Continua l’operazione di terra di Israele nella Striscia di Gaza. L’esercito, che sabato mattina ha riferito di “feroci combattimenti” con i terroristi di Hamas, ha anche reso noto di aver fatto irruzione nella base del quartier generale militare della divisione di intelligence di Hamas a Khan Yunis, dopo essere avanzato ulteriormente nel sud di Gaza. Il quartier generale dell’intelligence è responsabile di tutte le attività sensibili del gruppo terroristico – ha riferito l’Idf – aggiungendo di aver localizzato nello stesso complesso anche un centro di comando della Jihad islamica palestinese. L’esercito ha riferito di aver trovato materiale di intelligence “molto prezioso” e ha fatto irruzione in diversi altri siti di Hamas. Le tv israeliane hanno mostrano i video delle operazioni.

L’aviazione israeliana e le truppe di terra hanno anche attaccato obiettivi nella città meridionale di Khan Yunis. Tel Aviv ha invitato la popolazione a lasciare molte zone della città, considerate roccaforti di Hamas. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) stima che almeno 100.000 persone si siano trasferite a Rafah, la città più a sud di Gaza negli ultimi giorni mentre i combattimenti si intensificano. L’Ocha sottolinea che l’afflusso di persone ha peggiorato il sovraffollamento e messo sotto pressione le risorse già limitate mentre cresce – riporta la Bbc – la preoccupazione per l’aumento della diffusione di malattie a Gaza. Le ostilità non fermano comunque la trattativa per nuove pause umanitarie. Hamas sembra aver rinunciato all’idea di un cessate il fuoco totale come condizione per rilanciare altri ostaggi, ma la strada per un’intesa appare ancora lunga. Tanto più che nell’ennesima conferenza stampa serale il premier Benjamin Netanyahu ha ribadito il suo mantra: “Andremo avanti per molti mesi, non cederò alle pressioni internazionali. Faremo in modo che Hamas non continui a rappresentare una minaccia per Israele”.

Resta quotidiano lo scontro a fuoco al confine settentrionale di Israele tra l’esercito e i miliziani di Hezbollah (che ha denunciato l’uccisione di 4 suoi combattenti). Uno scenario preoccupante per gli Stati Uniti, che hanno deciso di inviare un emissario a Beirut per tentare di mediare una de-escalation. Come se non bastasse, c’è il crescente deterioramento della situazione nell’altro fronte legato all’Iran, la Siria, dove Israele avrebbe intensificato gli attacchi, in risposta a missili caduti sul Golan: attivisti hanno riferito di diciannove miliziani filo-Teheran uccisi nell’est del Paese, ma secondo i media nazionali è stato preso di mira anche l’aeroporto di Aleppo, nel nord, con un massiccio attacco aereo. “L’Iran guida l’Asse del Male e noi agiamo contro l’Iran, anche se è meglio non dare precisazioni” la frase del premier israeliano.

Per quanto riguarda le trattative mediate da Qatar ed Egitto sugli ostaggi qualcosa sembra muoversi. Hamas, è il messaggio riportato al governo israeliano dal Mossad, sarebbe pronto a negoziare un accordo per il rilascio di 40-50 persone, tra cui donne, adulti e malati, in cambio di un cessate il fuoco di 20-30 giorni e del rilascio dei prigionieri. Secondo una fonte politica israeliana si tratterebbe di un “leggero progresso”, anche se è “troppo presto” per immaginare una “svolta”. Secondo un’altra fonte di sicurezza, invece, “finché non ci sarà un cambiamento fondamentale in Hamas sulla sopravvivenza del suo governo, la possibilità di raggiungere un accordo è scarsa”.

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