Kedarnath Singh fu un eminente poeta indiano di lingua hindi che nacque nel 1934 in un’India ancora governata dall’Impero britannico. Le sue poesie sono caratterizzate dall’uso di un linguaggio semplice ma capace di esprimere i temi più complessi, come testimoniano le poesie qui tradotte. La scelta di tale linguaggio sembra essere emersa dall’obiettivo di comunicare meglio i temi complessi della poesia ad una società che dopo duecento anni di colonialismo dell’Impero britannico, che rese l’India indigente e incolta, inizia a sentirsi indipendente e libera. L’indipendenza e la partizione del paese nel 1947, la conseguente violenza religiosa fra i musulmani e le persone di religione indù e sikh che lasciò milioni di cittadini senzatetto, sono il tema ricorrente nella letteratura indiana post indipendenza. Nella poesia intitolata Ricordando l’anno ‘47 e riportata di seguito il poeta rievoca la divisione del paese e la sorte incerta del popolo. Gli altri temi che le sue poesie esplorano sono la vita, l’amore e la natura.

V. A.

***

Ricordando l’anno ’47 1

Kedarnath Singh 2, ti ricordi di Noor Miya 3?
Noor Miya di carnagione marrone chiara
Noor Miya basso di statura
Noor Miya che tornava per ultimo
dopo aver venduto il kajal 4
al mercato di Ramgarh
ti ricordi qualcosa, Kedarnath Singh?

Ti ricordi la madrasa
l’albero di tamarindo
l’Imambara5?

Ti ricordi dall’inizio alla fine
la tabellina del diciannove?

Puoi dire facendo i conti
sulla tua lavagnetta in ardesia abbandonata
perché un giorno all’improvviso s’è andato 6 Noor Miya
lasciando il tuo quartiere?

Sai dove sta ora 7
a Dacca 8 o
a Multan 9?
Puoi dire
quante foglie cadono ogni anno
in Pakistan?

Perché stai zitto Kedarnath Singh,
non sai fare i conti?

1 Il poeta Kedarnath Singh, di fede indù, ricorda l’anno 1947 che segnò la divisione dell’India britannica in due paesi autonomi in base alla religione: l’India, uno stato laico con la maggioranza appartenente alle religioni di origine indiana, e il Pakistan, nato come una repubblica islamica. Allora quest’ultimo si componeva del Pakistan dell’est, che diventò Bangladesh nel 1971, e del Pakistan dell’ovest, cioè il Pakistan attuale.

2 Il poeta si rivolge a se stesso.

3 È il nome di un cittadino musulmano che probabilmente viveva nel quartiere del poeta prima della divisione del paese.

4 Il poeta usa il termine Surma in originale che è un tipo di kajal e si usa per abbellire gli occhi. Ha un significato particolare in Islam perché i musulmani credono che il profeta Maometto lo mettesse sugli occhi per truccarsi.

5 Luogo di congregazione dei musulmani sciiti.

6 La divisione causò una grande migrazione degli abitanti dall’India al Pakistan, e viceversa: i musulmani che abitavano nelle terre del nuovo stato dell’India dovettero abbandonare le loro abitazioni e trasferirsi nel Pakistan, e analogamente gli abitanti non musulmani che si trovavano nelle terre pakistane dovettero migrare nelle terre indiane.

7 La destinazione dei migranti era sempre incerta: i cittadini partivano verso le nuove terre abbandonando tutto in ricerca delle nuove abitazioni.

8 La capitale del Bangladesh.

9 Una città in Pakistan.

A un artista

rompi la roccia
diventerà più bella
rompila ancora
diventerà ancor più bella

ora prendila
caricala sulle spalle
portala in una città o in un paesino
mettila ad un incrocio
lascia che si scaldi sotto il sole

quando arriveranno i bambini
cercheranno in essa i loro visi

ora prendila di nuovo
questa volta portala sulla riva del mare o di un fiume
lasciala nell’acqua
scrivici sopra il nome che echeggia dentro di te
essa diventerà nave

ora rompila di nuovo
riportala dove l’hai trovata
prendila di nuovo
mettila nelle fondamenta
sotto qualche ponticello rotto
posala
mettila sotto la testa di una persona stanca

ora torna
hai compiuto il tuo dovere
non importa
se ti fanno male le spalle
abbi fiducia nelle spalle
abbi fiducia nel dolore delle spalle
abbi fiducia nell’avere fiducia
abbi fiducia nel non avere fiducia
Abbi fiducia
e trova
una nuova roccia!

Ho fiducia

Questa terra rimarrà
se non altrove
rimarrà nelle mie ossa
come le termiti che vivono nel tronco dell’albero
come la calandra che vive nel grano.
Questa terra rimarrà dentro di me anche dopo la fine del mondo
se non altrove
rimarrà nella mia lingua
e nella mia mortalità.

E una mattina mi alzerò.
Mi alzerò insieme alla terra
all’acqua e alla tartaruga
Mi alzerò e mi incamminerò per incontrare
colui al quale
ho promesso di incontrarci.

Vieni

Vieni
quando hai tempo
vieni
anche quando non hai tempo

vieni
come viene il vigore nelle mani
come viene il sangue nelle arterie
come viene il fuoco lentamente sui fornelli
vieni

vieni
come vengono
le spine nuove,
dopo la pioggia,
sull’acacia

vieni
distruggendo le lontananze
e rimangiando le promesse

vieni
come viene mercoledì
dopo martedì
vieni

Andare

Vado – disse lei
Vai – risposi io
sapendo tuttavia che andare
è il verbo 10 più agghiacciante dell’hindi.

10 Nel testo originale, il poeta usa il verbo hindi जाना, trascritto come giana, che vuole dire andare. Esso può avere diversi significati, fra i quali i più noti sono andare via per sempre e morire.

La mano

Prendendo la sua mano
nella mia
ho pensato
che il mondo fosse caldo e bello
come la sua mano.

***

Kedarnath Singh nasce nel 1934 a Chakia, un villaggio situato nella città di Ballia nella regione dell’Uttar Pradesh in India. Frequenta una scuola locale fino alle elementari e poi per gli studi successivi si trasferisce a Banaras, conosciuta anche con il nome di Varanasi, dove frequenta le superiori e ottiene la laurea. Nel 1964 consegue il dottorato in linguaggio figurato presso la Banaras Hindu University. La sua carriera da poeta inizia fra il 1952 e il 1953 e pubblica la prima raccolta di poesie intitolata Ora, proprio ora nel 1960. Dal 1976 al 1999 è professore e direttore del Dipartimento di Hindi nel Centro delle lingue indiane presso la nota Jawaharlal Nehru University a Nuova Delhi.

Bagh, che in italiano sarebbe “La tigre”, è il titolo del suo capolavoro; è tradotto in diverse lingue, fra le quali anche l’italiano. Ha ricevuto diversi premi e riconoscimenti, fra i quali il premio Jnanpith nel 2013 e il premio Sahitya Akademi nel 1989. Muore il 19 marzo 2018.

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