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Gaza, le vittime si avvicinano a 22mila. Ministro israeliano: “Favorire emigrazione di massa dei palestinesi”

Sono 21.822 le persone uccise dai bombardamenti israeliani su Gaza. L’aggiornamento del tragico bilancio è stato diffuso dal ministero della Sanità della Striscia. Il dato include i 150 morti delle ultime 24 ore. I feriti, si legge, sono 56.451. L’emittente Al Jazeera afferma che almeno 12 persone sono morte ieri a causa di un bombardamento israeliano su un edificio residenziale di Zawaida, nel centro di Gaza. Tra le vittime di ieri ci sarebbe anche uno dei fondatori dell’ala militare di Hamas, Abdel Fattah Màali. Lo ha riferito la radio militare, citando informazioni di fonte palestinese. I soldati israeliani morti durante le operazioni di terra salgono invece a 172. Due soldati sono infatti morti nei combattimenti, uno è stato colpito ieri nel settore centrale della Striscia e l’altro oggi nel settore Nord.

Il direttore a Gaza dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (Unrwa), Tom White, ha affermato che almeno il 40% della popolazione della Striscia è a rischio di carestia. In un post sul suo account X, White ha condiviso un video in cui un folto gruppo di persone che a Gaza circonda un convoglio umanitario e salta sui camion di aiuti. “Sono necessari rifornimenti più regolari: è necessario un accesso umanitario sicuro e sostenibile ovunque, compreso il nord” della Striscia, ha affermato il funzionario dell’Unrwa.

Israele deve favorire l’emigrazione in massa dei palestinesi dalla Striscia di Gaza affinché siano accolti altrove e “rifarsi così un’esistenza in maniera umana“, afferma il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, leader del partito di estrema destra Sionismo Religioso. “Dobbiamo impedire che a Gaza rimangano due milioni di palestinesi che sognano la distruzione di Israele. Noi peraltro non vogliamo governarli. Se in definitiva vi resteranno 100-200 mila arabi tutto l’assetto relativo al Giorno Dopo (la distruzione di Hamas, ndr) cambierà”. In quel modo, a suo parere, sarebbe possibile garantire la sicurezza a quanti risiedono nel Negev.

Intanto una delegazione dei servizi di sicurezza egiziani è giunta giovedì a Tel Aviv nel contesto degli sforzi per ottenere la liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza. Lo riferiscono i media locali citando informazioni del giornale Al-Arabi al-Jadid, ritenuto vicino al Qatar. I delegati egiziani, secondo il giornale, hanno voluto verificare in che misura Israele sia disposto a un cessate il fuoco di lunga durata e anche a un eventuale ritiro da parti della Striscia di Gaza nel contesto di un accordo più ampio. Ieri il premier Benjamin Netanyahu ha constatato che negli ultimi contatti si è verificato “un certo spostamento”, ma ha aggiunto di non voler per ora alimentare aspettative. La questione, secondo i media, dovrebbe essere affrontata in giornata dal gabinetto israeliano.

Netanyahu ha lanciato poi un aspro attacco al Sudafrica, dopo che Pretoria ha accusato Israele di aver compiuto a Gaza “atti di genocidio” e ha chiesto l’intervento della Corte internazionale di giustizia. Accuse di genocidio, ha detto Netanyahu aprendo la seduta del governo, andrebbero rivolte piuttosto a Hamas: “Se ne avesse la capacità – ha affermato – ucciderebbe tutti noi”. “L’esercito d’Israele – ha aggiunto – si comporta in maniera morale, fa tutto il possibile per non colpire civili, mentre Hamas fa di tutto perché noi li colpiamo e li usa come scudi umani”.

Il segretario generale del comitato esecutivo dell’Olp, Hussein a-Sheikh, ha severamente criticato su X le intenzioni espresse ieri dal premier israeliano Benyamin Netanyahu di recuperare il controllo militare sul cosiddetto Asse Filadelfia (il confine fra Egitto e la Striscia di Gaza) e sul valico di Rafah.