All’archivio storico nazionale di Madrid, Martina Catani potrebbe trovarsi a sfogliare la cronaca della Guerra civile spagnola o la cattura e l’omicidio di Federico García Lorca. Laureata in Filosofia e specializzata in Biblioteconomia, ha 27 anni e di professione fa la digitalizzatrice di testi. Il suo piano era maturare esperienza nelle biblioteche ministeriali italiane e poi lavorare nella Biblioteca vaticana, che custodisce alcuni dei manoscritti più prestigiosi del mondo. Ma dopo la laurea ha deciso di trasferirsi in Spagna e impostare lì la sua carriera: “In Italia soltanto tirocini, la biblioteca è considerata uno spazio senza vita e poco valorizzato”, spiega a Ilfattoquotidiano.it.

Nata a Pescara nel 1996, dopo il diploma si è trasferita a Roma dove ha studiato Filosofia. Il suo primo obiettivo era laurearsi in Teologia, requisito necessario per lavorare nella biblioteca Vaticana. Dopo un periodo all’Università pontificia, però, ha rivalutato il percorso che sta facendo. “Non mi trovavo bene – racconta – il clima era pesante, i miei colleghi erano quasi tutti seminaristi e per lo più uomini. Anche con la città cominciavo a stare stretta, Roma è molto caotica”. Arriva così, nel 2019, la rinuncia agli studi in Italia e il trasferimento alla facoltà di Teologia di Madrid, dove era già stata per una parentesi un paio di anni prima. Della Spagna si è innamorata a prima vista, degli studi no. Delusa dalla Teologia spagnola, con ancora meno donne e laici di quella vaticana, torna in Italia e si iscrive a Biblioteconomia, il percorso di studi che chiunque in Europa è tenuto a seguire per lavorare nelle biblioteche oggi. Lo fa ancora alla Sapienza di Roma ma continuando a tenere un piede a Madrid, dove nel frattempo si era trasferito il suo compagno, di origini romane. “Vivevo due mesi all’estero e una settimana a Roma, a rotazione. Così ho iniziato a vedere gli sbocchi lavorativi che mi avrebbe offerto la Spagna per gli archivi e le biblioteche”. Sbocchi che in Italia non c’erano. In teoria, per fare la bibliotecaria o l’archivista è necessario avere un titolo di studio specialistico, anche superiore alla laurea magistrale. Eppure, nel tirocinio curriculare che ha svolto per il Ministero dell’Istruzione, racconta, “le bibliotecarie non erano persone con qualifiche ad hoc ma insegnanti non più adatte all’aula per ragioni di salute”. Continua a cercare concorsi per essere assunta, ma non ne escono. “In Italia sono molto rari e non è un paese all’avanguardia sulle posizioni di bibliotecario”, spiega.

Diverse le cose a Madrid. “Gli sbocchi lavorativi che mi avrebbe offerto la Spagna erano nettamente più seri – dice – Qui ogni settimana escono tantissimi posti per bibliotecario, archivista, ausiliare di biblioteca o ausiliare di archivio. La cosa positiva è che per alcuni di questi concorsi in Spagna basta il diploma di scuola superiore”. Il tasto dolente è che anche se ci sono più concorsi pubblici, per ora Martina non può accedervi: “Sto aspettando il riconoscimento dei miei titoli di studio, ma gli uffici sono molto lenti”, spiega. Nel frattempo, quindi, lavora nel privato: “Sto sperimentando l’outsourcing: qui le biblioteche e gli archivi spesso affidano attività secondarie a un’azienda privata di documentazione e gestione documentale. Si tratta però di mansioni comunque entusiasmanti per me, che non avrei trovato in Italia: sto digitalizzando per l’archivio storico nazionale a Madrid una serie di documenti del 1800-1900”.

Il suo compito è scannerizzare i testi antichi e seguire delle procedure per ottimizzarne la consultazione in digitale. “È quello che ho sempre sognato di fare” – racconta. Questo lavoro allunga la vita dei documenti e li rende fruibili a ricercatori di tutto il mondo senza che si debbano spostare. I testi a cui Martina sta lavorando adesso hanno scritto la cronaca giudiziaria del tempo. Sono foto e atti che documentano grandi scandali nazionali, crimini, processi, ma anche testimonianze che hanno ispirato la letteratura sulla Spagna dei periodi bui del XIX-XX secolo, come la Guerra civile (1936-1939). Questi materiali rimarrebbero sconosciuti se qualcuno non sapesse digitalizzarli. Lo Stato spagnolo sta investendo per far sì che nessun documento storico si deteriori. “In Spagna ci sono così tante offerte lavorative nel mio settore che ogni settimana si fanno concorsi e la cosa positiva è che anche se si tratta di posti part-time o a tempo determinato, sono tutti su base pubblica”.

In Italia i concorsi sono più rari e scarseggiano le posizioni nelle biblioteche ministeriali, comunali o universitarie. “Succede perché qui c’è una concezione diversa dei libri – spiega Catani – In Italia le biblioteche sono considerate come qualcosa di morto: ci sono i libri antichi, le cose antiche, ma anche il personale e i metodi di consultazione sono antichi”. L’uso delle biblioteche è lo specchio di un Paese che non legge. Secondo l’Istat, nel 2022 si è registrato il calo di lettori più alto degli ultimi 25 anni, con la quota di italiani che ha letto almeno un libro è passata dal 40,8% al 39,3% in un anno. Il paradosso è che a leggere sono in prevalenza i giovani tra gli 11 e i 24 anni che bisognerebbe fidelizzare, come cerca di fare la Spagna. “Qui la lettura è ‘fomentatissima’ (molto pubblicizzata, nr) – dice Martina – ogni vagone della metro è decorato con adesivi che riportano interi capitoli di libri. Il governo fa continuamente delle campagne per promuovere la scoperta degli autori, e incoraggia all’uso delle biblioteche scolastiche e delle sale di lettura”.

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