L’Ucraina ha un problema del quale i rapporti precari tra il presidente Volodymyr Zelensky e il capo delle forze armate Valery Zaluzhny sono solo la faglia più evidente: è evidente che alla fine del secondo anno di guerra, come scritto dal Carnegie Endowment for International Peace, “non rimane traccia della precedente unità dell’élite ucraina”, ma dilaga la ricerca di “qualcuno da incolpare”. Anzi, l’impressione spesso è che qualunque cosa faccia il generale Zaluzhny finisca per irritare il presidente ucraino e dargli l’impressione di erodere più il consenso del suo superiore, sceso di 20 punti percentuali dall’inizio della guerra, che il territorio occupato dai russi. Da parte sua, Zelensky si è gettato sempre più a capofitto negli affari militari, al punto da creare canali paralleli di comunicazione con i comandanti bypassando lo stesso Zaluzhny. La storia delle cimici in un locale che avrebbe dovuto essere usato dal generale e il gioco di richieste e smentite di dimissioni dell’alto comando militare da parte di alcuni deputati del partito del presidente hanno ormai superato i confini ucraini. Così, con le elezioni presidenziali che dovrebbero tenersi nella prossima primavera, sempre più frequentemente si assiste a uno scambio di colpi tra chi vorrebbe Zelensky ancora al comando e chi, invece, punta a rimpiazzarlo. Magari con l’attuale comandante in capo delle Forze armate.

Le divisioni ucraina – Per capire che cosa sta succedendo dobbiamo partire dal fatto che l’Ucraina somiglia più all’Italia che alla Russia: ogni criticità nel Paese diventa un caso politico su cui, in guerra o in pace, milioni di giornalisti, politici, influencer e semplici cittadini si fanno un’idea e la vogliono esprimere. E così si dividono, entrano in attrito e in definitiva creano una sovrapproduzione di casi politici ai quali la politica stessa non è in grado di trovare una soluzione. Il motivo sta nel fatto che il Paese slavo ha raggiunto un livello di maturazione politica democratica superiore ai suoi vicini settentrionali e orientali, ma la gestisce più come i popoli europei mediterranei che col pragmatismo delle nazioni nordiche. I leader non hanno fatto niente per ridurre la normale sovrapproduzione di casi politici e la tendenza a dividersi. Un importante giornalista ucraino, Ostap Drozdov, ha messo il dito nella piaga: “In Israele, nel giro di mezza giornata, hanno costituito un governo di unità nazionale che comprende maggioranza, opposizione e uomini in divisa. Messe da parte le diatribe interne, nessuno si è autoproclamato sovrano supremo, re o sceicco dell’intero Paese, che ora è governato da un gabinetto politico-militare, non da politici alla ricerca del consenso”. In un clima così composto e sobrio, “il capo dello Stato è andato dalla stampa con la barba ben rasata, in doppiopetto stirato, senza tutti questi effetti speciali teatrali come mimetiche e stivali da combattimento tattici”.

Comunicazione politicizzata – Così, secondo il famoso esperto di guerra dei droni e volontario Yuri Kasyanov, la ciarla politica ha prevalso e ha gettato una coltre di nebbia: “Amiamo annunciare le nostre offensive e discutere in diretta i dettagli dell’operazione militare”, ma anche cercare colpevoli ovunque. Viene in mente il caso di Hanna Maljar, il viceministro della Difesa rimossa durante un’epurazione di politici corrotti, ma del tutto estranea a mazzette e favori illeciti: piuttosto, fu cacciata per aver annunciato falsamente la liberazione di Andriivka, dove invece erano ancora in corso combattimenti pesanti. Tanta leggerezza nel gestire politicamente la comunicazione sull’andamento della guerra fu definita dai militari “dannosa, una minaccia per la vita del personale e pregiudizievole per le operazioni”.

