Il bazar della droga allestito all’interno dello stadio Bentegodi di Verona e in un bar nel piazzale antistante l’impianto sportivo. Una situazione fuori controllo attorno alla squadra di calcio di Serie A, anche a causa degli scontri tra tifosi scaligeri, ma di opposte fazioni, che se le sono suonate di santa ragione. Per non parlare dei consueti tafferugli quando arrivano in riva all’Adige i sostenitori napoletani, nemici dichiarati, non foss’altro che per il famoso striscione di qualche anno fa la cui immagine fece il giro del mondo: “Giulietta è na’ zoccola”. A conclusione di tre mesi ad alta tensione, il questore Roberto Massucci annuncia: “Bisogna far finire la giostra, ma prima di ricostruire bisogna demolire. Ed è quello che stiamo facendo”.
Denunce e provvedimenti interdittivi stanno ormai intasando cancellerie e uffici. Il responsabile della Questura ha sostanziato l’annuncio di voler riportare ordine allo stadio soprattutto dopo tre gravi situazioni verificatesi con la ripresa del campionato. A settembre è stato scoperto lo spaccio che arrivava fin dentro i bagni del Bentegodi. Il 21 ottobre gli scontri in occasione dell’incontro Hellas-Napoli, finito con la vittoria per 3 a 1 della squadra ospite. Infine un autentico regolamento di conti per il controllo della tifoseria ultras locale. “Abbiamo adottato strategie di assoluto rigore nei confronti di chi si rende responsabile di episodi di violenza o, comunque, di illegalità anche amministrativa”. I numeri: 204 le sanzioni per violazione del Regolamento d’uso dell’impianto per un totale di 34mila euro, 119 i destinatari di sanzioni per assunzione di droga, settantacinque le persone che hanno ricevuto il “mancato gradimento” da parte della Società Hellas Verona per essere risultati consumatori o spacciatori di sostanze stupefacenti all’interno dello Stadio.
I NEMICI NAPOLETANI – Sono in qualche modo fisiologici gli eventi registrati prima, durante e dopo la partita con il Napoli. Sono 54 i provvedimenti adottati dal questore, che ha usato il pugno di ferro. In particolare, 32 Daspo nei confronti di sostenitori ospiti, perché prima della partita – all’esterno del parcheggio destinato alla squadra che arriva da fuori – avevano affrontato i veronesi. Il risultato è che anche sette tifosi locali (di cui 4 provenienti dalla ex Jugoslavia) sono stati sanzionati con il divieto di entrare allo stadio. I parapiglia erano continuati sulle tribune. È per questo che due Daspo hanno colpito altrettanti veronesi: uno dei due aveva spintonato e costretto un supporter napoletano a lasciare il posto a lui assegnato, il secondo aveva lanciato una lattina di birra contro il computer di un componente dell’ufficio stampa del Napoli. “Questa forma di intolleranza contro tifosi avversari la definiamo ‘discriminazione territoriale’ – spiega Massucci – e impedisce la fruizione dell’evento sportivo”. Ovviamente c’è stato anche il corollario di attacchi alle forze dell’ordine che hanno portato a sanzionare altri nove ultras partenopei, uno dei quali è stato trovato in possesso di un coltello a serramanico. Per una decina di situazioni (alla luce dei precedenti dei protagonisti) sono stati disposti fogli di via obbligatori dal Comune di Verona.
REGOLAMENTO DI CONTI – La partita con il Monza (anche in quel caso il Verona ha perso 3 a 1) del 5 novembre ha fatto finire nel mirino altre decine di tifosi per un risvolto violento del tutto particolare. In palio c’è il controllo degli ultras. Gli scontri erano stati inizialmente attribuiti a sostenitori del Monza. In realtà lo spaccato è diverso. La grande famiglia del tifo scaligero ha sempre avuto radici nell’ultradestra. Alcune formazioni sono poi state sciolte, ma l’intolleranza (anche razziale) è continuata. Adesso a disputarsi il tifo sono soprattutto Hellas Army, che vorrebbe l’egemonia, e Inferno Gialloblu, un gruppo che raccoglie soprattutto il tifo di chi arriva dalla provincia veronese. Le due formazioni si sono affrontate in modo violento perché Hellas Army voleva punire i rivali per aver consentito l’ingresso della droga allo stadio.
BAZAR-COCAINA E PREAVVISO DI SFRATTO – Il blitz era scattato due mesi prima, il 30 agosto, quando gli agenti di polizia avevano eseguito 12 misure cautelari nei confronti di persone ritenute responsabili di detenzione ai fini di spaccio di cocaina all’interno del “Bentegodi” e di un bar che si trova nel Piazzale Olimpia, storico ritrovo della tifoseria ultras. Ne era seguito una specie di “preavviso” da parte di Hellas Army: “La linea, da seguire con intransigenza e oltranzismo è chiara: Hellas Army deve essere il punto di riferimento e la prima forma d’aggregazione della città, per chi c’è oggi e per chi ci sarà domani”. Un’espressione di potere. “Proviamo il più totale disprezzo per chi ha pensato di utilizzare la nostra Curva Sud, per lucrare e spacciare: questa gente è bandita senza alcun appello”. Il riferimento era a “Inferno gialloblù”, nato negli anni Ottanta da una costola dei Boys della Bassa e poi allargatosi a tifosi della città. Una lotta per il controllo dei simboli, che voleva imporre solo quello di Hellas Army in trasferta. Questo ha generato la guerriglia da strada dopo la sconfitta con il Monza.
CONTROLLARE LE CURVE – L’obiettivo è ambizioso, come spiega un comunicato della Questura: “Al centro della strategia, nell’ambito del progetto di sicurezza di comunità, si punta a mettere in primo piano lo stadio, nella consapevolezza dell’ineguagliabile valore sociale che questo contesto ha, soprattutto nella sua capacità di influenzare il comportamento dei giovani”. Visti i comportamenti, però, serve “un lavoro di sistema che chiama in causa Società sportiva, Comune, Istituzioni dello Stato e soprattutto i tifosi”. La realtà è quella di “curve protese all’appropriazione del territorio e alla esclusione del controllo dello Stato. Ultrà non è sinonimo di illegalità ed è necessario stimolare la sensibilità dei Club nel lavoro con i tifosi anche rispettando spazi di colore e passione”. Per questo è stato avviato un gruppo di lavoro per favorire il dialogo con i tifosi, che ha portato alla presenza sulle tribune di studenti liceali. Con un motto anti-violenza: “L’unico che può usare le mani è il portiere”.