E se l’intelligenza artificiale fosse in grado di prevedere il decesso di una persona? È questa la scoperta che sta facendo il giro del mondo tra stupore e nuove questioni etiche che inevitabilmente vengono sollevate.
LO STUDIO – Siamo in Danimarca, dove la Technical University of Denmark ha messo a punto una nuova intelligenza artificiale denominata Life2vec illustrata in una ricerca pubblicata su Nature Computational Science. “Utilizziamo la tecnologia alla base di ChatGPT per analizzare le vite umane rappresentando ogni persona come la sequenza di eventi che accadono nella sua vita” spiega Sune Lehmann, autore principale dello studio, al NYPost.
COME FUNZIONA LIFE2VEC – Il sistema è stato addestrato utilizzando un database – fornito dalle autorità governative – che racchiudeva informazioni personali e socio-demografiche di sei milioni di danesi riferite al periodo tra il 2008 e il 2020. Life2vec ha analizzato parametri come l’istruzione, il reddito, la salute e l’occupazione per restituire previsioni piuttosto corrette (si parla di una accuratezza del 78%) su quanto sarebbe accaduto in futuro alle persone. Stando allo studio, tra i fattori che possono contribuire a una morte prematura ci sono l’essere maschio, avere una diagnosi di disturbo mentale e un basso redito. Al contrario, godere di un reddito più alto o ricoprire un ruolo di leadership sono legati a una vita più lunga. Lehmann ha sottolineato che a nessun partecipante allo studio sono state fornite le previsioni di morte: “Sarebbe molto irresponsabile”.
I POSSIBILI RISCHI – Da non trascurare anche l’eventualità di possibili abusi che derivano da questo tipo di tecnologia, al momento non disponibile al pubblico o alle aziende. La pensa così, ad esempio, Youyou Wu, psicologa dell’University College di Londra, secondo la quale gli algoritmi possono rappresentare un pericolo se utilizzati per scopi discriminatori o per prendere decisioni che impattano sulla sicurezza sociale, personale e professionale degli individui.