La provocazione di Libero finisce per scontentare perfino Il Secolo d’Italia, il giornale edito dalla fondazione Alleanza Nazionale. A voler farla breve: non è piaciuto anche dentro casa della stessa presidente del Consiglio. “Uomo dell’anno”, ha titolato il direttore del quotidiano, Mario Sechi, che di Giorgia Meloni è stato il portavoce fino a qualche mese fa. “Non l’abbiamo capito”, è stata la risposta de Il Secolo d’Italia, diretto da Italo Bocchino, in un articolo a firma di Annalisa Terranova. Insomma, nella pancia della destra italiana ci sono idee fluide.
E il titolo potrebbe aver provocato un po’ di confusione anche agli stessi lettori di Libero. Perché, il giorno dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni politiche del 2022, il quotidiano all’epoca diretto da Alessandro Sallusti decise di uscire in edicola con la foliazione rosa, accompagnato dal titolo “È tutto vero!” che richiamava quello de La Gazzetta dello Sport dopo la vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006, e nel sottotitolo si leggeva: “E per la prima volta alla guida c’è una donna”. Le idee sono fluide anche all’interno dello stesso quotidiano, insomma.
Certo, non era ancora arrivato il diktat di Palazzo Chigi affinché nelle comunicazioni ufficiali fosse usata la dicitura “il presidente del Consiglio”, al maschile, ma comunque quell’enfasi lì, rivista oggi, è quantomeno distopica. Mario Sechi ha spiegato così la sua scelta, usando termini sobri – si fa per dire – nel raccontare la premier: “Giorgia Meloni per Libero è ‘uomo dell’anno’ perché prima di tutto ha cancellato la guerra dei sessi vincendola, pensando differente, essendo divergente, superando la boria dei maschi e lo sconfittismo delle femmine. Non ha rotto il tetto di cristallo, lo ha dissolto. Meloni ha proiettato gli avversari in una dimensione di eterno rosicamento, schiumano che è fascista, leader del patriarcato, femmina ma non femminista. Quante chiacchiere, il problema è risolto: Giorgia è uomo dell’anno”.
Una spiegazione che non è bastata alla redazione de Il Secolo d’Italia: “Dopo avere letto e riletto l’editoriale in cui Mario Sechi lo spiega, continuiamo a non capire”. La definizione di uomo dell’anno “non ci convince”, si legge. “E anche come risposta al piagnisteo della sinistra che ha accostato Meloni al patriarcato ci saremmo aspettati che l’accento fosse messo sull’identità femminile della premier – continua l’articolo del giornale della destra italiana – Perché per essere bravi, forti, decisionisti, non è necessario essere uomini. Anche le donne sanno e possono combattere. Anche le donne sanno e possono competere con i leader maschi. Anche le donne sanno e possono rappresentare gli interessi della comunità nazionale oltre la guerra dei sessi”.
E ancora: “Perché lasciare che l’uso della parola donna sia associato allo sconfittismo? Perché dare per scontato che l’unico femminismo possibile sia quello dello schwa e dell’asterisco e della lagna anti-patriarcato? Perché sprecare l’occasione Meloni (prima donna di destra a diventare presidente del Consiglio in Italia) arruolandola tra i maschi?”, si chiede Il Secolo d’Italia. Per poi concludere: “Forse a destra è giunto il momento di riflettere sui problemi del ‘femminile’, non tutti magicamente risolti con l’ascesa di una leader donna a Palazzo Chigi”.