Venerdì 15 dicembre 2023, durante l’udienza nella causa intentata da Gabrielle Lebreton contro il comune di Berlino, la Corte d’Appello di Berlino “raccomanda caldamente” a quest’ultimo di riconoscere la pretesa fatta valere.
Di che si litiga? Del diritto di Gabrielle di frequentare una delle tante piscine comunali di Berlino a seno nudo. Per aver preso il sole in topless, era stata allontanata da una di queste strutture nell’estate del 2021 e aveva in seguito agito giudizialmente lamentando di aver subito una discriminazione vietata dalla legge: gli uomini sono liberi di andare in giro in topless, io no. Due anni dopo la Corte d’Appello sembra darle ragione.
A distanza di quattro giorni, il 19 dicembre 2023, il Tribunale Amministrativo Federale di Lipsia si esprime sul ricorso presentato da un’associazione culturale di ispirazione atea e agnostica contro un regolamento regionale della Baviera che prevede l’esposizione di un crocifisso in posizione “ben visibile” nell’atrio degli uffici della pubblica amministrazione.
Sì, ammette il tribunale, il regolamento viola il principio di laicità dello stato, ma non lede i diritti soggettivi del singolo. Questo perché “per non vederlo basta girarsi dall’altra parte”. Quindi né il singolo né un’associazione rappresentativa di un determinato orientamento filosofico ha azione nei confronti della pubblica amministrazione. Che è un po’ come dire: sappiamo che è una porcheria, ma non c’è modo di rimuoverla.
Le due vicende hanno un aspetto in comune: vertono su questioni di diritti massicciamente influenzate dallo Zeitgeist. Solo cinquant’anni fa, nessuno avrebbe considerato discriminatorio impedire a una donna di esibire il seno, sulla base del ragionamento che il seno ce l’hanno solo le donne. Oggi è cambiato il criterio: perché una donna non deve godere delle stesse libertà di vestirsi o non vestirsi di cui gode un uomo? Forse il presidente della Corte Costituzionale italiana avrebbe invitato Gabrielle ad essere più paziente, ed accontentarsi umilmente di quanto già ottenuto. Il Land di Berlino, al contrario, ha recepito il messaggio della corte e accettato l’accusa di discriminazione. Nel frattempo, comunque, il regolamento delle piscine comunali di Berlino era già stato cambiato in modo da sancire espressamente la topless-freedom per persone di tutti i sessi.
Per contro, che la democrazia liberale sia laica è un principio risalente all’epoca dell’illuminismo, e al più tardi dalla fine della seconda guerra mondiale accettato e riconosciuto in tutti gli stati dell’Europa occidentale. Com’è possibile che lo Zeitgeist nell’odierna Europa multietnica non sia ancora riuscito a scalfire la rigida e, ammettiamo pure, ridicola impostazione per cui “che sarà mai, il crocifisso non fa male a nessuno”?
Purtroppo, come sappiamo, in Italia più che in ogni altro luogo la questione del crocifisso – non solo nell’atrio degli uffici pubblici, ma addirittura in aule scolastiche e di tribunali – ristagna da alcuni decenni. E dire che la risposta, anche senza andare a scomodare lo Zeitgeist, sarebbe relativamente semplice: la costituzione italiana e quella tedesca garantiscono la laicità dello stato, mentre non fanno cenno alle presunte “radici cristiane” della comunità nazionale. Ci vuole molto a trarne le dovute conseguenze?