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Inchiesta del New York Times: “Esercito israeliano impreparato e senza piani di fronte all’attacco di Hamas del 7 ottobre”

Totalmente impreparati, o peggio. Secondo quanto ricostruisce il quotidiano statunitense New York Times i militari israeliani non avevano preparato alcun piano di risposta ad un eventuale attacco su larga scala di Hamas come quello avvenuto lo scorso 7 ottobre. L’affermazione del giornale si basa su un’inchiesta in cui sono state raccolte numerose testimonianze e sono stati interpellati diversi ufficiali delle forze armate israeliane. “Le ragioni alla base della lenta risposta dell’esercito potrebbero richiedere mesi per essere comprese. Il governo ha promesso un’inchiesta. Ma un’inchiesta del New York Times ha rivelato che l’esercito israeliano era a corto di personale, fuori posizione e così mal organizzato che i soldati comunicavano in gruppi WhatsApp improvvisati”, si legge sul quotidiano.

“Non c’era alcun piano di difesa per un attacco a sorpresa”, ha detto al giornale Amir Avivi, ex vice capo della Divisione di Gaza. “L’esercito non si prepara a cose che ritiene impossibili”, ha commentato l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Yaakov Amidror. Dichiarazioni che si scontrano però su altre inchieste precedenti da cui è emerso che qualche informazione su un possibile attacco in realtà ai piani alti delle forze armate era arrivata. Il rapporto del quotidiano americano dipinge il quadro di un esercito che per lunghe ore non è riuscito a comprendere la portata dell’attacco, rispondendo lentamente e in modo inefficiente, inviando squadre troppo piccole che erano mal equipaggiate per affrontare un attacco di massa. Inoltre le barriere fisiche che isolano Gaza dai territori circostanti sono state sfondate in dozzine di punti.

L’attacco di Hamas alla base della divisione Gaza dell’Idf (l’esercito israeliano, ndr) a Rèim viene inoltre individuato come la chiave per il successo dell’assalto, avendo portato alla paralisi dell’unità responsabile del coordinamento di tutte le attività militari nella regione. In mancanza di direttive o ordini chiari, molte unità hanno fatto ricorso all’utilizzo di app come WhatsApp e Telegram per raccogliere informazioni su obiettivi e persone bisognose di assistenza.