Non cambierà nulla nella corsa alla Casa Bianca, anche se la Corte Suprema del Colorado ha escluso Donald Trump dal voto delle primarie repubblicane per aver “incitato” l’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021. Si tratta del primo candidato presidenziale della storia d’America ad essere dichiarato ineleggibile in base al 14esimo emendamento, che esclude dalle cariche pubbliche i funzionari coinvolti in “insurrezioni o rivolte” contro il governo americano. Trump farà ricorso alla Corte Suprema federale di Washington, quasi sicuramente vincerà l’appello, e intanto negli altri 49 stati tutto continuerà come prima, compreso il voto al Super Tuesday del prossimo 5 marzo.

Benvenuti nella più controversa e divisiva campagna elettorale Usa di tutti i tempi. Con riflessi italiani. La riprova l’ho avuta sere fa, ad una riunione con un gruppo romano che si definisce “Tavolo di Geopolitica”. L’ospite di turno, il rossobruno Marco Rizzo, “un comunista che mangia i bambini” (parole sue) dialogante però con l’ultra-destra, anti-guerra e no vax Gianni Alemanno, ha parlato a braccio, in modo brillante, di nuovi poveri italiani, strapotere delle multinazionali che non pagano tasse, declino degli Stati Uniti, mondo multipolare, futura predominanza dei Brics, politica anti-woke, Papa Francesco (“la Nato è andata ad abbaiare ai confini della Russia”). Poi, a sorpresa, il comunista ha stupito la platea affermando: “Stando così le cose nel mondo, mi auguro che nel 2024 Trump vinca le elezioni”. Voci, urla, proteste: “lei è un marxista/fascista”, “come ci si può augurare la vittoria di un sociopatico?”, e via così.

Rizzo, onorevole per tre legislature e una da eurodeputato, preferisce quindi il Donald Trump escluso dalle primarie del Colorado per insurrezione, colui che sugli immigrati ha detto “stanno avvelenando il sangue degli Stati Uniti” (risposta del portavoce della Casa Bianca: “scimmiotta Adolf Hitler”). Sorprendente? Sarò ingenuo ma mi stupisce che il fondatore di area cossuttiana di Rifondazione Comunista e dei Comunisti Italiani non sceglierebbe Biden, bensì il roboante pseudo miliardario dai capelli arancioni incriminato quattro volte in altrettanti processi per un totale di 91 reati, con accuse che vanno, appunto, dall’aver favorito il 6 gennaio 2021 un’insurrezione con l’assalto armato al Congresso, ostruzione alla giustizia, cospirazione per frodare gli Stati Uniti, fino al tentativo di ribaltare i risultati di un’elezione libera ed equa. Rizzo preferisce un presidente americano che sarà “dittatore solo il primo giorno” nello Studio Ovale, come Trump ha detto in un’intervista a Fox Tv.

Da innumerevoli segnali si capisce che una volta eletto (potrebbe fare campagna elettorale dalla galera se verrà giudicato colpevole nei processi, anche se un’eventuale condanna lo rafforzerebbe agli occhi dell’esercito di fan) Trump non avrebbe alcun dubbio nell’abusare del suo potere. Decine di milioni di americani sono attratti dalla retorica alt-right del loro leader impastata di molti “ismi”, razzismo, suprematismo bianco, isolazionismo. Vero, ma Trump andando al sodo ha già promesso di voler far piazza pulita dei suoi oppositori di sinistra e della “cricca criminale dei Biden” (riferimento al figlio Hunter, per il quale il presidente democratico è sottoposto a impeachment). In un post sui social si è impegnato a “sradicare i comunisti, i marxisti, i fascisti e i teppisti della sinistra radicale che vivono come parassiti entro i confini del nostro Paese”.

L’entourage di Biden, in difesa rispetto ai continui attacchi sferrati dall’avversario, commenta come in un dialogo del film sui dittatori “Fairytale” del regista russo Aleksandr Sokurov: “Le frasi dell’ex presidente ricordano quelle usate da Hitler e da Benito Mussolini contro i loro nemici”. Per i trumpiani, acqua calda. Anzi, se Trump sarà eletto, le epurazioni ci saranno eccome: il verbo “sradicare” diventerà azione concreta. Poco prima di essere sconfitto nelle presidenziali del ’20 (per oltre sette milioni di voti) Trump aveva firmato un ordine esecutivo noto come “Schedule F”. Gli avrebbe consentito di licenziare migliaia di dipendenti federali di carriera. Obiettivo: smantellare il deep state, il cui maggior potere risiede nella gestione della politica estera, per sostituirlo con individui le cui qualifica n.1 non è la competenza ma l’instancabile fedeltà al capo (il governo di destra di Giorgia Meloni fa esattamente lo stesso).