Caccia al colpevole: Zaluzhny – Lo stesso Kasyanov è andato giù pesante anche su un altro aspetto dei rapporti tra leadership civile e militare: “C’è una guerra in Israele, la loro intelligence ha fatto un pasticcio colossale e l’esercito è stato colto di sorpresa e ridicolizzato dal lancio di 5mila razzi. Noi, in Ucraina, a differenza di Israele sapevamo della guerra, tutti ci avevano avvertito, ma ostinatamente non ci siamo preparati”. Il pensiero va alle indagini in corso da parte della magistratura civile sull’operato delle forze armate ucraine, quando la mattina del 24 febbraio 2022 le truppe russe hanno attraversato rapidamente l’istmo con la Crimea fino alla terraferma dell’Ucraina. A mezzogiorno erano già a ridosso del ponte Antoniv in avvicinamento verso Kherson e in pochi giorni hanno conquistato un territorio più grande della Svizzera. Da allora, la società ucraina si è posta in modo ossessivo la domanda sul perché ciò sia accaduto, perché i ponti sull’istmo non furono fatti saltare, perché le difese non furono adeguatamente preparate e perché non furono inviati rinforzi in quella direzione. Il caso ha riguardato quello e quell’altro militare, ma è opinione diffusa che venga tenuto in caldo per colpire al momento opportuno lo stesso generale Zaluzhny. Si parla, a ben vedere, di un caso in cui normalmente dovrebbero essere i tribunali militari a giudicare per competenza l’operato degli uomini in divisa, anche perché molte informazioni devono restare in ambito militare. Purtroppo, l’Ucraina non ha ancora sviluppato queste istituzioni, polizia e magistratura militari, e deve arrangiarsi così, con la politica al centro.

Il dominio della politica – Questa sovraesposizione della politica in Ucraina avviene in un contesto costituzionale formalmente semipresidenziale, con un presidente eletto ogni cinque anni che, a una lettura onesta della loro Carta, non sembra avere più poteri del Quirinale: semplicemente li esercita – in questa fase storica – nel corso di una guerra che mette a rischio l’esistenza stessa della nazione slava. Il presidente dell’Ucraina ha le mani legate per quanto riguarda la cessione di parti del territorio per arrivare alla pace: secondo l’articolo 102, è “garante della sovranità statale e dell’indivisibilità territoriale” nonché, secondo l’articolo 106, responsabile “dell’indipendenza dello Stato”. Il fatto di mettere i piedi sul tavolo dei generali non è sorprendente, dato che – in un modo sostanzialmente non molto diverso dal nostro capo dello Stato – ha funzione di “comandante in capo delle forze armate dell’Ucraina”, avendo il potere di nominare e revocare “l’alto comando delle Forze Armate ucraine e altre formazioni militari”. Oltre a ciò, è responsabile delle decisioni sull’impiego delle forze armate “in caso di aggressione armata contro l’Ucraina”. Né può l’alto comando imporgli alcunché riguardo al reclutamento, dato che il presidente è responsabile “della mobilitazione generale o parziale e dell’introduzione della legge marziale”. Insomma, le decisioni importanti possono solo essere prese dai politici, col rischio che la ricerca del consenso prevalga sulle considerazioni tattiche e strategiche.

Il generale popolarissimo – È stato forse per sganciarsi di dosso questa cappa di ordini dettati per ragioni politiche che Zaluzhny ha concesso la famosa intervista a The Economist in cui ha parlato dello stallo della guerra e della necessità di un upgrade militare e tecnologico delle forze ucraine. La sua onesta disanima è finita in caciara dal momento in cui ha scatenato le gelosie dei leader verso l’uomo che per gli ucraini “è secondo solo a Dio”, con un consenso popolare prossimo al 90% e di quasi il 25% più alto di quello dello stesso Zelensky. Che da una parte lo ammonisce dicendo che “se un militare decide di fare politica è suo diritto, allora dovrebbe entrare in politica e poi non potrà affrontare la guerra”. Ma d’altra parte sa bene che se rimosso dal comando e gettato nell’agone politico sarebbe quasi imbattibile in termini elettorali.

Il dossier più importante – Il segretario del comitato per la sicurezza nazionale, la difesa e l’intelligence della Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, Roman Kostenko, ha sottolineato che le sfide legate alla mobilitazione superano probabilmente quelle legate alla carenza di munizioni. È una questione che spetta alla leadership politica, non a quella militare – anche se Zaluzhny non perde occasione per insistere – e riguarda tematiche decisamente impopolari, come la limitazione del diritto di spostarsi da un territorio all’altro. Insomma, temi su cui Zelensky e i politici possono solo scottarsi e in cui vedono tentativi del generale di ridurne il consenso. E su questo tema si giocherà il destino dei leader politici, dei generali e del Paese slavo nei prossimi mesi.

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