Un consuntivo sulle politiche abitative del governo, nel 2023, potrebbe essere semplice, basterebbe lasciare il foglio in bianco, ma le conseguenze dell’indifferenza del governo riguardano centinaia di migliaia di famiglie e milioni di persone e un consuntivo anche se negativo va fatto, soprattutto scritto.

L’anno 2023 si era aperto con la decisione del governo Meloni, nella sua prima legge di bilancio, di procedere all’azzeramento dei fondi contributo affitto e morosità incolpevole, contributi affitto che hanno come mission quella di sostenere quelle famiglie che, senza un sostegno, possono finire nel baratro dello sfratto. L’area delle famiglie in affitto, ma in povertà relativa. Negli anni precedenti i contributi affitto erano erogati a circa 350/400.000 famiglie, e pur arrivando spesso in ritardo e non sempre con importi adeguati, rappresentavano, comunque, un mini ammortizzatore sociale, l’unico, nel settore delle locazioni.

Contributi affitto necessari? Sì, basti pensare che la Regione Emilia Romagna, nella seconda parte del 2023, ha emanato un bando, con risorse anno 2022, non ancora utilizzate, che ha visto la partecipazione di oltre 66.000 famiglie, il 20% in più rispetto al 2022, non certo in una regione tra quelle disagiate.

All’azzeramento dei fondi contributi affitto, il governo, evidentemente non convinto di avere dato un messaggio convincente sulla sua lotta ai poveri, ha pensato bene, nella seconda parte del 2023, di escludere 200.000 persone dall’accesso al reddito di cittadinanza e all’allegato contributo affitto, fino a 280 euro mensili. Tale decisione comporta il venire meno di un essenziale sostegno economico, che non farà altro, che incrementare ulteriormente le famiglie che potrebbero essere oggetto di sfratto per morosità, nel corso del 2024.

Non bastavano i dati del Ministero dell’interno di ottobre 2023, relativi al 2022, che segnalavano il ritorno ai dati degli anni pre-pandemia, con oltre 42.000 nuove sentenze emesse, l’85% per morosità incolpevole, e oltre 30.000 sentenze di sfratto eseguite con la forza pubblica. I sensori dei sindacati inquilini già segnalano come il 2023, vedrà dati ancora peggiori, sia per il numero di sentenze di sfratto emesse, sia per quanto riguarda le esecuzioni di sfratto con la forza pubblica.

Il 2023 è stato un anno caratterizzato dal movimento degli studenti universitari, in particolare fuorisede, protagonisti di vaste mobilitazioni, con le tende, contro il caro affitti e la assoluta insufficienza di residenze universitarie pubbliche a costi contenuti. Basti pensare che gli oltre 800.000 studenti fuorisede hanno a disposizione poco più di 40.000 posti letto nelle residenze universitarie. Il governo, per tentare di rispondere, alle richieste degli studenti fuorisede, aveva stanziato 600 milioni di euro, risorse Pnrr, con i quali sostenere residenze universitarie, proposte da privati, esentasse, (ovvio per i proprietari privati), per i soli periodi di didattica e fino a 2026. Una proposta che ha sollevato dubbi persino in sede di Commissione europea che ha portato al congelamento delle risorse.

Eppure gli studenti universitari erano stati chiari: utilizzare quelle risorse per programmi pubblici, residenze pubbliche a basso costo, di Comuni e Università, con il recupero del patrimonio pubblico inutilizzato, lasciato degradare nelle nostre città. Solo recentemente, è stato firmato un protocollo di intesa, tra Miur e Agenzia del demanio per l’utilizzo di immobili pubblici dismessi per residenze universitarie, ma, guarda caso, non sono coinvolte le associazioni studentesche, ma i privati.

Tutto questo avveniva mentre l’Istat nel 2023, annunciava che le famiglie in povertà assoluta e in affitto, erano diventate 983.000, (centomila in più rispetto al 2021). Contestualmente, il Ministro Salvini tra un annuncio e l’altro di lavorare ad un piano casa “visionario”, affermava che in Italia ben 90.000 case popolari sono inutilizzate per mancanza di manutenzioni. Questa notizia, però, non ha visto il governo stanziare un solo centesimo di euro, nella legge di bilancio per il 2024, per recuperare questi alloggi ed assegnarli. Per il governo era eccessivo, imbarazzante e contraddittorio per la sua linea politica, l’obiettivo di assegnare a 90.000 famiglie povere una casa popolare.

Per rendere ancora più chiara l’impostazione del governo, più a destra della storia repubblicana, il ministro Salvini ha convocato il Tavolo (il 19 dicembre), per l’avvio del confronto sul suo piano “visionario” invitando: costruttori, cooperative, l’associazione degli enti gestori edilizia pubblica e fondazioni, tutti soggetti economici. Tutti tranne i sindacati inquilini. Sia mai, si fossero messi a parlare di sfrattati, di famiglie in graduatoria, di poveri e diritto alla casa.

Un anno il 2023, vissuto tra ripresa sfratti, più povertà, più esclusione sociale, niente contributi affitto, niente reddito di cittadinanza, più precarietà abitativa, mai scissa, dalla precarietà lavorativa, niente aumento della dotazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, aumento considerevole delle bollette energetiche, dei ratei dei mutui prima casa. Con il governo che è rimasto impassibile e indifferente a guardare. Cosa ci aspetta il 2024? Un sicuro peggioramento della condizione abitativa. Di positivo nel 2024 ci porteremo dal 2023, una evidente ripresa delle mobilitazioni da parte di studenti, sindacati inquilini, movimenti, con i quali volente o nolente il governo dovrà fare i conti, non è una minaccia, è una promessa.

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