gli ostacoli che finora ha incontrato l’Italia. E chiede di “descrivere in particolare come intende facilitare ulteriormente le autorizzazioni con procedure più rapide e semplici”. Il Pniec aggiornato “è completo, ambizioso, informativo e dettagliato”, scrive la Commissione, in particolare per gli obiettivi al 2030, per il risparmio energetico e per gli obblighi del settore pubblico. Anche rispetto all’efficienza energetica, secondo Bruxelles il piano italiano “è completo, ambizioso, informativo e dettagliato”, in particolare per gli obiettivi al 2030, ma la Commissione vuole che l’Italia definisca “politiche e misure complete per raggiungere i contributi nazionali” e, in particolare, “le modalità di attuazione della direttiva sull’efficienza energetica” e “i programmi di finanziamento e gli schemi di sostegno” che siano in grado di “mobilitare investimenti privati e cofinanziamenti aggiuntivi”.

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