La violenza che “angoscia” come filo conduttore. Quella delle guerre e degli uomini sulle donne, ma anche quella verbale in Rete. E poi le “immani differenze di retribuzione” tra chi vive di lavoro povero e i pochissimi “superprivilegiati”. Ancora: la crisi ambientale e le liste di attesa per le cure sanitarie con “tempi inaccettabilmente lunghi”, nonché la negazione dei diritti nei confronti degli anziani e degli studenti, a iniziare dai costi per gli affitti “improponibili” nelle città universitarie. Anche un richiamo sui migranti, di fronte ai quali “non si può rivolgere lo sguardo altrove”, e la necessità di governare l’avvento dell’intelligenza artificiale affinché “la rivoluzione resti umana” in questo “passaggio epocale”. Nel suo discorso di fine anno, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parte dalle guerre e arriva fino “all’esercizio di libertà” attraverso il voto perché rappresenta un “diritto di costruzione del futuro”. È “il voto libero che decide, non rispondere a un sondaggio o stare sui social”, è stato il suo monitoalle porte del 2024 che sarà segnato dalle elezioni Europee, il più grande appuntamento elettorale dopo il record negativo di affluenza alle ultime Politiche. Quindi un richiamo sull’evasione fiscale, perché fare la propria parte per il Paese “significa contribuire, anche fiscalmente” mentre il mancato pagamento delle tasse “riduce, in grande misura, le risorse per la comune sicurezza sociale” e “ritarda la rimozione del debito pubblico che ostacola il nostro sviluppo”.
La ricerca della pace – In piedi al centro della Sala Tofanelli, accanto a quella delle Vetrate scelta per il messaggio dello scorso anno, il capo dello Stato chiude il 2023 partendo dalla necessità di “fare spazio alla cultura” e “alla mentalità di pace” alla luce dei conflitti in Ucraina e a Gaza, in riferimento al quale ha ricordato i brutali attacchi di Hamas ma anche la reazione di Israele che sta colpendo la popolazione civile. “Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo – dice Mattarella – Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità”. Ma, sottolinea, “porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace. Occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti”.
La violenza sulle donne – La violenza, ha quindi ricordato il capo dello Stato, la “vediamo” e “incontriamo” anche “nella vita quotidiana”, a iniziare da “quella più odiosa sulle donne”. Nell’anno degli oltre cento femminicidi, alcuni dei quali come quello di Giulia Tramontano e Giulia Cecchettin hanno colpito l’opinione pubblica, Mattarella decide di rivolgersi direttamente ai più giovani: “Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore – quello vero – è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità”, è il messaggio del presidente della Repubblica che ha voluto ricordare come parlare di diritti vuol dire anche “rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle responsabilità familiari”.
Il lavoro povero e le liste d’attesa – Tra i problemi che assillano i giovani e le famiglie, ha quindi ricordato, c’è “il lavoro che manca” nonostante “un significativo aumento dell’occupazione”, un traguardo più volte in questi mesi rivendicato dal governo Meloni. Ma Mattarella si è soffermato su quello “sottopagato”, cioè “non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti”. Nonché sul lavoro a “condizioni inique” e “di scarsa sicurezza”, che finisce col provocare “inammissibili vittime”. E ha quindi sottolineato le “immani differenze di retribuzione tra pochi superprivilegiati e tanti che vivono nel disagio”. Difficoltà che oggi si “incontrano” anche “nel diritto alle cure sanitarie per tutti” a causa, ha rimarcato il capo dello Stato, di “liste d’attesa per visite ed esami in tempi inaccettabilmente lunghi”.
I giovani tra caro affitti e ambientalismo – Tra i richiami sui diritti anche quello legato alle “esigenze degli studenti” che “vanno aiutati a realizzarsi”. E qui il richiamo è tutto legato a una delle lotte degli universitari che hanno segnato l’anno che si chiude, quello degli “ostacoli” nel diritto allo studio a “cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie, improponibili per la maggior parte delle famiglie”. I giovani, ha detto il presidente della Repubblica, “si sentono fuori posto” nello scenario attuale: “Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere e di cui non condividono andamento e comportamenti”. Il tutto a causa di “un mondo che disconosce le loro attese” perché “debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa” e “incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale”. Eppure, ha aggiunto, in una società “così dinamica, come quella di oggi vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo”.
Le citazioni – Nel consueto discorso di fine anno Mattarella ha deciso di dare ampio spazio anche alle citazioni. La prima riguarda Papa Francesco, a cui Mattarella rivolge “un saluto e gli auguri più grandi”, e che ringrazia “per il suo instancabile magistero”. Mattarella ha quindi parlato dell’unità della Repubblica che “è un modo di essere” che “accomuna” perché “si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace”. In altre parole “i valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza”. Questi valori, ha sottolineato Mattarella, “nel corso dell’anno che si conclude” li ha visti testimoniati da tanti nostri concittadini”, “incontrati nella composta pietà della gente di Cutro”, “riconosciuti nella operosa solidarietà dei ragazzi di tutta Italia che, sui luoghi devastati dall’alluvione, spalavano il fango; e cantavano ‘Romagna mia’”. Li ha letti “negli occhi e nei sorrisi, dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo a Pizza aut. Promossa da un gruppo di sognatori. Che cambiano la realtà. O di quelli che lo fanno a Casal di Principe. Laddove i beni confiscati alla camorra sono diventati strumenti di riscatto civile, di impresa sociale, di diffusione della cultura. Tenendo viva la lezione di legalità di don Diana”.