Vacanze di Natale torna al cinema quarant’anni dopo per un giorno. Sold out o meno per il 30 dicembre 2023 – ad ora non sembra – il film dei fratelli Carlo ed Enrico Vanzina, datato 1983, ha modificato l’immaginario comico cinematografico italiano come nessun’altro. Matrice involontaria della successiva serialità da “cinepanettone”, Vacanze di Natale non ha più bisogno di alcuna presentazione o retroscena. Le battute, tra cui “anche questo Natale se lo semo levati dalle palle” (Riccardo Garrone/avvocato Covelli), “non sono bello, piaccio” (Jerry Calà/Billo), “Alboreto is nothing” (Guido Nicheli/Braghetti) le sanno a memoria anche i bambini.
Sull’utilizzo semi didascalico a raffica dei brani disco dance (I like Chopin e Moonlight Shadow tra i tanti) e di musica leggera italiana da classifica (Nada, Marcella Bella, Venditti, Dalla) si sono pubblicati tomi su tomi. Le analisi socio-culturali sull’avvento dei “nouveau riche” a Cortina d’Ampezzo ad inizio anni ottanta si sono sprecate, spesso con spocchia intellettualistica ingiustificabile, tra rivalutazioni e affossamenti dell’intero film senza appello nel corso di quattro decenni. Fatto sta che la commedia invernale dei Vanzina (Sapore di Mare, quella estiva, uscì a febbraio del 1983 ottenendo anch’essa un grande successo di pubblico) rivista oggi mantiene vivacità e ritmo sviluppandosi attorno ad un brioso, spensierato e godereccio “gioco delle coppie” che fa da filo rosso dell’intera trama, cucendo nord e centro Italia tra i palazzinari Covelli e i popolani Marchetti, entrambi romanacci nell’anima nonostante la differenza di censo, con i riccastri padani Braghetti, la mina vagante veneta dello screanzato pianista Billo o gli spicci montanari alla Pasin.
Nei giorni scorsi è stato bello vedere un Blob speciale sul film dei Vanzina dove parallelamente alle sequenze del film si vedono servizi di cronaca da telegiornali e rotocalchi dell’epoca. Non ci crederete ma i Covelli, i Marchetti e i Braghetti erano realmente già popolazione reale di Cortina pronta ed esibire come status symbol gli scalpi della moda (ci sono davvero dei romani con giacconi fluorescenti) e la presenza fisica nello struscio centrale del paese mostrando l’idea di rilancio dai bui anni di crisi finanziaria e terrorismo. Come del resto Christian De Sica, nel film uno dei figli dell’avvocato Covelli, pizzicato dai genitori mezzi brilli a letto con il maestro di sci rintuzza l’alticcia vergogna genitoriale spiegando ascissa e ordinata dell’essere “moderno”: “Eeehhhh frocio, dai mamma! bisex, ecco moderno”. E sempre da Blob ritroviamo lo stesso De Sica, ospite in una trasmissione condotta da Paolo Limiti sulle uscite cinematografiche in sala, che ricorda la ventata di novità anche rispetto agli schemi abusati della commedia all’italiana sostenendo che si potevano guadagnare 4 miliardi di lire in dodici giorni di programmazione (i film a fine corsa andrà oltre i dieci ndr) anche senza utilizzare “i mostri sacri della commedia italiana come richiamo”.
Lui che era figlio dell’oramai caduto in disgrazia più volte premio Oscar Vittorio, e i Vanzina figli di cotanto Steno, non era ancora francamente nessuno. Come poi Jerry Calà, in rampa di lancio tra Fichissimi e Vado a vivere da solo ma non ancora totalmente affermato, e che oltretutto nemmeno doveva essere del gruppo in quanto si racconta che il prescelto al pianoforte dovesse essere Mauro Di Francesco. Insomma, Vacanze di Natale ricondotto al suo contesto storico e sociale, spurgato dallo snobismo cinefilo verso la commedia popolare, anche quarant’anni dopo merita una rilassante e divertita visione. Poi certo, un film del genere, come tutte le pochade e le commedie sexy anni settanta e ottanta, oggi non si potrebbero, e non si vogliono, più produrre. Ma questo è un altro discorso (oppure no?).