In questo clima, tra i democratici Usa monta la preoccupazione di perdere le elezioni del novembre 2024.

Biden al momento tallona Trump in tutti i sondaggi. E The Donald strabatte il secondo in gara per la nomination repubblicana, il governatore della Florida Ron DeSantis, di ben 51 punti. I professionisti del Partito Democratico dicono che sondaggi 11 mesi prima delle elezioni non hanno senso. Eppure, tre fattori continuano a pesare sulla rielezione di Biden (i cui numeri in termini di approvazione sono in continuo calo, intorno al 40%): l’economia, la rivolta anti establishment e l’età. Elemento dominante su ciò che decide la corsa alla Casa Bianca è ancora nel mantra della prima campagna elettorale di Bill Clinton: “It’s the economy, stupid”. Il problema non è tanto l’economia forte, cioè un mercato del lavoro robusto, con la disoccupazione in effetti ai minimi storici. Piuttosto è l’inflazione: i prezzi che la gente vede al supermercato e alla pompa di benzina spaventano l’americano medio. Circa il secondo motivo di scelta degli elettori, lì batte il cuore del populismo trumpiano: l’ex presidente sa di poter fare leva sul sentimento di rivalsa di ampie fasce di elettorato, milioni di persone di bassa educazione scolastica, impoveriti, che odiano (giustamente…) i media tradizionali e l’establishment politically correct di Washington. Voto assicurato.

Ma l’ostacolo più grande sulla strada della rielezione di Biden è l’età. Sotto molti aspetti Joe è probabilmente più sano dell’81enne medio, se non fosse che dimostra tutta la sua vecchiezza. Che si creda o meno alle voci dei tabloid e dei media di destra secondo cui il Commander in Chief si è sottoposto a vari interventi di chirurgia plastica (la fronte immobile, talvolta guarda nella telecamera con lo sguardo fisso) la verità è che l’artrite alla colonna vertebrale e la neuropatia ai piedi gli danno un’andatura irrigidita e lenta, cade di continuo (dalle scale, sul pavimento) e per questo è oggetto di decine di video veicolati dalla destra repubblicana che lo sbeffeggia. C’è poi il declino cognitivo di Sleepy Joe, come lo chiama Trump, dicono sia affetto da demenza senile e/o Alzheimer. Dell’età si può dire però che se Trump venisse eletto, a 79 anni soppianterebbe Biden come il presidente più anziano della storia d’America. E lui è grasso, mangia hamburger e non fa sport.

Prima che la campagna elettorale entri davvero nel vivo, tra i democrat si sta facendo breccia, lentamente, la cosiddetta “sindrome Ruth Bader Ginsburg” (RBG). Con Barack Obama presidente, alla Ginsburg arrivò un messaggio cauto ma inequivocabile, cioè considerare di dimettersi dalla carica di giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, con i democratici ancora in maggioranza al Senato e, di conseguenza, la possibilità di confermare un nuovo giudice. Lei invece non ha mollato l’osso, ha resistito fino alla morte avvenuta a 87 anni mentre Trump era in carica. Il che ha permesso al repubblicano di nominare Amy Coney Barrett per sostituirla. Così si è consumato il ribaltamento storico della sentenza Roe v. Wade – la nuova giudice scelta da Trump ha fornito il quinto e cruciale voto – dopodiché in America l’aborto è diventato di nuovo illegale. Notoria femminista e leader (tramite sentenze) dei diritti delle donne, per la testardaggine della vecchiaia, RBG ha bruciato un patrimonio legale e ideale acquisito e accettato dalla società civile, dando così spazio agli iperconservatori dio-patria-famiglia e catapultando le donne americane indietro di 50 anni.

Biden sembra aver intrapreso una strada simile. E l’altro ci gode, senza far altro se non alzare il tono dello scontro. “Se sparassi con una pistola a Fifth Avenue, nessuno si scandalizzerebbe ma anzi guadagnerei milioni di voti”, disse nell’ultima campagna elettorale. Invece di farsi da parte, per consentire agli elettori democratici di scegliere con le primarie (oggi non previste) il suo potenziale successore (il governatore della California Gavin Newsom) più abile e più giovane, Biden costringerà il popolo americano a fare una scelta obbligata, ma ad alto rischio, anzi pericolosa per l’America e per il mondo. Qui non c’è spazio per parlare delle conseguenze che un secondo mandato Trump avrebbe sui fronti geopolitici più caldi: Russia, Ucraina, Europa, Israele, Cina. Come ognuno sa, è un magma incandescente.

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