Una nota firmata da tutti i presidenti degli Ordini regionali dei giornalisti per rilanciare e condividere la protesta contro la legge bavaglio. È un dicembre sulle barricate quello dei cronisti, impegnati a far sentire il proprio dissenso contro l’emendamento approvato dalla Camera il 19 dicembre scorso: prevede il divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare.
Votato dal centrodestra, da Italia viva e da Azione, che l’aveva proposto col deputato Enrico Costa, il provvedimento ha provocato la reazione dell’Ordine nazionale dei giornalisti e della Federazione nazionale della stampa, il principale sindacato di settore: la segretaria Alessandra Costante non parteciperà alla conferenza stampa di fine anno di Giorgia Meloni, spostato a giovedì 28 dicembre per l’influenza della presidente del Consiglio. Un’iniziativa rilanciata dagli Ordini regionali dei giornalisti di tutto il Paese, che in un comunicato “si uniscono alla richiesta di non approvare il provvedimento ritenendolo una legge bavaglio che lede il diritto dei cittadini ad essere informati, in particolare nel campo dell’attività giudiziaria”.
Nella nota tutti i presidenti degli ordini regionali fanno sapere di condividere “le preoccupazioni espresse dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Fnsi per le minacce che al diritto di cronaca derivano dall’approvazione dell’emendamento Costa alla legge di delegazione europea, emendamento che introduce il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare”. E ancora i massimi rappresentanti dei 20 ordini regionali si associano alle “iniziative di protesta che sono state indette in queste ore anche in concomitanza con la conferenza stampa di fine anno della presidente del Consiglio”.
Nei giorni scorsi anche il Consiglio nazionale dell’Ordine aveva diffuso un comunicato per spiegare che l’emendamento Costa “farà calare il silenzio sulle inchieste più delicate e importanti che portano all’arresto degli indagati”. Il divieto pubblicare anche solo “stralci” delle ordinanze di custodia cautelare, spiegava l’Odg, “non ha nulla a che vedere con il principio di presunzione di innocenza, ma costituisce una pesante limitazione del diritto di cronaca. Ai cittadini viene impedito di conoscere le motivazioni che hanno determinato gli arresti e quindi di sapere quali sono i motivi che hanno indotto magistrati e forze dell’ordine ad assumere provvedimenti che limitano la libertà individuale. I cittadini devono sapere perché vengono presi provvedimenti così pesanti per poter esercitare un controllo sull’operato della magistratura”. Nel day after dell’approvazione da parte di Montecitorio, l’Ordine ricordava che “questa norma si salda al decreto presunzione di innocenza, in base alla quale una sola persona – il Procuratore della Repubblica – decide se e quali notizie comunicare alla stampa; ruolo già oggi interpretato in maniera immotivatamente restrittiva: i comunicati diramati dalle procure contengono scarni particolari e omettono i nomi”. L’obiettivo per i giornalisti è chiaro: “Qualcuno vorrebbe una stampa che si limiti alle veline e si occupi soltanto di furti al supermercato e spaccio di poche dosi di hashish”.
Contro la legge bavaglio i giornalisti potrebbero anche varare uno sciopero nazionale: a deciderlo il 3 gennaio sarà, come ha raccontato Il Fatto Quotidiano, la Conferenza dei Comitati di redazione, gli organismi di base di giornali, siti internet e testate di radio e tv.